L’aliquota al 20% che sembra aver prevalso nella giostra di ipotesi che hanno accompagnato i lavori preparatori della cedolare secca alza la convenienza del nuovo regime per i proprietari immobiliari, e anche la posta della scommessa anti-evasione collegata alla nuova “tassa piatta” sugli affitti.
Il 20% «tutto compreso» amplia la platea dei proprietari che a partire dall’anno prossimo troveranno conveniente scegliere il nuovo regime, facendole abbracciare tutti i canoni di mercato presenti in Italia. Anche per i canoni concordati, a cui l’attuale regime riconosce un forte sconto sull’imponibile, sarà difficile sopravvivere al confronto con il nuovo prelievo.
Oggi le richieste del fisco sulle locazioni sono tassate in base all’aliquota marginale Irpef, applicata sull’85% del canone, per cui dipendono dal reddito del proprietario: in media gli italiani che danno in affitto una casa pagano all’erario il 30,4% dell’entrata per cui il nuovo prelievo, che si applicherà sul l’intero canone (senza lo sconto a forfait del 15% che oggi ripaga il proprietario per le spese di manutenzione), determina uno sconto medio del 22,6% rispetto al vecchio regime. Come sempre accade quando una tassa piatta ne sostituisce una progressiva, i vantaggi crescono insieme al reddito del contribuente. Il proprietario romano illustrato nel secondo esempio in tabella, per esempio, guadagna 110mila euro l’anno, è sul gradino più alto del prelievo Irpef e nel suo caso la cedolare secca cancellerebbe 46,5 euro ogni 100 oggi pagati sull’affitto. Il cittadino di Napoli ritratto nel terzo esempio, che denuncia un reddito complessivo da 22mila euro, si vedrebbe invece alleggerita l’imposta “solo” del 16 per cento.
Il profilo della nuova cedolare emerso dai lavori di ieri in consiglio dei ministri insidia da vicino anche la convenienza dei canoni concordati. I proprietari che aderiscono agli accordi comunali per assicurare affitti leggeri oggi pagano l’imposta (sempre con aliquota marginale) sul 58,5% del canone, ma l’abbattimento dell’aliquota al 20% (presente in questo caso fin dalle prime versioni del provvedimento) rischia di azzerare l’appeal del meccanismo. Lo dimostra l’ultimo esempio a destra, basato sui canoni concordati previsti in una città media come Pisa: con un reddito annuo da 40mila euro, il proprietario otterrebbe dalla cedolare uno sconto del 13 per cento.

continua.

Fonte: il sole 24 ore

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