Cass. civ. Sez. II, Sent., 20-07-2010, n. 17014 |
Svolgimento del processo
G.V. e G.R. proponevano opposizione avverso il decreto con cui in data 13.05.1994 il Pretore di Lentini aveva loro ingiunto il pagamento a favore del Condominio (OMISSIS) della complessiva somma di L. 3.180.000 per contributi condominiali relativi agli anni dal 1990 al 1993.
Deducevano che: non era dovuta alcuna somma attesa la nullità delle delibere che avevano approvato quei contributi, assunti da una assemblea irregolarmente costituita, per mancanza di convocazione di tutti i condomini; in ogni caso il decreto ingiuntivo era illegittimo per inidoneità della documentazione dato che, visto il tempo trascorso rispetto agli anni cui si riferivano i contributi, idonea documentazione sarebbe stato il consuntivo di spesa regolarmente approvato e non già le delibere di approvazione di un bilancio preventivo.
Proponevano inoltre domanda riconvenzionale per sentire dichiarare inesistente l’obbligo di pagare le quote poste a loro carico sulla base della invalidità delle deliberazioni Chiedevano infine che il Giudice, data la domanda riconvenzionale proposta, rimettesse la causa nel suo insieme, compresa quella di opposizione al decreto Ingiuntivo, al Tribunale di Siracusa.
L’opposto chiedeva il rigetto della domanda, osservando che il decreto ingiuntivo era stato emesso sulla base di delibere regolarmente approvate. Il Pretore rimetteva al Tribunale di Siracusa la causa oggetto della domanda riconvenzionale relativa all’annullamento delle delibere, trattenendo quella relativa all’opposizione al decreto.
Con sentenza depositata il 30 gennaio 2001 il Giudice di pace (subentrato al Pretore per effetto della L. n. 479 del 1999) rigettava l’opposizione ritenendo l’estinzione del giudizio di annullamento delle delibere pendente dinanzi al Tribunale di Siracusa.
Con sentenza dep. il 4 agosto 2004 il Tribunale di Siracusa sez. distaccata di Lentini respingeva l’impugnazione proposta dagli opponenti. Escludeva che, come sostenuto dagli appellanti, il primo giudice avesse dichiarato l’estinzione del giudizio rimesso al Tribunale di Siracusa, essendosi limitato a rilevare che quel procedimento non poteva che essere dichiarato estinto per mancata riassunzione e che l’estinzione opera di diritto. Pertanto, le delibere in base alle quali era stato era stato emesso l’opposto decreto dovevano considerarsi valide ed efficaci. Il Giudice dell’opposizione non era competente a giudicare, neppure in via incidentale, sulla causa di competenza del tribunale estinta per inattività delle parti.
Veniva infine respinto il quarto motivo dell’impugnazione con cui era stato dedotto che, una volta approvato il consuntivo, è sulla base di quest’ultimo che poteva essere richiesto il decreto: al riguardo il Giudicante rilevava che la prova si cui si fondava il decreto era costituita dalle delibere valide ed efficaci.
Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione G. V. e G.R. sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso l’intimato che ha depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione
Preliminarmente va dichiarato inammissibile il deposito della “comparsa di costituzione e memoria conclusionale ex art. 378 c.p.c. depositata da N.T., G.C. e G. M., quali eredi di G.V., e da G. R., essendo la stessa pervenuta alla cancelleria della seconda Sezione civile della Suprema Corte allo ore 11,45 del 13 aprile 2010, data fissata per la discussione, quando la causa era stata già trattata alla relativa udienza ed il verbale era stato al riguardo ormai chiuso: pertanto, il Collegio non può prendere in esame il suddetto atto di costituzione con la relativa memoria.
Con il primo motivo i ricorrenti, lamentando violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e art. 360 c.p.c., n. 5 per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione agli art. 1123, 1135, 1136, 1137 e 2697 c.c. e art. 66 disp. att. c.c., deducono che le delibere oggetto della domanda riconvenzionale proposta con l’atto di opposizione dovevano essere dichiarate invalide sia incidenter tantum sia in via principale, tenuto conto che la richiesta di revoca del decreto ingiuntivo era basata sull’invalidità delle delibere, che costituiva la causa petendi dell’opposizione con cui era stato chiesto la pronuncia dell’inesistenza dell’obbligo di pagare nascente dalle delibere impugnate.
Il Pretore avrebbe dovuto rimettere l’intera causa al Tribunale di Siracusa o comunque sospendere il giudizio di opposizione:
l’estinzione del giudizio non può essere dichiarata d’ufficio e comunque può essere rilevata sempre nell’ambito del giudizio cu attiene.
Il motivo è infondato: peraltro, pur se il dispositivo è conforme a diritto, la sentenza impugnata va corretta, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., nella parte in cui è erroneamente motivata in diritto.
Innanzitutto correttamente il primo Giudice ha disposto la separazione delle cause, rimettendo al Tribunale di Siracusa, competente per valore, la causa introdotta con la domanda riconvenzionale avente ad oggetto l’annullamento delle delibere assembleari impugnate e, invece, trattenendo l’opposizione a decreto ingiuntivo, atteso che in tema di giudizio proposto ex art. 645 la competenza per l’opposizione, attribuita dalla norma citata all’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto, ha carattere funzionale e inderogabile, stante l’assimilabilità del giudizio di opposizione a quello di impugnazione; pertanto, nel caso in cui sia proposta dall’opponente domanda riconvenzionale eccedente i limiti di valore della competenza del giudice di pace, questi è tenuto a separare le due cause, trattenendo quella relativa all’opposizione e rimettendo l’altra al tribunale. D’altra parte non sussistevano i presupposti di cui all’art. 295 c.p.c., atteso che la sospensione necessaria del processo, nell’ipotesi di giudizio promosso per il riconoscimento di diritti derivanti da titolo, ricorre quando in un diverso giudizio tra le stesse parti si controverta dell’inesistenza o della nullità assoluta del titolo stesso, poichè al giudicato d’accertamento della nullità – la quale impedisce all’atto di produrre “ab origine” qualunque effetto, sia pure interinale – si potrebbe contrapporre un distinto giudicato, di accoglimento della pretesa basata su quel medesimo titolo, contrastante con il primo. Detto principio di inesecutività del titolo impugnato a seguito di allegazione della sua originaria invalidità assoluta è derogato, nella disciplina del condominio, da un sistema normativo che mira all’immediata esecutività del titolo, pur in pendenza di controversia, a tutela di interessi generali ritenuti prevalenti e meritevoli d’autonoma considerazione, sicchè il giudice non ha il potere di disporre la sospensione della causa di opposizione a decreto ingiuntivo, ottenuto ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., in relazione alla pendenza del giudizio in cui sia stata impugnata la relativa delibera condominiale, restando riservato al giudice dell’impugnazione il potere di sospendere ex art. 1137 c.c., comma 2, l’esecuzione della delibera. Non osta a tale disciplina derogatoria il possibile contrasto di giudicati in caso di rigetto dell’opposizione all’ingiunzione e di accoglimento dell’impugnativa della delibera, poichè le conseguenze possono essere superate in sede esecutiva, facendo valere la sopravvenuta inefficacia del provvedimento monitorio, ovvero in sede ordinaria mediante azione di ripetizione dell’indebito (S.U. 4421/2007). Ciò posto, va quindi considerato che:
1) in tema di opposizione a decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo emesso ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c. per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla validità della delibera condominiale ma solo questioni riguardanti l’efficacia della medesima. Tale delibera infatti costituisce titolo di credito del condominio e, di per sè, prova l’esistenza di tale credito e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condominio a pagare le somme nel giudizio di opposizione che quest’ultimo proponga contro tale decreto, ed il cui ambito è dunque ristretto alla sola verifica della esistenza e della efficacia della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass. 2387/2003; 7261/2002; 11515/1999; 3302/1993).
2) debbono qualificarsi nulle le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto (S.U. 4806/2005).
Pertanto, la dedotta mancata convocazione, comportando l'(eventuale) annullabilità, non inficiava la immediata esecutività delle delibere, in base alle quali era stato legittimamente emesso il decreto, e non poteva essere invocata nel giudizio di opposizione :
la delibera annullabile – a differenza di quella affetta da nullità- è comunque immediatamente efficace. Tali osservazioni consentono di ritenere che: il Giudice dell’opposizione al decreto non avrebbe potuto, neppure incidenter tantum, rilevare l’invalidità delle delibere impugnate cosi come ultroneo era il riferimento all’avvenuta estinzione del giudizio di annullamento delle delibere e alla conseguente affermata validità ed efficacia di quelle delibere:
irrilevanti e, perciò, inammissibili sono le censure in proposito dedotte dai ricorrenti.
Con il secondo motivo i ricorrenti, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 3 nonchè omessa ed errata motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), denunciano l’omessa trascrizione delle conclusioni degli appellanti e dell’appellato, tenuto conto che con l’appello si era dedotto che, dopo la approvazione del consuntivo, il preventivo di spesa non può essere utilizzato come prova per ottenere il decreto ingiuntivo; su tale punto il Tribunale aveva omesso di decidere, omissione che e può essere rilevata solo se siano state riportate le conclusioni con le relative motivazioni.
Il motivo infondato.
In primo luogo, dal contesto della sentenza (v. l’esposizione relativa al quarto motivo, a pag. 5) si evince che il Giudicante non solo ha preso in esame la doglianza lamentata ma, nel respingere il motivo facendo riferimento alle delibere, ha implicitamente ritenuto che erano state ritualmente prodotte anche quelle di approvazione dei bilanci consuntivi, così disattendendo la censura: trattasi di un accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità che, come tale, può eventualmente essere suscettibile del rimedio revocatorio.
Con il terzo motivo i ricorrenti, lamentando violazione dell’art. 91 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), deducono che il Tribunale avrebbe dovuto accogliere l’appello e condannare la controparte al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio con revoca dell’opposto decreto.
Il motivo va disatteso, posto che non formula alcuna censura in ordine alla regolamentazione delle spese ma ne chiede la riforma per effetto dell’auspicato accoglimento del ricorso che invece deve essere rigettato. Le spese della presente fase vanno poste a carico dei ricorrenti, risultati soccombenti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 1.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.000,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.