Trib. Genova Sez. III, 09/02/2010

Il disposto dell’art. 2377 c.c., trova applicazione anche nel caso di assemblee di condominio con la conseguenza che il giudice deve dichiarare la cessazione della materia del contendere ove risulti che l’assemblea regolarmente riconvocata abbia deliberato sugli stessi argomenti della deliberazione impugnata ponendo in essere un atto sostitutivo di quello invalido.

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con atto di citazione ritualmente notificato, la sig.ra Gi.Po. conveniva in giudizio i predetti convenuti, chiedendo che venisse dichiarata l’invalidità della delibera assunta in data 12/12/2003 dalla Comunione degli eredi di Gi.Bo., con cui era stato revocato l’amministratore Pa.Bo. (coniuge dell’attrice).

In particolare, la Po. lamentava di non essere stata convocata alla predetta riunione, nonostante la propria qualità – in forza di successione dalla suocera sig.ra Vo.De. – di titolare di diritto di usufrutto vitalizio, in ragione di un quinto sui beni oggetto della sopra menzionata Comunione, nonché di genitore esercente la potestà sui figli minori Gi. e Br.Bo., a loro volta titolari della corrispondente nuda proprietà.

Con comparsa di risposta depositata il 17/1/2004, si costituiva Pa.Bo., il quale concludeva aderendo alla domanda della Po. volta a dichiarare “la nullità delle Assemblee della Comunione degli Eredi di Bo.Gi. e delle conseguenti delibere”.

Si costituivano, altresì, i citati Ma.Bo., Gi.Ce., Ma.Pa. e Gi.Pa., i quali davano atto della cessazione della materia del contendere – avendo provveduto i comunisti, nell’assemblea svoltasi il 20/4/2004, a revocare la delibera oggetto d’impugnazione – e chiedevano la condanna dell’attrice e del predetto Pa.Bo. ex art. 96 c.p.c., essendo l’omessa convocazione in esame riconducibile alla mancata comunicazione delle vicende successorie di cui sopra.

Previa dichiarazione di contumacia del convenuto Fr.Ce., non costituitosi, nonostante la regolarità della notifica, con ordinanza del 26 – 28 aprile 2008 veniva dichiarata l’inammissibilità della prova per interpello dedotta dai convenuti Ma.So., Gi.Ce., Ma.Pa. e Gi.Pa.

Infine, all’udienza del 5/11/2009, l’attrice e i citati convenuti (Ma.So. più altri) precisavano le rispettive conclusioni e la causa era trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica.

Tanto premesso, deve essere in effetti dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine alla domanda di parte attrice, volta ad ottenere la declaratoria di invalidità della delibera del 12/12/2003, posto che tutte le parti in causa hanno riconosciuto che detta decisione è stata sostituita dalla successiva delibera assunta in data 20/4/2004 (cfr. doc. n. 2 dei convenuti Ma.Bo. più altri), alla presenza personale di Pa.Bo. e per delega di Gi.Po. e dei figli minori Br. e Gi.Bo.

Al riguardo, deve infatti evidenziarsi che la stessa S.C. ha ripetutamele stabilito l’applicabilità dell’art. 2377 c.c. ultimo comma c.c. anche alle assemblee dei condomini (e quindi anche dei comunisti), con la conseguenza che “il giudice deve dichiarare cessata la materia del contendere ove risulti che l’assemblea ….., regolarmente riconvocata, abbia deliberato sugli stessi argomenti della deliberazione impugnata, ponendo in essere – pur senza l’adozione di formule ad hoc – un atto sostitutivo di quello invalido” (Cass. 19/4/1988 n. 3069 e, nello stesso senso, Cass. 17/3/1993 n. 3159 e Cass. 16/12/1980 n. 6511).

Alla luce di quanto sopra esposto, occorre perciò procedere solo alla liquidazione delle spese di lite, secondo il criterio della c.d. “soccombenza virtuale”, così come ripetutamente affermato dalla S.C. (cfr., tra le varie, Cass. 2/08/2004 n. 14775).

Orbene, Pa.Bo. va condannato al pagamento delle spese di lite a favore dell’attrice, atteso che l’omessa convocazione della Po. all’assemblea del 12/12/2003 è ascrivibile proprio alla condotta del predetto convenuto, sul quale gravava, in considerazione della sua qualità di amministratore della Comunione, l’obbligo di comunicare ai comunisti il trasferimento ad altri soggetti della titolarità delle quote dei beni oggetto della comunione, trasferimento di cui il medesimo Bo. era certamente a conoscenza, stante i suoi rapporti con la Po. (marito) e con i minori Br. e Gi.Bo. (padre).

Senza contare che lo stesso convenuto aveva omesso di convocare l’assemblea, nonostante le richieste in tal senso avanzate dai predetti Ma.Bo., Gi.Ce., Ma.Pa. e Gi.Pa., secondo quanto si evince dalla documentazione versata in atti.

Sussistono invece giusti motivi per compensare le spese di lite tra tutte le altre parti (come peraltro richiesto in via subordinata dai convenuti Ma.Bo., Gi.Ce., Ma.Pa. e Gi.Pa.), tenuto conto dei termini della vertenza, della legittima impugnazione della citata delibera del 12/12/2003 e della sopra esposta condotta del convenuto Bo., cui va ascritta la mancata convocazione che qui interessa.

Non può, infine, essere accolta la domanda avanzata ai sensi dell’art. 96 c.p.c. dai sopra indicati convenuti Ma.Bo., Gi.Ce., Ma.Pa. e Gi.Pa., sia per la fondatezza della domanda attorea, sia per non essere stata, in ogni caso, fornita la prova dello specifico pregiudizio a tale titolo subito, come invece richiesto dal costante orientamento

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla domanda dell’attrice sig.ra Gi.Po., volta a fare dichiarare l’invalidità della delibera assunta in data 12/12/2003 dalla Comunione degli Eredi di Gi.Bo.

Condanna il convenuto sig. Pa.Bo. al pagamento, a favore dell’attrice, delle spese di lite che liquida complessivamente in Euro 1.900,00, oltre spese generali, IVA e CPA, con distrazione a favore del difensore dichiaratosi antistatario.

Compensa interamente tra le altre parti le spese di lite.

Rigetta la domanda proposta ex art. 96 c.p.c. dai convenuti Ma.Bo., Gi.Ce., Ma.Pa. e Gi.Pa.

Così deciso in Genova il 9 febbraio 2010.

Depositata in Cancelleria il 9 febbraio 2010.

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