Corte di cassazione – Sentenza n. 7300 del 26/03/2010

COMUNIONE E CONDOMINIO – APPROVAZIONE DELLE TABELLE MILLESIMALI – NATURA – CONSEGUENZE IN TEMA DI REVISIONE PER ERRORE

In tema di condominio negli edifici, la Corte, operando una mediazione tra opposti pregressi orientamenti, ha precisato in quali casi l’approvazione delle tabelle millesimali riveste o meno valore negoziale, con il conseguenziale effetto di attrarre l’errore che giustifica la loro revisione nell’ambito applicativo, rispettivamente, della disciplina dei vizi del consenso (art. 1428 cod. civ.) ovvero di quella recata dall’art. 69 disp. att. cod. civ., in quanto consistente nell’obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed il valore proporzionale ad esse attribuito.

Svolgimento del processo

1. – Con atto notificato il 13 giugno 1998, S.M. e M.M., proprietari di un appartamento ubicato nello stabile di Via (OMISSIS), hanno convenuto innanzi al Tribunale di Chiavari il Condominio, chiedendo l’annullamento della delibera assembleare adottata in data 27 settembre 1997, in tesi per mancata convocazione di essi condomini, in via subordinata nella parte in cui aveva disposto, a maggioranza e non con il consenso di tutti i condomini, la modifica delle tabelle millesimali (OMISSIS) allegate al regolamento contrattuale.

In data 31 luglio 1998 si è costituito il Condominio, chiedendo il rigetto della domanda attrice e, in via riconvenzionale, domandando – in forza del mandato deliberato dall’assemblea in data 29 luglio 1998 – la revisione e la modifica delle tabelle millesimali (OMISSIS), assumendo che esse erano state predisposte in base alle superfici dei vari appartamenti, con indicazione errata della superficie dell’appartamento n. (OMISSIS), di proprietà degli attori. Il Condominio ha inoltre chiesto, in ragione della domanda formulata, l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini personalmente ed il conseguente differimento della prima udienza.

In data 11 settembre 1998 si sono costituiti, depositando comparsa per intervento volontario, C.A., + ALTRI OMESSI i quali si sono associati nella richiesta di revisione delle tabelle millesimali formulata con domanda riconvenzionale dal Condominio.

Alla prima udienza del 22 gennaio 1999 (così differita la prima udienza a causa della autorizzata integrazione del contraddittorio) si è costituito T.G., il quale ha sollevato critiche in ordine alla domanda proposta dal Condominio, peraltro rimettendosi a giustizia.

Sono invece rimasti contumaci M.G. e D.L..

Fissata l’udienza per la precisazione delle conclusioni e la discussione orale della causa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., il Giudice del Tribunale di Chiavari ha dato lettura del dispositivo all’udienza del 21 maggio 2001 ed il giorno successivo ha depositato in cancelleria la motivazione della decisione assunta.

2. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 3 marzo 2004, la Corte d’appello di Genova ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado; decidendo nel merito, ha poi dichiarato la nullità della delibera assembleare del 27 settembre 1997 nella parte in cui aveva disposto la modifica delle tabelle millesimali (OMISSIS) allegate al regolamento contrattuale e, per l’effetto, ha dichiarato nullo il riparto di spese 1997/1998 in quella seduta approvato; in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dal Condominio e dai condomini convenuti, ha ordinato al Condominio di adottare le tabelle millesimali (OMISSIS), così come revisionate dal c.t.u. geom. Ma. alle pag. 7, 8, 9 e 10 del suo elaborato in data 30 gennaio 2001 e con le concordi rettifiche di cui al verbale di udienza del 23 febbraio 2001; ha compensato tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.

2.1. – La Corte ha preliminarmente riconosciuto che l’ordinanza in data 8 maggio 2001, di fissazione della precisazione delle conclusioni e della discussione orale, è stata notificata tardivamente agli attori, tanto che il difensore degli stessi non è comparso all’udienza fissata: di qui la nullità della sentenza di primo grado, ma non del procedimento che l’ha preceduta, in quanto tutta la causa, ed in particolare l’istruttoria, sino all’udienza del 7 maggio 2001 si è svolta nel regolare contraddittorio delle parti.

Nel merito, la Corte d’appello, nel respingere la domanda di nullità della delibera assembleare del 27 settembre 2007 per mancata convocazione dei condomini S. e M., ha ritenuto raggiunta la prova tanto del fatto che le convocazioni per la suddetta assemblea erano state depositate nelle cassette postali dei vari condomini all’inizio del mese di settembre, e quindi sicuramente con il rispetto del termine di 15 giorni previsto dall’art. 18 del regolamento condominiale, tanto della circostanza che il S. e la M. avevano effettivamente ritirato detta convocazione dalla loro cassetta postale, avendo gli stessi telefonato allo studio dell’amministratore per informarlo che non sarebbero stati presenti all’assemblea. In ogni caso – ha precisato la Corte territoriale – il vizio lamentato comporterebbe, non la nullità, ma la semplice annullabilità della delibera, e nella specie la notifica dell’atto di citazione è avvenuta tardivamente, successivamente al decorso del termine di decadenza di trenta giorni dall’avvenuta conoscenza della delibera stessa.

Quanto alla nullità della delibera assembleare di revisione delle tabelle millesimali, adottata senza il consenso di tutti i condomini, la Corte del gravame ha giudicato tale domanda fondata, rilevando che “gli stessi convenuti, odierni appellati, avevano già in primo grado praticamente aderito alla domanda degli attori”.

In ordine alla riconvenzionale proposta dal Condominio, la Corte territoriale – ritenuta l’ammissibilità della domanda, ai sensi dell’art. 36 c.p.c., attesa l’unicità del rapporto e della situazione giuridica da cui traggono origine le contrapposte pretese delle parti – ha ritenuto dimostrato, alla luce della disposta c.t.u., che le tabelle millesimali erano frutto di un errore, avendo il costruttore indicato in alcune di esse una superficie piana dell’appartamento n. (OMISSIS) inferiore a quella effettiva.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il S. e la M. hanno proposto ricorso, con atto notificato il 10 e l’11 febbraio 2005, sulla base di cinque motivi.

Gli intimati indicati in epigrafe non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

In prossimità dell’udienza i ricorrenti hanno depositato una memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo i ricorrenti denunciano “violazione e falsa applicazione degli artt. 75, 81, 102, 105, 167, 180, 269 e 105 c.p.c., art. 1130 c.c. e art. 69 disp. att. c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”. Premesso che l’azione di revisione delle tabelle millesimali può essere proposta solo da uno o più condomini dell’edificio cui le tabelle si riferiscono, non già dal Condominio, i ricorrenti sostengono che l’azione proposta dal Condominio in persona del suo amministratore all’atto della costituzione in primo grado e riproposta in appello doveva essere dichiarata inammissibile, per radicale difetto di legittimazione attiva in capo al soggetto che l’ha esercitata. Inoltre l’intervento svolto in giudizio da alcuni condomini non integrerebbe esercizio autonomo, da parte di essi, dell’azione di revisione delle tabelle: i condomini, infatti, si sono limitati ad aderire all’azione proposta dal Condominio, chiedendone l’accoglimento senza farla propria.

1.1. – La censura è infondata.

Per ragioni di economia processuale, non occorre in questo caso affrontare la questione preliminare se – come sostengono i ricorrenti e come si ricava da un indirizzo della giurisprudenza di questa Corte (Sez. 2′, 6 luglio 1984, n. 3967) – la legittimazione a richiedere la revisione della tabella millesimale che si assuma inficiata da errore, ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c., spetti esclusivamente al singolo condomino, in ragione della esorbitanza della lite dall’ambito delle cose o interessi comuni e della incidenza sui diritti esclusivi dei partecipanti al condominio; o se tale legittimazione – come si desume da un altro orientamento (Sez. 2′, 20 maggio 1966, n. 1307; Sez. 2′, 26 febbraio 1976, n. 623) – competa anche all’amministratore (purché, come nella specie, munito di apposito mandato da parte dell’assemblea), e ciò sulla base del rilievo che la domanda di revisione della tabella millesimale, seppure diretta ad accertare l’esatto valore proporzionale di ciascun piano o porzione di piano nei confronti del valore dell’intero edificio, non investe l’esistenza, il contenuto o l’estensione dei diritti rientranti nell’esclusiva disponibilità dei titolari, e non incide, pertanto, sulle proprietà esclusive, ma riguarda piuttosto la corretta misura della partecipazione del singolo proprietario al godimento delle cose comuni, con il corrispondente carico delle spese, e alla vita del condominio, e quindi coinvolge un interesse del gruppo.

L’intervento in causa, sin dal primo grado di giudizio, dei condomini C.A., M.A. ed altri rende superfluo, per le ragioni di cui in appresso, addentrarsi sul punto.

Invero, poiché il condominio si configura come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l’esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l’amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti all’edificio condominiale (Cass., Sez. 2′, 7 dicembre 1999, n. 13716 ; Cass., Sez. 2′, 24 maggio 2000, n. 6813; Cass., Sez. 2′, 28 agosto 2002, n. 12588; Cass., Sez. 2′, 21 febbraio 2007, n. 4014); ne consegue che l’intervento dei condomini in una causa iniziata dall’amministratore realizza un’ipotesi di intervento della parte, che è perfettamente ammissibile anche quando l’azione sia stata (in ipotesi) irregolarmente proposta per difetto di legittimazione dell’amministratore, trattandosi in tal caso di sostituzione del legittimato al non legittimato (Cass., Sez. 2′, 9 aprile 1968, n. 1068, in motivazione).

E siccome dalla comparsa di intervento emerge in modo evidente che – espressamente chiedendo, in accoglimento della domanda riconvenzionale del Condominio, la dichiarazione che le tabelle millesimali allegate al regolamento condominiale erano conseguenza di errore e la conseguente revisione e/o modifica delle stesse, con l’ordine di adottare ed assumere le tabelle che sarebbero risultate dall’espletanda c.t.u. – i condomini hanno inteso far propria la domanda avanzata in giudizio dall’amministratore, non v’è dubbio che l’azione di revisione delle tabelle per errore sia stata inserita nel giudizio, nel contraddittorio di tutti i partecipanti al condominio, da parte di coloro che erano sicuramente legittimati a proporla.

2. – Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 36 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. La domanda riconvenzionale avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile per mancanza della connessione obiettiva con la domanda principale. La domanda proposta dal S. e dalla M. nei confronti del Condominio era infatti volta ad ottenere l’annullamento e/o la nullità della delibera condominiale, mentre la domanda riconvenzionale del Condominio tendeva a conseguire, ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c., la revisione delle tabelle millesimali condominiali sul presupposto della loro erroneità, con effetti nei confronti di tutti i proprietari di unità immobiliari.

2.1. – La censura è priva di fondamento.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, al quale il Collegio intende dare continuità, la domanda riconvenzionale è ammissibile anche qualora dipenda da un titolo diverso da quello dedotto in giudizio dall’attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione, purché ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: (a) che la proposta domanda non ecceda la competenza del giudice adito dall’attore e sia conseguentemente rispettato il disposto del citato art. 36 c.p.c. che, pur favorendo il processo cumulato, prevede la possibilità di uno spostamento della competenza in conseguenza soltanto di quelle riconvenzionali per le quali è espressamente prevista la possibilità di un simile effetto, e cioè di quelle oggettivamente e propriamente connesse, appunto, con il titolo dedotto dall’attore o con quello già appartenente alla causa come mezzo di eccezione; (b) che possa riconoscersi sussistente un certo collegamento oggettivo, sia pure non immediato, costituito da una situazione o rapporto che, comunque, sia a base delle opposte pretese ed implichi l’opportunità del simultaneus processus (Cass., Sez. 1′, 26 febbraio 1990, n. 1431; Cass., Sez. Un., 18 maggio 1994, n. 4837; Cass., Sez. 1, 14 febbraio 2000, n. 1617; Cass., Sez. 3′, 4 luglio 2006, n. 15271).

Qualora, quindi, la domanda riconvenzionale non ecceda la competenza del giudice della causa principale, con essa può dedursi anche un titolo non dipendente da quello fatto valere dall’attore a fondamento della sua domanda, a condizione che sussista con questo un collegamento oggettivo che giustifichi l’esercizio, da parte del giudice, della discrezionalità che può autorizzare il simultaneus processus.

A tale principio si è attenuta la sentenza impugnata, la quale ha esattamente rilevato che tra la domanda principale (diretta ad ottenere l’annullamento della delibera assembleare che aveva modificato, a maggioranza, le originarie tabelle millesimali allegate al regolamento contrattuale) e quella riconvenzionale (mirante ad ottenere la revisione per errore delle medesime tabelle) vi era una connessione oggettiva, giustificante il simultaneus processus, non eccedendo la riconvenzionale la competenza del giudice della principale.

3. – Con il terzo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 69 disp. att. c.c., dell’art. 1123 c.c., delle norme e dei principi in materia di autonomia negoziale – art. 1321 c.c. e segg. – e di vizi del consenso – art. 1427 c.c. e segg.; dell’art. 2697 c.c., nonché omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) si sostiene che ai fini della revisione e modificazione delle tabelle millesimali prevista dall’art. 69 disp. att. c.c., non è irrilevante l’accertamento circa la natura negoziale o meno delle predette tabelle, poiché, in caso di tabella cosiddetta contrattuale, come nella specie, l’errore non rileva nella sua oggettività, ma solo in quanto abbia determinato un vizio del consenso. La Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che il Condominio potesse fondare la richiesta di revisione delle tabelle millesimali lamentando la sussistenza di un errore di fatto.

3.1. – La censura è priva di fondamento.

Chiamate a comporre il contrasto di giurisprudenza insorto circa l’ambito di applicazione dell’art. 69 disp. att. c.c., comma 1, n. 1), le Sezioni unite di questa Corte, con la sentenza 9 luglio 1997, n. 6222, hanno affermato il principio di diritto secondo cui l’errore il quale giustifica la revisione delle tabelle millesimali non coincide con l’errore vizio del consenso, disciplinato dall’art. 1428 c.c. e segg., ma consiste nella obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari e il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle, senza che in proposito rilevi il carattere negoziale della formazione delle stesse. Pertanto, la possibilità di impugnare le tabelle millesimali sotto il profilo dell’errore, chiedendone la revisione in corrispondenza degli effettivi valori delle singole unità immobiliari, sussiste anche qualora esse siano state predisposte dal venditore – costruttore ed accettate dagli acquirenti delle singole porzioni di piano in sede di stipula dei contratti di compravendita, cui siano allegate.

A tale conclusione le Sezioni unite sono giunte rilevando che l’art. 69 disp. att. c.c. considera l’errore nella determinazione dei valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano non già come causa di annullamento, bensì come causa di revisione delle tabelle.

Dopo il citato arresto delle Sezioni unite, all’interno della 2′ Sezione si sono riproposti orientamenti non convergenti.

In conformità all’indirizzo delle Sezioni Unite si sono espresse le sentenze 27 marzo 2001, n. 4421, e 28 marzo 2001, n. 4528, ribadendo che l’errore va identificato, anche là dove ci si trovi di fronte a tabelle millesimali allegate ad un regolamento di condominio avente natura contrattuale, nella obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari e il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle.

Secondo un altro indirizzo (sentenza 1 marzo 2000, n. 2253; sentenza 12 giugno 2001, n. 7908), invece, in caso di tabella cosiddetta contrattuale, l’errore non rileva nella sua oggettività, ma solo in quanto abbia determinato un vizio del consenso: in tal caso, pertanto, non è esperibile l’azione prevista dall’art. 69 disp. att. c.c., ma solo l’ordinaria azione di annullamento del contratto, previa allegazione di un vizio della volontà. Questo orientamento si fonda sul rilievo che i criteri legali sanciti dall’art. 68 disp. att. c.c. per la determinazione della caratura millesimale dell’edificio condominiale sono sicuramente derogabili dalla volontà di (ovviamente) tutti i condomini, perché attengono a diritti dei quali essi possono liberamente disporre; e se i condomini, nell’esercizio della loro autonomia privata, stipulano una tabella millesimale diversa da quella che conseguirebbe all’applicazione degli anzidetti criteri legali, deve ritenersi che tale diversità essi abbiano voluto, diversità che non costituisce errore emendabile ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c..

Ad avviso del Collegio, la soluzione va individuata secondo una linea intermedia tra i due indirizzi che si confrontano, tenendo conto della concreta volontà manifestata dalle parti in sede di adozione del regolamento che contiene, in allegato, le tabelle millesimali.

Qualora i condomini, nell’esercizio della loro autonomia, abbiano in modo espresso dichiarato di accettare che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto nell’art. 1118 c.c. e nell’art. 68 disp. att. c.c., dando vita alla “diversa convenzione” di cui all’art. 1123 c.c., comma 1, ultima parte, in questo caso la dichiarazione di accettazione ha un indubbio valore negoziale e, risolvendosi in un impegno irrevocabile di determinare le quote in un certo modo, impedisce di ottenerne la revisione ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c. attribuendo rilievo esclusivamente alla obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari dell’edificio ed il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle. Opinare diversamente significherebbe condizionare la permanenza degli obblighi contrattualmente assunti al mero arbitrio di ciascuno di essi, ed in tal modo non riconoscere valore alla loro autonomia negoziale, pur essendo coinvolti soltanto diritti disponibili; e ciò in contrasto con quanto sancito dal citato art. 1123 c.c., comma 1, che consente espressamente deroghe convenzionali ai criteri legali di ripartizione delle spese condominiali.

Questa ipotesi, peraltro, non corrisponde all’id quod plerumque accidit, perché, anche quando la tabella millesimale è approvata in forma contrattuale (in quanto predisposta dall’unico originario proprietario ed accettata dagli iniziali acquirenti delle singole unità immobiliari ovvero abbia formato oggetto di accordo da parte di tutti i partecipanti al condominio), con essa i condomini, almeno di regola, non intendono in alcun modo modificare la portata dei loro rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio, ma mirano, più semplicemente, a determinare quantitativamente tale portata. Il fine che di solito anima i condomini è quello di prendere atto della traduzione in frazioni mi 1 lesionali di un rapporto di valori preesistente e di pervenire, cosi, ad una approvazione delle operazioni di calcolo in detta tabella documentate; di talché la tabella stessa non si pone come fonte diretta dell’obbligo contributivo del condomino, che è nella legge prevista, ma solo come parametro di quantificazione dell’obbligo, determinato in base ad una valutazione tecnica.

In tal caso, poiché, nonostante la forma adottata (conseguente alla predisposizione della tabella dall’unico originario proprietario ed alla accettazione dagli iniziali acquirenti delle singole unità immobiliari ovvero al raggiungimento di un accordo unanime da parte di tutti i partecipanti al condominio), la semplice dichiarazione di approvazione non ha natura negoziale, l’errore che, ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c., giustifica la revisione delle tabelle millesimali non coincide con l’errore vizio del consenso, disciplinato dall’art. 1428 c.c. e segg., ma consiste nella obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle.

A tale principio si è attenuta la Corte territoriale: la quale – non risultando che con le tabelle millesimali, quantunque allegate ad un regolamento di origine contrattuale, si sia inteso espressamente derogare al regime legale di ripartizione delle spese, approvandosi la “diversa convenzione” di cui all’art. 1123 c.c., comma 1, – ha correttamente dato corso alla revisione, dando rilievo, appunto, alla mera, obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle.

4. – Con il quarto motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 69 disp. att. c.c., dell’art. 1123 c.c. e dell’art. 68 disp. att. c.c. e dei principi vigenti in materia di ripartizione tra i condomini delle spese comuni e compilazione delle tabelle millesimali; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) si deduce che la revisione, al più, avrebbe dovuto essere subordinata al rilievo di una obiettiva divergenza tra il valore effettivo ed il valore proporzionale attribuito a ciascuna unità immobiliare. Ad avviso dei ricorrenti, il valore effettivo e quello proporzionale di un appartamento condominiale non possono essere espressi in ragione della sola superficie piana. In forza della sentenza impugnata, invece, l’appartamento int. (OMISSIS), cui il costruttore aveva attribuito i millesimi in considerazione del fatto che trattasi di mansarda o di sottotetto, si è trovato attribuiti millesimi corrispondenti alla sola sua superficie piana (in misura doppia rispetto a quelli assegnati dal costruttore), senza alcuna considerazione per l’ampia metratura non effettivamente godibile a causa delle basse quote rilevabili in numerosi punti dell’appartamento.

4.1. – La censura è fondata.

La Corte d’appello ha dato rilievo, ai fini del riconoscimento della sussistenza dell’errore di cui al citato art. 69 disp. att. c.c., alla maggiore ampiezza della superficie piana dell’appartamento di proprietà del S. e della M. rispetto a quella indicata nelle tabelle.

Ora, nel condominio degli edifici, in tema di revisione per errore delle tabelle millesimali, ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c., al fine di accertare se, nella valutazione dei piani o delle porzioni di piano, si sia attribuito ad essi un valore diverso da quello effettivo, ben può il giudice limitarsi a considerare l’estensione della superficie piana, ma a condizione che tutti i piani o le porzioni di piano siano della stessa altezza; ove, invece, si tratti, come nella specie, di piani di diversa altezza, egli non può fare a meno, al detto fine, di valutare anche la cubatura reale.

Da tale principio di diritto la Corte territoriale si è discostata.

Essa ha finito con il rilevare la sussistenza dell’errore di cui al citato art. 69, ma omettendo di valutare che l’immobile di proprietà dei ricorrenti è un sottotetto e che, proprio in ragione della ridotta altezza del medesimo, non tutti i metri quadrati di superficie piana corrispondono ad una superficie effettivamente godibile.

5. – L’accoglimento del quarto motivo determina l’assorbimento del quinto mezzo (violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., e degli artt. 61 e 345 c.p.c.; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), con cui si lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto assolto l’onere probatorio gravante sul Condominio, per il semplice fatto che nel giudizio di primo grado aveva avuto luogo, senza opposizione degli attori, una c.t.u. disposta in relazione al quesito proposto dal Condominio stesso.

6. – La sentenza impugnata è cassata in relazione alla censura accolta.

La causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Genova, che la deciderà in diversa composizione.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta i primi tre motivi, accoglie il quarto e dichiara assorbito il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte suprema di Cassazione, il 9 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2010

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