In tema di condominio, l’errore determinante la revisione delle tabelle millesimali, a norma dell’art. 69 disp. att. c.c., è costituito dalla obiettiva divergenza fra il valore effettivo delle unità immobiliari e quello tabellarmente previsto. La parte che chiede la revisione delle tabelle millesimali non ha, tuttavia, l’onere di provare la reale divergenza tra i valori effettivi e quelli accertati in tabella, potendo limitarsi a fornire la prova anche implicita di siffatta divergenza, dimostrando in giudizio l’esistenza di errori, obiettivamente verificabili, che comportano necessariamente una diversa valutazione dei propri immobili rispetto al resto del condominio. Il giudice, a sua volta, sia per revisionare o modificare le tabelle millesimali di alcune unità immobiliari, sia per la prima caratura delle stesse, deve verificare i valori di tutte le porzioni, tenendo conto di tutti gli elementi oggettivi – quali la superficie, l’altezza di piano, la luminosità, l’esposizione – incidenti sul valore effettivo di esse e, quindi, adeguarvi le tabelle, eliminando gli errori riscontrati.
Tribunale di Roma Sezione 5 Civile Sentenza 25 giugno 2020 n. 9108
Repubblica Italiana
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Ordinario di Roma
Sezione Quinta Civile
Il tribunale di Roma, in persona del giudice dott. Fabio Miccio, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 65034 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2015, cui venivano riunite quelle R.G. 25578/2017 e R.G. 68338/2017, e pendente
tra
(…), elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’Avv. (…), che la rappresenta e difende giusta procura a margine dell’atto introduttivo della lite
attore
e
Condominio (…), Roma, in persona dell’amministratore Dott. (…), elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio degli Avv.ti (…) che lo rappresentano e difendono, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta
convenuto
Motivi di fatto e di diritto della decisione
Con l’atto introduttivo della lite La Sig.ra Pellegrini ha chiesto al Tribunale di:
dichiarare illegittima, nulla, annullabile ed in ogni caso invalida perché contraria alla legge ed al regolamento di condominio contrattuale, per i motivi tutti esposti al capo 1 del presente atto, la delibera assembleare approvata dal Condominio di (…) in data 28.05.2015 (punto 2 dell’OdG);
– dichiarare inesistente, nulla e comunque annullabile la delibera assembleare del 28.05.2015 (punto 2 dell’OdG) perché contraria alla legge con riferimento alla votazione sulla revisione e modifica delle tabelle millesimali;
– dichiarare nulla e comunque annullabile per indeterminatezza e/o indeterminabilità dell’oggetto la delibera assembleare de qua (punto 2 dell’OdG) per i motivi di cui al capo 3) del presente atto;
– con vittoria di spese, compensi professionali, oltre spese forfettarie al 15% e oltre IVA e CAP”.
A sostegno della domanda, parte attrice ha esposto:
– di essere proprietaria di due negozi, distinti con i numeri interni 3 e 4, facenti parte del Condominio di (…);
– che detto Condominio è stato costituito in data 13/09/1956 e in pari data è stato dotato dagli originari costruttori di un regolamento condominiale di natura contrattuale con verbale deposito del 13/09/1956 rogato dal Notaio (…) di Roma (Rep. 25900; Racc. 12869) e registrato a Roma I° Ufficio Atti Pubblici al n. 3066 Vol. 40/3;
– che nell’originario atto di acquisto dei locali commerciali da parte delle prozie dell’attrice, avvenuto sempre il 13/09/1956, si dava atto che i negozi venivano venduti e rispettivamente acquistati “con le relative ragioni condominiali quali risultano dal regolamento di condominio alle beato al mio precedente verbale di deposito di pari data repertorio 25900”, dichiarando le originarie acquirenti “di ben conoscere detto regolamento di condominio” e di accettarlo “in ogni sua parte e si impegnano per loro eredi o aventi causa a qualsiasi titolo all’osservanza di quanto in esso contenuto;
– che l’art. 10 del regolamento di condominio prevede, con riferimento alle spese condominiali, che “i negozi parteciperanno alle spese straordinarie relative alla manutenzione delle strutture e dei prospetti e loro rifacimenti limitatamente alla superficie interessata dall’impianto di travertino escluso pertanto ogni altro onere riguardante le restanti facciate”;
– che, per l’effetto, dalla relativa Tabella millesimale la Sig.ra (…) partecipa alle spese straordinarie nella misura pari rispettivamente a 2 millesimi per il negozio n. 3 e ad altrettanti 2 millesimi per il negozio n. 4;
– che in data 28/5/2015 si è riunita in 2° convocazione l’assemblea del Condominio di (…) Roma per deliberare ed approvare, tra gli altri punti all’OdG, la revisione e la modifica dell’art. 10, provvedendo ad “eliminare il capoverso che prevede la limitata partecipazione dei negozi alle suddette spese straordinarie relative alla manutenzione delle strutture e dei prospetti e loro rifacimenti nelle sole misure della superficie interessata dall’impianto di travertino escluso pertanto ogni altro onere riguardante le restanti facciate”.
– che dal verbale dell’assemblea risulta che avevano partecipato alla stessa n. 16 condomini su un totale di 20, per millesimi pari a 778 del valore totale, e che la deliberazione è stata approvata con voto contrario dell’odierna attrice;
– che, conseguentemente, tale deliberazione è illegittima per mancanza del consenso espresso dalla Sig.ra (…), nonché per lesione del diritto individuale della condomina a non doversi far carico delle spese straordinarie nella misura deliberata dall’assemblea condominiale in violazione della clausola contrattuale (art. 10) prevista dal regolamento condominiale del 1956 (capo 1);
– che l’assemblea ha altresì deliberato “con le stesse maggioranze, e quindi con il voto contrario del condomino Pellegrini, il ricalcolo delle tabelle spese straordinarie con l’assegnazione dei valori millesimali integrali anche negozi e al garage precedentemente esclusi”;
– che tale ulteriore decisione sul ricalcolo delle tabelle millesimali, è illegittima in quanto non rientrante nell’ordine del giorno, con la conseguenza che l’assemblea non aveva alcun potere di deliberare su tale tema (capo 2);
– che l’illegittimità deriva altresì dalla indeterminatezza e indeterminabilità dell’oggetto della stessa, avendo l’assemblea provveduto alla modifica delle tabelle millesimali senza riportare e trascrivere nel relativo verbale l’attribuzione dei nuovi valori (capo 3).
Tanto esposto in fatto, l’istante ha rassegnato le conclusioni su riportate.
Si è costituito il Condominio convenuto, il quale ha dedotto:
– che l’esigenza di modifica dell’art. 10 del regolamento condominiale nasce dalla presa d’atto del carattere assolutamente incongruo della ripartizione delle spese tra i condomini dallo stesso prevista, essendo del tutto ingiustificata la limitazione disposta a favore dei proprietari dei negozi;
– la natura non contrattuale del regolamento condominiale, con conseguente legittimità della deliberazione assunta all’assemblea del 28/5/2015 con le maggioranze di cui all’art. 1136 c.c.;
– che con la deliberazione impugnata, l’assemblea non ha disposto alcun ricalcolo delle tabelle condominiali, dovendosi riconoscere mero carattere programmatico al riferimento fatto nel verbale al “ricalcolo della tabella spese straordinarie con l’assegnazione di valori millesimali integrali anche ai negozi ed al garage, precedentemente esclusi, con conseguente infondatezza degli altri motivi di impugnazione addotti dall’attrice.
Ciò posto, il convenuto ha chiesto al tribunale “respinta ogni contrarla istanza ed eccezione, rigettare per i motivi di cui in espositivo tutte le domande proposte con l’atto di citazione in impugnazione di delibera assembleare di condominio perché infondate in fatto e in diritto, con la conseguente condanna dell’attrice al pagamento delle spese, competenze ed ad onorari del presente giudizio virgola oltre al rimborso forfettario ed accessori di legge”.
Con memoria ex art. 183, comma 6, n. 3, c.p.c., il convenuto ha altresì eccepito il difetto di legittimazione attiva della Sig.ra (…), per non avere “fornito, fino a questo momento, alcuna produzione documentale attestante la propria qualità di erede legittima o avente causa di uno degli originari proprietari dei negozi siti presso lo stabile condominiale di (…), e dunque alcun titolo idoneo a sostenere la pretesa attivata. Nel caso di specie, è evidente come sia del tutto carente la condizione dell’azione consistente nella coincidenza tra chi propone la domanda e colui che nella domanda stessa e “affermato” titolare del diritto”.
Tale eccezione è stata successivamente reiterata con la comparsa conclusionale depositata successivamente alla riunione dei procedimenti.
In data 04/04/2017, la Sig.ra (…) ha provveduto a notificare al Condominio di (…), un ulteriore atto di citazione per l’impugnazione della delibera assembleare adottata in data 08/11/2016 (R.G. 25578/2017) di approvazione del “rifacimento tabelle millesimali spese straordinarie. Nomina di un tecnico” (punto 7 dell’OdG) e “approvazione nuove tabelle millesimali spese straordinarie” (punto 8 dell’OdG), deducendo:
– che la delibera impugnata rappresenta naturale applicazione ed esecuzione della precedente delibera del 28/5/2015, di approvazione della revisione e modifica dell’art. 10 del regolamento contrattuale di Condominio;
– che l’assemblea, sul punto 7 dell’OdG così ha deliberato: “l’assemblea all’unanimità dei presenti delibera di effettuare il ricalcolo dei valori millesimali delle tabelle spese straordinarie come da precedente delibera assunta nell’assemblea del 28/5/2015 ed a tale scopo conferisce mandato all’Arch. (…), il quale presente alla riunione, accetta l’incarico. Prende la parola l’Arch. (…) che illustra come i valori millesimali delle tabelle spese straordinarie, ricalcolato secondo le richieste del condominio, coincidono con i valori indicati nella tabella di proprietà allegate all’originario regolamento di condominio”, con la conseguenza che la nuova Tabella spese straordinarie recepisce tali valori;
– che, per l’effetto, la Sig.ra (…) sarebbe tenuta a partecipare alla spesa sulle cose comuni nella misura integrale dei millesimi di proprietà (34 e 43 millesimi), in luogo di quella stabilita in base al disposto dell’art. 10 del regolamento di condominio (2 e 2 millesimi);
– che, tuttavia, la delibera deve considerarsi nulla e comunque annullabile in quanto, in esecuzione della delibera assembleare del 28/05/2015, ha illegittimamente modificato ed approvato le nuove tabelle millesimale delle spese straordinarie in difetto dell’unanimità dei voti di tutti i partecipanti al condominio e in difformità da quanto previsto dal regolamento condominiale contrattuale o dall’art. 1123, comma 1, c.c. (capo 2);
– che con atto a rogito Notaio (…) del 6/10/2016, registrato in data 11/10/2016 (Rep. 33451 Atto 15459) i condomini hanno venduto alla Sig.ra (…) (già proprietaria della quota indivisa di 70 millesimi) le proprie quote di comproprietà indivisa pari a complessivi 1930/2000 millesimi dell’intero in piena proprietà del locale deposito con annessa antistante porzione di terrazzo (all. 12 all’atto di citazione);
– che di tale cessione (e del relativo incremento di superficie dell’abitazione della Sig.ra (…), e conseguente riduzione delle quote millesimali dei restanti condomini) non ha tenuto conto l’assemblea, avendo questa approvato le nuove tabelle di spese straordinarie facendo riferimento alle tabelle di proprietà allegate all’originario regolamento condominiale;
– che la delibera del 8/11/2016 ha, pertanto, illegittimamente assegnato alla Sig.ra (…) delle quote millesimali maggiori di quelle che avrebbe dovuto ottenere sulla base dell’incremento della quota millesimale di proprietà della condomina (…) (capo 3).
Ciò dedotto, l’attrice ha rassegnato le seguenti conclusioni:
– “Sospendere la esecutività della delibera assembleare del 8/11/2016 per i motivi indicati ai punti 1,2 e 4 del presente atto;
– dichiarare illegittima, nulla, annullabile e in ogni caso invalida perché contraria alla legge e al regolamento di condominio contrattuale per i motivi tutti esposti al capo 2 del presente atto, la delibera assembleare approvata dal Condominio di via (…) -Roma in data 08/11/2016 (punti 7 ed 8 dell’OdG);
– dichiarare illegittima, nulla, annullabile e in ogni caso invalida perché contraria alla legge e al regolamento di condominio contrattuale per i motivi tutti esposti al capo 3 del presente atto, la delibera assembleare approvata dal Condominio di via (…) -Roma in data 08/11/2016 (punti 7 ed 8 dell’OdG);
– Con vittoria di spese, compensi professionali, oltre spese forfettarie al 15% IVA e CAP”.
Si è costituito il Condominio convenuto, che ha dedotto:
– che la nuova tabella spese straordinarie e stata approvata perla necessita di correggere l’errore presente nella tabella precedentemente in vigore che attribuiva a tutti i negozi del Condominio di (…), e precisamente quelli contraddistinti con il numero 1, 2, 3 e 4, rispettivamente 3, 2, 2, e 2 millesimi;
– che, conseguentemente, l’assemblea ha legittimamente provveduto alla relativa approvazione con la maggioranza di cui all’art. 1136, comma 2, c.c. (art. 69 disp. att. c.c.);
– che, quanto alla compravendita avvenuta in data 24/11/2015, veniva disposto che l’acquirente provvedesse a proprie spese e cure al rifacimento della tabella millesimale, con conseguente piena validità della delibera di approvazione delle tabelle millesimali nelle more assunta all’assemblea in data 8/11/2016.
Ciò posto, il Condominio ha rassegnato le seguenti conclusioni:
“Voglia l’Ill.mo Giudice adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, rigettare per i motivi di cui in espositivo le domande formulate, con la conseguente condanna dell’attrice il pagamento delle spese competenze ed onorari e del presente giudizio, oltre al rimborso forfettario e accessori di legge”.
Con decreto datato 19/1/2018, il Presidente della V sezione, rilevato che il procedimento R.G. 25578 del 2017, assegnato al Dott. (…), presenta profili di connessione oggettiva e soggettiva con il procedimento R.G. 65034 del 2015, assegnato al Dott. (…), ne ha disposto la rimessione dinanzi a quest’ultimo che, all’udienza del 14/1/2019, ha provveduto alla riunione dei due procedimenti.
Con successivo atto di citazione, notificato in 68338/2017), la Sig.ra (…) impugnava la successiva delibera di “approvazione riparto preventivo lavori” (punto 2 dell’OdG).
A sostegno dell’impugnazione, l’attrice ha dedotto:
– che in data 21/2/2017, l’assemblea condominiale, cui la stessa non partecipava, ha approvato “all’unanimità il piano di riparto del preventivo dei lavori nel totale di Euro 178.634,75”;
– che della somma pari a Euro 178.634,75 complessivi, Euro 127.793,41 sono stati destinati alla ristrutturazione delle facciate del fabbricato;
– che con piano di riparto approvato dall’assemblea, alla Sig.ra (…) è stata addebitata la somma di Euro 9.840,10, in virtù dell’assegnazione alla stessa di nuovi millesimi di proprietà (rispettivamente 34 per il negozio n. 3 e 43 per il negozio n. 4) operata illegittimamente dal Condominio con la delibera del 8/11/2016, a sua volta esecutiva della previa deliberazione del 18/5/2015;
– che dalla illegittimità delle due precedenti deliberazione, conseguiva l’invalidità anche di quella oggetto di impugnazione;
– che, pertanto, contrariamente a quanto preteso dal convenuto, la Sig.ra (…) è tenuta al pagamento della minor somma di Euro 511,17 pari a 2 millesimi per negozio;
– che, al solo fine di evitare azioni ingiuntive ed esecutive a proprio danno, parte attrice ha già corrisposto al Condominio le spese straordinarie, di cui pertanto chiede condanna alla restituzione per la parte eccedente la somma dovuta (pari a Euro 511,17).
Ciò posto, l’attrice concludeva come segue:
“Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis:
– Dichiarare illegittima, nulla, annullabile ed in ogni vaso invalida perchè contraria ai Regolamento contrattuale di condominio ed alla legge, per i motivi tutti esposti al capo 3 del presente atto, la delibera assembleare approvata dal Condominio di (…)
– Roma in data 211212017 (punto 2 dell’OdG);
– per l’effetto, dichiarare tenuta la Sig.ra (…) a versare al Condominio per i lavori di ristrutturazione del fabbricato condominiale unicamente Euro 511,17;
– Condannare il Condominio convenuto alla restituzione a favore dell’attrice di tutte le somme versate per detti lavori di ristrutturazione in misura maggiore rispetto a quella dovuta di Euro 511,17, somme che verranno precisate in corso di causa;
– Con vittoria di spese, compensi professionali, oltre spese forfettarie al 15% IVA e CAP”.
Si è costituito il condominio convenuto che ha dedotto:
– la piena legittimità della delibera del 21/2/2017 di approvazione del piano di riparto;
– la non corrispondenza a vero della ricostruzione dei fatti operata dall’attrice.
Pertanto, il Condominio ha rassegnato le seguenti conclusioni:
“Voglia l’Ill.mo Giudice adito, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, rigettare per i motivi di cui in espositivo le domande formulate, con la conseguente condanna dell’attrice il pagamento delle spese competenze ed onorari e del presente giudizio, oltre al rimborso forfettario e accessori di legge”.
Con decreto datato 26/4/2018, il Presidente della V sezione, rilevato che il procedimento R.G. 68338 del 2017, assegnato al Dott. (…), presenta profili di connessione oggettiva e soggettiva con il procedimento R.G. 65034 del 2015, assegnato al Dott. (…), ne ha disposto la rimessione dinanzi a quest’ultimo che, all’udienza del 14/1/2019 ha provveduto alla riunione.
Le tre cause riunite sono pervenute all’udienza del 22/1/2O26, ove de parti hanno precisato le proprie conclusioni come da verbale. Esse sono state trattenute in decisione, con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c..
In via preliminare, deve essere dichiarata infondata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata dal Condominio convenuto sul rilievo per cui la Sig.ra (…) non avrebbe fornito alcuna prova del diritto di proprietà fondante l’azione esperita in giudizio.
Trattasi, infatti, di questione di merito, non riguardante la legittimatio ad causam dell’attrice.
Come chiarito dalla Corte di Cassazione, infatti, “la “legitimatio ad causam”, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell’attore, prescindendo dall’effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l’esistenza in ogni stato e grado del procedimento. Da essa va tenuta distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, per la quale non è consentito alcun esame d’ufficio, poiché la contestazione della titolarità del rapporto controverso si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata. Fondandosi, quindi, la legittimazione ad agire o a contraddire, quale condizione all’azione, sulla mera allegazione fatta in domanda, una concreta ed autonoma questione intorno ad essa si delinea solo quando l’attore faccia valere un diritto altrui, prospettandolo come proprio, ovvero pretenda di ottenere una pronunzia contro il convenuto pur deducendone la relativa estraneità al rapporto sostanziale controverso” (Cass., Sez. 3, n. 14468 del 30/05/2008).
Nel caso di specie, l’attrice ha impugnato le delibere assembleari in qualità di condomina, sulla base dell’implicito presupposto della titolarità del diritto dominicale sui negozi facenti parte del condominio, non essendo pertanto ravvisabile alcuna divergenza tra “chi propone la domanda e colui che nella domanda stessa e “affermato” titolare del diritto”, come invece sostenuto dal convenuto (memoria 183, comma 6, n. 3, c.p.c.).
Ne consegue l’infondatezza dell’eccezione di rito sollevata dal Condominio. Quanto al merito della controversia, la pretesa attorea è fondata, e va pertanto accolta, entro i limiti e per le ragioni di seguito indicate.
In primo luogo, la Sig.ra (…) ha impugnato la delibera del 28/5/2015 con cui l’assemblea ha modificato l’art. 10 del Regolamento condominiale senza l’unanimità che sarebbe richiesta dalla natura contrattuale di tale clausola, la quale attribuisce all’attrice un maggior diritto rispetto agli altri condomini, “sostanziatosi nella mancata partecipazione alle spese di manutenzione riguardanti le restanti facciate del fabbricato condominiale” (pag. 5, memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c.).
Presupposto dell’esperita impugnazione è, dunque, il carattere convenzionale riconosciuto dalla difesa di parte attrice alla citata clausola regolamentare.
Come noto, simili disposizioni possono essere ricomprese in un regolamento condominiale all’unica condizione che lo stesso abbia natura contrattuale, in quanto predisposto dall’unico originario proprietario dell’edificio con successiva accettazione da parte dei condomini nei relativi atti di acquisto (o, ai fini dell’opponibilità ai terzi acquirenti, che sia stato trascritto antecedentemente alla trascrizione del relativo contratto di compravendita); ovvero che sia stato adottato in sede assembleare con il consenso unanime di tutti i condomini. Ciò in quanto, solo l’accettazione unanime può consentire l’adozione di un regolamento avente contenuto limitativo dei diritti altrimenti spettanti a ciascun condomino, sia relativamente alle parti comuni, sia con riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle porzioni di esclusiva proprietà (Cfr. Cass., Sez. 2, n. 1748 del 24/01/2013).
La natura contrattuale del regolamento condominiale, tuttavia, non esclude che le disposizioni di cui questo si compone possano avere natura meramente regolamentare, in quanto disciplinanti esclusivamente l’uso delle cose comuni, dovendo la relativa qualificazione essere effettuata caso per caso, riconoscendo natura contrattuale alle sole clausole idonee ad incidere sui diritti individuali. Solo le deliberazioni aventi ad oggetto queste ultime, pertanto, richiedono l’unanimità dei consensi, vigendo altrimenti la regola della deliberazione a maggioranza (ex art. 1136 c.c.).
A completamento di quanto indicato, occorre ulteriormente precisare che sono clausole idonee ad incidere sui diritti individuali di ciascun condomino, e come tali modificabili solo all’unanimità, anche quelle con cui il Condominio decide di derogare al regime legale di ripartizione delle spese comuni posto dall’art. 1123, comma 1, c.c..
Sul punto, infatti, ha chiarito la giurisprudenza di legittimità che “alla stregua della stessa lettera dell’art. 1123 c.c., la disciplina legale della ripartizione delle spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell’edificio è, in linea di principio, derogabile, con la conseguenza che deve ritenersi legittima la convenzione modificatrice di tale disciplina, contenuta nel regolamento condominiale di natura contrattuale, ovvero nella deliberazione dell’assemblea, quando approvata da tutti i condomini” (Cass., Sez. 2, n. 4844 del 24/02/2017).
In applicazione dei principi appena enunciati, e tornando al caso di specie, il Tribunale rileva che correttamente la difesa attorea ha qualificato come contrattuale il regolamento adottato dal Condominio “di via pallia n. 120, essendo stato predisposto dagli originari costruttori (All. 1 all’atto introduttivo) nonché richiamato nell’atto di acquisto dei locali commerciali concluso dalle prozie dell’attrice in data 13/9/1956 (All. 2 all’atto introduttivo).
Sul punto, alcun rilievo può essere riconosciuto alla doglianza mossa dal Condominio convenuto, che lamenta “la carenza di legittimazione attiva della istante atteso che non risulta provato in via documentale il diritto di proprietà della Sig.a (…) con riferimento agli immobili facenti parte della comunione pro indiviso dello stabile in Condominio di Via (…). In ordine al Regolamento di Condominio, recante natura contrattuale a dire della Sig.a (…), controparte si è limitata a produrre una copia registrata dell’asserito Regolamento e non la nota di trascrizione depositata presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari che renderebbe il Regolamento efficacemente opponibile ai terzi” (pag. 1 della comparsa conclusionale).
Anche a voler ritenere che il convenuto abbia in tal modo inteso svolgere delle difese di merito e non solo eccepire la questione come pregiudiziale di rito (come tale già preliminarmente disattesa), l’eccezione risulta infondata e non meritevole di accoglimento, in ossequio a quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimità in materia, per cui “la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto” (Cass., Sez. U, n. 2951 del 16/02/2016).
Nel caso di specie, le difese svolte dal Condominio convenuto risultano effettivamente incompatibili con la negazione della titolarità del diritto dominicale da parte dell’attrice e dell’opponibilità alla stessa del regolamento
condominiale. Ed infatti, il convenuto ha difeso nel merito la legittimità delle deliberazioni assunte, attraverso argomentazioni che presupponevano la piena legittimazione all’impugnazione della Sig.ra (…) in quanto condomina (e, dunque, proprietaria), sollevando le richiamate cesure per la prima volta con memoria ex art. 183, comma 6, n. 3, c.p.c. nella causa R.G. 65034/2015, e riproponendole esclusivamente con la comparsa conclusionale. Tali considerazioni, ulteriormente confermate dall’indicazione dell’attrice come condomina/proprietaria nei verbali delle assemblee condominiali, compresa quella del 28/5/2015, portano a ritenere che il Condominio abbia riconosciuto la titolarità del diritto dominicale dell’attrice e l’opponibilità alla stessa del regolamento, con conseguente rigetto delle eccezioni in tal senso sollevate.
Ciò chiarito, l’accertata natura contrattuale del regolamento condominiale, permette di considerare legittima la disposizione dell’art. 10 che, nella sua formulazione originaria, fissava un criterio di ripartizione delle spese comuni divergente da quello legale, limitando la partecipazione alle spese straordinarie dei proprietari dei negozi, e così incidendo sui diritti individuali di tutti i condomini.
Più precisamente, prevede l’art. 10 citato, nella sua formulazione ante delibera del 28/5/2015, che: “la tabella spese straordinarie comprende la manutenzione delle strutture, dei prospetti e qualsiasi eventuale rifacimento che possa riguardare la stabilità dell’edificio nonché l’eventuale rifacimento della terrazza di copertura. Si precisa che i negozi parteciperanno alle spese straordinarie relative alla manutenzione delle strutture e dei prospetti e loro rifacimenti limitatamente alla superficie interessata dall’impianto di travertino escluso pertanto ogni altro onere riguardante le restanti facciate”.
Priva di fondamento è, pertanto, la tesi sostenuta dalla difesa di parte convenuta secondo cui la necessità di una deliberazione unanime sarebbe da limitare all’approvazione e modifica delle sole clausole che impongono obbligazioni a favore di alcune proprietà ed a carico di altre (cd. servitù), o prestazioni gravanti su alcuni condomini a favore di altri (cd. oneri reali), o, ancora, che prevedono limiti al godimento delle proprietà immobiliari (pag. 5 e ss della comparsa conclusionale del convenuto).
Il convenuto infatti, pur partendo dalla corretta premessa per cui le clausole che limitano i diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni e quelle che attribuiscono ad alcuni di loro maggiori diritti rispetto agli altri, hanno natura contrattuale e sono modificabili soltanto con il consenso unanime dei partecipanti alla comunione, perviene ad una conclusione parzialmente errata, non tenendo conto che tale natura deve essere riconosciuta altresì alle clausole che ripartiscono le spese comuni in deroga al regime legale. Come già chiarito, infatti, anch’esse incidono sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, non potendo pertanto che conseguire ad una convenzione cui egli aderisca (Cass., Sez. 2, n. 17101 del 27/07/2006).
Neppure è applicabile al caso di specie la giurisprudenza richiamata da parte convenuta (che cita Cass. 7515/86) in ordine alla necessità, per rendere opponibile ai terzi anche l’attribuzione di “maggiori diritti” a determinati immobili, di specifica e separata nota di trascrizione del regolamento condominiale, per non essere sufficiente il semplice richiamo del Regolamento di condominio negli atti successivi: trattasi difatti di giurisprudenza (cfr. anche Cass. 25139/19) che attiene al caso di limitazioni al godimento degli appartamenti (ad esempio, il divieto di adibirli a casa vacanze) e trova la sua giustificazione nel riconoscimento, in tale fattispecie, di una servitù atipica, situazione difforme da quella per cui e giudizio alla quale lo schema della servitù risulta del tutto estraneo.
Alla luce dei richiamati principi espressi dalla Corte di Cassazione, dunque, la deliberazione assembleare modificatrice dell’art. 10, avrebbe dovuto essere approvata all’unanimità dai condomini. Ne consegue che, avendo l’assemblea condominiale provveduto a maggioranza, approvando senza il voto favorevole dell’odierna attrice l’eliminazione del “capoverso che prevede la limitata partecipazione dei negozi alle suddette spese straordinarie”, la relativa deliberazione del 28/5/2015 è nulla (Cass., Sez. 2, n. 6714 del 19/03/2010), con conseguente accoglimento del primo motivo di impugnazione proposto.
Al contrario, è infondata e merita rigetto l’impugnazione proposta dall’attrice avverso la delibera emessa in pari data con cui l’assemblea condominiale avrebbe – a suo dire – deliberato finanche sulla revisione e modifica delle tabelle millesimali relative alle spese straordinarie.
Più precisamente, l’attrice ha proposto l’impugnazione: a) per avere l’assemblea deliberato anche la revisione delle tabelle millesimali relative alle spese straordinarie, pur non avendo previsto nulla in merito nell’ordine del giorno; b) per indeterminatezza/indeterminabilità delle tabelle medesime, in quanto non riportate né trascritte nel verbale di assemblea (punti 2 e 3 dell’atto di citazione). Tuttavia, contrariamente a quanto asserito da parte della difesa attrice, l’assemblea in quella sede non ha deliberato alcunché in merito alle tabelle millesimali, dovendo essere riconosciuto valore solo programmatico al riferimento, contenuto nel verbale, al “ricalcolo delle tabelle spese straordinarie con l’assegnazione di valori millesimali integrali ai negozi e al garage precedentemente esclusi”(All. 3 all’atto introduttivo), che è stato infatti realizzato solo con la successiva delibera del 8/11/2016.
Ne consegue il rigetto m parte qua della domanda attorea.
In secondo luogo, l’attrice ha impugnato la delibera del 8/11/2016, che, in attuazione della precedente deliberazione del 28/5/2015, ha approvato una nuova tabella spese straordinarie che assegna ai negozi di proprietà della Sig.ra (…) valori millesimali pari alla misura integrale della proprietà (34 per il negozio n. 3 e 43 millesimi per il negozio n. 4), in luogo dei 2 millesimi per negozio precedentemente previsti.
In materia di modifica delle tabelle millesimali, l’art. 69 disp att. c.c., richiede una deliberazione unanime dei condomini, realizzandosi anche in tal modo una modifica dei diritti riconosciuti ai singoli (Cfr. Cass., Sez. 2, n. 22464 del 22/10/2014).
Fanno eccezione alla regola dell’unanimità a favore di quella della deliberazione con la maggioranza prevista dall’art. 1136, comma 2, c.c., i soli casi in cui l’assegnazione dei valori millesimali risulti conseguenza di un errore; o ancora, quando si verifichino sopravvenienze edilizie che comportino modificazioni sostanziali del rapporto di valore originariamente assegnato all’unità immobiliare (art. 69, comma 1, disp. att. c.c.).
Per quanto di interesse in questa sede, è bene precisare che l’errore per il cui emendamento è possibile una deliberazione a maggioranza, è esclusivamente quello riguardante la divergenza tra il valore effettivo di una proprietà e quello risultante dalla tabella millesimale (Cfr. Cass. Sez. 2, n. 21950 del 25/09/2013, secondo cui: ‘Terrore determinante la revisione delle tabelle millesimali, a norma dell’art. 69 disp. att. cod. civ., è costituito dalla obiettiva divergenza fra il valore effettivo delle unità immobiliari e quello tabellarmente previsto. La parte che chiede la revisione delle tabelle millesimali non ha, tuttavia, l’onere di provare la reale divergenza tra i valori effettivi e quelli accertati in tabella, potendo limitarsi a fornire la prova anche
implicita di siffatta divergenza, dimostrando in giudizio l’esistenza di errori, obiettivamente verificabili, che comportano necessariamente una diversa valutazione dei propri immobili rispetto al resto del condominio. Il giudice, a sua volta, sia per revisionare o modificare le tabelle millesimali di alcune unità immobiliari, sia per la prima caratura delle stesse, deve verificare i valori di tutte le porzioni, tenendo conto di tutti gli elementi oggettivi – quali la superficie, l’altezza di piano, la luminosità, l’esposizione – incidenti sul valore effettivo di esse e, quindi, adeguarvi le tabelle, eliminando gli errori riscontrati”).
Ciò posto, nella fattispecie oggetto di causa le tabelle originariamente allegate al regolamento condominiale, attribuivano ai negozi di proprietà dell’odierna attrice dei valori millesimali volutamente non proporzionati alla reale consistenza degli immobili, ma limitati alla porzione della facciata dell’edificio condominiale interessata dall’impianto di travertino, in tal modo facendosi applicazione della regola sancita dall’originario art. 10 del regolamento.
Pertanto, tale assegnazione non può certamente considerarsi frutto di un errore legittimante una modifica deliberata a maggioranza, ex art. 69, comma 1, n. 1, disp. att. c.c., come invece sostenuto dal Condominio convenuto, secondo cui “evidente appare, in detti termini, l’illegittimità di un così stringente limite alla partecipazione dei negozi alle stesse spese straordinarie (manutenzione delle strutture, dei prospetti e loro rifacimenti), che vengono indebitamente limitate alla superficie interessata dall’impiantato di travertino il quale, lo si ripete per chiarezza espositiva, corrisponde al rivestimento di marmo posto sulla facciata di cui agli ingressi dei negozi per un’altezza non superiore a mt. 3. Paradossale appare, quindi, la sproporzione fra la quota parte di proprietà dei beni comuni attribuita ai negozi e la percentuale di contribuzione alle spese per gli interventi di manutenzione straordinaria rispetto agli stessi beni” (pag. 2 della memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c. R.G. 65034/2015).
Pertanto, è fondata e va accolta l’impugnazione promossa dall’attrice avverso la deliberazione del 8/11/2016 con cui l’assemblea condominiale ha provveduto alla modifica della tabella delle spese straordinarie nonostante il voto contrario della Sig.ra (…), con conseguente assorbimento del secondo motivo di impugnazione.
In terzo luogo, l’attrice ha impugnato la delibera del 21/2/2017 con cui, in applicazione di quanto deliberato in data 28/5/2015 (modifica dell’art. 10 del regolamento condominiale) e 8/11/2016 (riforma della tabella spese straordinarie), l’assemblea ha provveduto all’approvazione del riparto preventivo dei lavori straordinari di ristrutturazione del fabbricato condominiale, calcolando la somma dovuta dalla Sig. (…) in base ai millesimi assegnati dalla nuova tabella spese straordinarie (pari a 34 e 43) in luogo di quelli precedentemente vigenti (pari a 2 e 2). In particolare, sostiene l’attrice che “in base alla previsione (art. 10) del regolamento condominiale contrattuale alla Sig.ra (…) spetterebbe il pagamento della minor somma di Euro 511,17 pari a 2 millesimi per negozio invece della somma di Euro 9.840,10 pari rispettivamente ai 34 e 43 millesimi illegittimamente assegnato ai due negozi di proprietà dell’attrice in forza delle impugnate delibere assembleari del 28.05.2015 e del 8.11.2016” (pag. 12 dell’atto introduttivo).
Sul punto, rileva il tribunale che l’accertata nullità della delibera del 8/11/2016 non può che avere effetto invalidante della successiva delibera del 21/2/2017, avendo quest’ultima ripartito le somme a bilancio preventivo in base alla nuova tabella millesimale, da considerare tamquam non esset per nullità della relativa delibera di approvazione.
Su tali basi, l’attrice domanda al Tribunale l’accertamento del debito a se imputabile, da calcolare in base alle tabelle originariamente allegate al regolamento condominiale, che la stessa stabilisce pari a Euro 511,17, chiedendo conseguentemente la ripetizione della sola differenza tra le somme già versate e tale importo.
Tuttavia, rileva il tribunale che è solo il Condominio ad essere competente ad accertare, attraverso una nuova convocazione assembleare e l’approvazione di un nuovo piano di riparto, la somma che l’attrice è tenuta a corrispondere per le spese relative ai lavori di ristrutturazione del fabbricato condominiale, non potendo ciò essere disposto in questa sede.
Quanto detto, non impedisce di accogliere la domanda di condanna del convenuto alla ripetizione della somma corrisposta, sebbene entro i limiti del petitum, limitato dall’attrice alla differenza tra quanto già pagato (pari a Euro 9.535,00 – v. all. 1 alla memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c. R.G. 68338/2017) e la somma di Euro 511,17 cui l’attrice si dichiara tenuta, per un totale di complessivi Euro 9.023,83. Il diritto dell’attrice alla ripetizione dell’importo corrisposto, infatti, trova la propria fonte nell’accertata invalidità derivata della deliberazione del 21/2/2017, in quanto tale determinante il venire meno della causa giustificativa del pagamento effettuato, ex art. 2033 c.c..
Va quindi provveduto come in dispositivo.
Quanto alle spese di lite, occorre distinguere per ciascuna causa riunita l’attività difensiva svolta antecedentemente alla riunione, in ossequio a quanto espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “in tema di compensi professionali, in caso di riunione di più cause, la liquidazione dei compensi per l’attività svolta prima della riunione deve essere separatamente liquidata per ciascuna causa in relazione all’attività prestata in ciascuna di esse, mentre, per la fase successiva alla riunione, può essere liquidato un compenso unico solo per gli onorari e non anche per le spese e per i diritti di procuratore, ex art. 5 d.m. n. 392 del 1990, compenso sul quale è facoltà del giudice applicare la maggiorazione del 20% in presenza dei presupposti previsti dalla tariffa” (Cass., Sez. 1, n. 13276 del 28/05/2018).
Quanto alla causa R.G. 65034/2015, prima della riunione si sono svolte le fasi di studio, introduttiva e di trattazione e istruzione, che vengono liquidate complessivamente in Euro 1.496,00, somma da intendere come comprensiva della compensazione nella misura di 2/3, derivante dalla soccombenza parziale dell’attrice per il rigetto dell’impugnazione proposta avverso la – asserita -seconda deliberazione del 28/5/2015.
Le medesime fasi sono autonomamente liquidabili per la causa R.G. 25578/2017, essendosi svolte prima della riunione dei procedimenti. Il compenso professionale, pertanto, è liquidato in Euro 2.588,00.
Per la causa R.G. 68338/2017 – il cui valore è da parametrare all’importo della sola somma in contestazione, pari ad Euro 9.840,10 – essendo state svolte prima della riunione la fase di studio e introduttiva, il compenso è liquidato in Euro 808,00.
Infine, quanto all’attività svolta successivamente alla riunione disposta all’udienza del 14/1/2019, questa è consistita nella fase di trattazione e istruzione relativamente alla causa R.G. 68338/2017; nonché, per tutte e tre le cause, in quella decisionale. Pertanto, il compenso professionale è liquidato in Euro 2.588.00.
Complessivamente la somma per i compensi professionali ammonta a Euro
7.480.00.
La liquidazione delle spese relative alla causa R.G. 25578/2017 e R.G. 68338/2017, nonché di quelle successive alla riunione, è effettuata secondo i parametri minimi, considerata la parziale identità delle questìom traftaTe e l’omogeneità degli atti depositati.
Per Questi Motivi
Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando nella causa civile di primo grado indicata in epigrafe, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa e respinta, così provvede:
– in via pregiudiziale, rigetta l’eccezione di difetto di legittimazione attiva della Sig.ra (…), sollevata dal convenuto;
– nel merito, accoglie l’impugnazione della prima delibera del 28/5/2015, e per l’effetto ne dichiara la nullità (R.G. 65034/2015);
– rigetta l’impugnazione della seconda deliberazione del 28/5/2015 (R.G. 65034/2015);
– accoglie il primo motivo di impugnazione della delibera del 8/11/2016, e per l’effetto ne dichiara la nullità (R.G. 25578/2017);
– accoglie l’impugnazione della delibera del 21/2/2017, e per l’effetto condanna il Condominio di (…), Roma, alla ripetizione a favore della Sig.ra (…) della somma di Euro 9.023,83 (R.G. 68338/2017);
– condanna il Condominio di (…), Roma, alla rifusione in favore della Sig.ra (…), delle spese di lite che liquida complessivamente in Euro 7.480,00 per compensi; Euro 1.900,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% IVA e cpa.
Roma, 24 giugno 2020
Depositata in Cancelleria il 25 giugno 2020