Il perdurare dello stato di emergenza propone ancora il tema della necessità di un coordinamento del diritto alla salute con gli altri diritti fondamentali della persona, in particolare nell’ottica delle disposizioni del codice della protezione civile. Il dubbio sulla legittimità costituzionali dei provvedimenti restrittivi della libertà personale si coniuga necessariamente con l’auspicio del ritorno alla normalità degli uffici giudiziari.
1. In data 31 gennaio 2020 il Consiglio dei Ministri deliberava, per sei mesi dalla data del provvedimento, lo Stato di emergenza “in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”.
A seguito di detta delibera, su specifica posizione degli istituti scientifici sanitari, sono seguiti una serie di provvedimenti che, oltre a disciplinare i poteri straordinari attribuiti alla protezione civile e ad altre pubbliche amministrazioni, hanno inciso in modo totalmente nuovo e non secondario sui diritti dei cittadini.
Da ciò sono seguiti un certo numero di contributi, interviste sui giornali, video conferenze, ed altro, aventi ad oggetto il rapporto tra la normativa urgente dovuta al Covid 19 e la nostra Carta costituzionale.
A questo dibattito, seppur dopo varie esitazioni, abbiamo deciso di partecipare anche noi, e lo facciamo volutamente ora, in un momento in cui tutti viviamo la speranza che il peggio sia alle spalle.
Sia consentito, prima di arrivare al cuore della questione, porre alcune considerazioni preliminari.
a) La prima è che pubblichiamo questo scritto con una certa titubanza, con uno stato d’animo mai provato prima.
Si è avvertito, infatti, fra la gente, e purtroppo talvolta anche fra gli operatori giuridici, la volontà di affermare su questi temi il pensiero unico, l’idea che le cose potessero stare in un certo modo e basta, e che ogni dubbio fosse inopportuno, un vezzo fuori luogo in un contesto drammatico e doloroso.
Ebbene, il nostro intervento serve allora in primo luogo per contrastare queste posizioni e per affermare che anche in un periodo di emergenza sanitaria la libertà delle idee non può venir meno.
b) Si è soprattutto affermato che il diritto alla salute è il primo, assoluto, diritto della persona, e che ogni altro diritto, comprese la libertà personale e l’economia, devono semplicemente cedere il passo, senza alcun contemperamento tra l’un diritto e l’altro.
La posizione è probabilmente condivisibile di fronte alla pandemia che ancora stiamo vivendo; sia consentito tuttavia sottolineare che una idea del genere non emerge dalla Costituzione, e non è mai stata sostenuta da alcun costituzionalista ad oggi.
In verità, è discutibile si possa porre una scala di valori tra libertà e salute; ciò avviene nei sistemi dittatoriali, non può avvenire nel nostro.
Ad ogni modo, se si vuole, il primo diritto della persona riconosciuto dalla nostra Costituzione è proprio quello della libertà personale, che apre con l’art. 13 la Parte Prima dedicata ai diritti e doveri dei cittadini, mentre la disciplina del diritto alla salute si trova all’art. 32.
E possiamo altresì ricordare che in tempi non sospetti, 1974, un costituzionalista quale Alessandro Pace, con la voce dell’Enciclopedia del Diritto Libertà personale (dir. cost.), scriveva espressamente che “Va subito affermato che non sembra che l’art. 13 possa cedere all’art. 32; pertanto tutte le restrizioni coattive per motivi di sanità devono di necessità seguire la via giurisdizionale prevista da quell’articolo” (pag. 298). Ed ancora Alessandro Paci “D’altro canto mai potrebbe, dall’autorità pubblica, essere invocato l’art. 32 Cost. per derogare, per motivi di salute, alla portata e alle garanzie dell’art. 13” (pag. 296).
Con questo, nessuno vuole prestarsi al gioco di stabilire se viene prima la libertà o la salute; solo sottolineare che ha costituito una novità l’idea che in nome della tutela della salute tutto potesse essere possibile e lecito.
È vero poi che i provvedimenti assunti hanno avuto durata limitata nel tempo; ma è anche vero che essi sono già stati più di una volta prorogati, e non è chiaro il termine entro il quale finiranno definitivamente.
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