In tema di omesso pagamento dell’assegno di mantenimento, l’art. 12 sexies della L. n. 898 del 1970 sanziona la mancata corresponsione dell’assegno senza che sia necessario verificare se ciò abbia o meno comportato il venir meno dei mezzi di sussistenza. Tale automatica tutela vale sia per i figli di genitori separati, sia per quelli divorziati, nonché per i figli della coppie di fatto in virtù dell’estensione ad opera dell’art. 4 della L. n. 54 del 2006 dell’applicabilità della relativa statuizione anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati. Nella fattispecie, trattandosi di genitori non coniugati, la disciplina da applicare era quella di cui all’art. 3 della citata L. n. 54. In base alle dichiarazioni rese dalla persona offesa, era emerso che l’imputato aveva omesso di adempire all’obbligo di mantenimento nei confronti del figlio minore, senza che fosse emersa una qualsiasi circostanza in grado di giustificare tale inadempimento, come l’impossibilità di disporre di redditi per pagare la somma. L’imputato non aveva mai adempiuto correttamente all’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento il che bastava per ritenere integrato il reato de quo.

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Delitti contro l’assistenza familiare – Art. 12 sexies, L. n. 898 del 1970 – Condotta sanzionata – Fattispecie – Applicabilità dell’art. 3, L. n. 54 del 2006 – Sussistenza del reato

TRIBUNALE DI FIRENZE

PRIMA SEZIONE PENALE – COMPOSIZIONE MONOCRATICA

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del popolo italiano

Il Tribunale di Firenze in composizione monocratica nella persona del Giudice dr. Maria Teresa Scinicariello ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei confronti di:

1) DI.AN. nato a Firenze il 01/04/1959 res. in via (…) Firenze con domicilio dichiarato in via (…) Firenze – libero contumace

– difeso dall’avv. di ufficio FE.NE.VE. del foro di Firenze con studio in via (…) Firenze

IMPUTATO

del reato p.p. dagli artt. 81 c.p, 3 L. 54/2006, 12 sexies

1. 898/1970, 570 c.p. per avere, in esecuzione del medesimo disegno criminoso, omesso di versare regolarmente l’assegno di mantenimento, stabilito con provvedimento del Tribunale di Firenze il 7.02.2006, facendo così mancare i mezzi di sussistenza al figlio di età minore GI. (nato n. …).

In Firenze tuttora in corso.

Le parti hanno concluso: come da verbale di udienza

PM: affermazione della penale responsabilità e condanna ex art. 570 c 1 cp. alla pena di giorni 25 di reclusione e condanna di risarcimento del danno di Euro 10 mila o in subordine di una frazionale di Euro 8 mila.

Difesa: assoluzione con la formula di questura, in subordine minimo della pena.

MOTIVI DI FATTO E DIRITTO

L’imputato è stato chiamato a giudizio in forza di decreto di citazione a giudizio emesso dal P.M. e regolarmente notificato, per rispondere dei reati di cui nella rubrica. Nel corso del processo si costituiva parte civile PA.GI. e si procedeva all’istruttoria dibattimentale nello svolgimento della quale le parti producevano i documenti di cui nei verbali.

All’esito prendeva avvio la discussione finale, nel corso di cui il P.M. e la Difesa formulavano le loro conclusioni come in epigrafe riportate e la parte civile depositava nota scritta.

Il Giudice, quindi, pronunciava la sentenza mediante lettura del dispositivo. Dalla deposizione della persona offesa PA.GI. (ud. 27.02.2015) è emerso quanto segue.

L’imputato e GI. avevano una relazione sentimentale da cui il 01.06.1999 nasceva il figlio GI.. La relazione si interrompeva definitivamente nel 2004 (ma, come precisato dalla teste, già dal 2003 l’imputato si era allontanato dalla casa familiare disinteressandosi del figlio ), seguita dalla sentenza emessa dal Giudice di Firenze in data 08.02.2006, a seguito della causa civile intentata da GI. per la determinazione della contribuzione di BI. a favore del figlio minore, in cui veniva fissato in Euro 450 l’ammontare dell’assegno a carico di BI. da corrispondere il giorno 10 di ogni mese a titolo di mantenimento del figlio minore, affidato alla madre, oltre al pagamento del 50 % delle. spese straordinaria.

L’assolvimento di tale obbligo da parte di BI., come ha riportato la teste, è stato sempre alquanto precario sia perché non corrisposto con continuità,, né rispettando la cadenza fissata, sia perché non corrisposto secondo l’importo indicato nella sentenza. Quanto alle spese straordinarie, la teste ha detto, che non sono mai state corrisposte, tanto è vero che GI. si vedeva costretta a richiedere il decreto ingiuntivo per il pagamento di dette spese, a cui BI. si opponeva e ne seguiva perciò il giudizio ordinario definito con sentenza emessa dal giudica di pace il 24.07.2014, con cui BI. era condannato al pagamento delle somma di Euro 2750 corrispondente alle spese straordinarie sostenute negli anni 2011-2012 per il minore (v. copia sentenza in atti versata ).

BI. dal canto suo aveva adito in precedenza il Tribunale di Firenze chiedendo una riduzione dell’assegno di mantenimento di cui nella sentenza dell’08.02.2006, domanda che veniva rigettata dal Giudice con sentenza emessa il 10.07.2014, in cui era disposto anche il prelievo dell’assegno direttamente dallo stipendio elargito dalla società

BI.CO. s.r.l.,. presso cui l’imputato risultava lavorare, prelievo comprensivo della rivalutazione ISTAT a decorrere dal 2004, così come stabilito nella sentenza del 2006, in accoglimento della domanda riconvenzionale di GI. che aveva assunto il parziale adempimento dell’obbligo di mantenimento da parte di BI.. Nel contenuto di questa sentenza è riportato che nel corso del processo il ricorrente aveva versato assegni in mano di GI. relativi ai contributi non versati nei mesi di luglio, agosto, settembre ed ottobre del 2013 a ciò che confermava la irregolarità della corresponsione dell’assegno di mantenimento.

Sempre nel corso della predetta sentenza si dà atto come fosse inesistente la supposta modificazione in peius della situazione economica e tale da non poter assolvere all’obbligo di mantenimento nella misura prefissata dal Giudice di Firenze, come sostenuto da BI., il quale nella sostanza non aveva fornito elementi concreti, per provare tale diminuita consistenza economica.

Questi i fatti pregressi in cui si inseriscono anche le vicende per cui oggi è processo riguardo a cui va evidenziato che GI. sporgeva denunciai il 04.06.2009, lamentando di come BI. non avesse mai pagato l’assegno di mantenimento relativo ai mesi di aprile, maggio e giugno del 2009 e di ottobre I2008.

GI. nel corso dell’esame dibattimentale ha anche precisato che BI. a partire dal 2003 si era completamente disinteressato del figlio, risultando assente anche nelle occasioni significative nella crescita di un adolescente, come il giorno della Prima Comunione ”

La teste ha anche detto, che per provvedere al mantenimento del figlio aveva dovuto accettare di svolgere dei lavori precari ed al nero, di aver dovuto ricorrere al contributo 1 dell’altro suo figlio più’ grande di GI., di essersi dovuta rivolgere al Comune per aver un contributo per il pagamento del canone di affitto.

A tutt’oggi GI. ha precisato, che le mensilità rispetto a cui BI. risulta ancora moroso sono quelle di maggio e giugno del 2014, confermando per quanto riguarda il pregresso, le modalità saltuarie con cui lo stesso aveva corrisposto l’assegno e la mancata contribuzione per le spese straordinarie ancorché da lei comunicategli.

Passando alla valutazione nel merito si deve va innanzitutto evidenziato che a proposito dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dalle persone offese dal reato le SS.UU nella sentenza n. 41461/12 del 19.07.2012, hanno affermato che le regole dettate dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non trovano applicazione relativamente alle dichiarazioni della parte offesa: “queste ultime possono essere legittimamente poste da sole a base dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della loro credibilità soggettiva e dell’attendibilità intrinseca del racconto” (cfr. ex multis e tra le più recenti Sez. 4, n. 44644 del 18/10/2011, F., Rv. 251661; Sez. 3, n. 28913 del 03/05/2011, C., Rv. 251075; Sez. 3, n. 1818 del 03/12/2010, dep.2011, L. C. Rv. 249136; Sez. 6, n. 27322 del 14/04/2008, De Ritis, Rv.240524).

Principio questo ribadito da Sez. IV 26.03.2014 n. 34173 secondo cui:” le regole dettate dall’art. 192 c. Ili c.p.p. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa le quali possono legittimamente esse poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato. Ma ciò deve avvenire previa verifica corredata da idonea motivazione della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto.

Tale verifica inoltre nel caso dev’essere più penetrante e rigorosa rispetto a quelle cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. anzi quando la persona offesa si sia costituita parte civile e sui profili quindi in astratto un suo interesse alla definizione del processo in senso sfavorevole all’imputato, può essere opportuno procedere al riscontro di dichiarazioni con altri elementi

Orbene, le ragioni per le quali nel caso di specie le dichiarazioni rese da GI. sono da ritenere intrinsecamente e oggettivamente attendibili, sono costituite dal fatto che esse hanno trovato univoci e significativi elementi di convergenza negli elementi di carattere documentale acquisiti nel corso dell’istruttoria dibattimentale e costituiti dalle sentenze emesse in sede civile, che danno contezza delle azioni in sede civile intentate da GI. e da BI. e dell’inadempimento dello stresso all’obbligo di versare l’assegno di mantenimento.

A ciò si aggiunge che GI. non ha avuto remore ad ammettere il pagamento, là dove vi è stato, dell’assegno di mantenimento da parte di BI.: ciò che accredita ancor di più la valutazione in termini di attendibilità delle dichiarazioni da lei rese Detto questo va evidenziato, che in tema di omesso pagamento dell’assegno di mantenimento, l’art. 12 sexies cit. sanziona la mancata corresponsione dell’obbligo senza che sia necessario verificare se ciò abbia o meno comportato il venir meno dei mezzi di sussistenza.

Tale automatica tutela vale sia per i figli di genitori separati, sia per quelli divorziati, nonché per i figli della coppie di fatto in virtù’ dell’estensione ad opera della L. 54/2006 art. 4 dell’applicabilità della relativa statuizione anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati. Da ciò ne discende che nel caso de quo trattandosi di genitori non coniugati la disciplina da applicare è quella di cui nel citato art. 3 L. 54/2006, che richiama al suo interno la disposizione dell’art. 12 sexies citato, il che comporta che la configurazione è non già di due reati, ma di uno soltanto e nel caso di quello previsto dall’art. 3 L. 54/2006.

Nel caso di specie deve ritenersi acclarato, in base alle dichiarazioni rese da GI., che l’imputato ha omesso di adempire all’obbligo di mantenimento nei confronti del figlio minore, senza che, sia emersa una qualsiasi circostanza in grado di giustificare tale inadempimento (ad es. l’impossibilità di disporre di redditi per pagare la somma). E’ vero anche che BI. ha adito l’autorità Giudiziaria, per richiedere una riduzione dell’importo dell’assegno, domanda che però di per sé non è stata accolta, anche perché rimasta irrimotivata.

Quanto poi alle spese straordinarie è risultato agli atti che nonostante GI. lo abbia messo al corrente, BI. non vi ha mai assolto.

Ai fini della configurabilità del reato di mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento, non c’è bisogno di dimostrare che il mancato pagamento, o il pagamento inesatto, o il pagamento ritardato, abbiano creato una situazione di disagio tale da mettere in difficoltà relative alle primarie esigenze di vita, la persona che doveva beneficiarne e quindi abbiano fatto mancare i mezzi di sussistenza. Il pagamento non rispondente a quello previsto dalle condizioni di separazione o divorzio è penalmente rilevante e punibile ai sensi dell’art. 570 c.p., anche se non si è determinata la mancanza di beni essenziali.

In questo modo si tutelano anche penalmente tutti quei casi di mancato pagamento che non intacca il sostentamento del beneficiario dell’assegno, valutando che, comunque, sottrarsi all’obbligo previsto dal giudice della separazione o del divorzio è sempre fonte di gravi disagi per il genitore collocatario dei figli e per i figli stessi.

Sulla base di questa premessa nel caso che ci occupa, BBI. non ha nella sostanza mai adempiuto correttamente all’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento e ciò basta per ritenere integrato il reato in contestazione.

Per escludere la responsabilità penale del soggetto obbligato, poi, non basta dimostrare una situazione di difficoltà economica o un intervenuto stato di disoccupazione, fatti che peraltro non risultano in atti avendo scelto l’imputato di rimanere contumace.

Quanto all’ipotesi di reato prevista nell’art. 570 c.p., pur avendo per presupposto l’esistenza di un’obbligazione alimentare, non ha tuttavia carattere meramente sanzionatorio dell’inadempimento del provvedimento del giudice civile che determina l’entità dell’obbligazione. Ciò perché i “mezzi di sussistenza” non si identificano con gli alimenti rispetto ai quali hanno normalmente un contenuto più ristretto, essendo limitati alla corresponsione dello stretto necessario; ma soprattutto perché i relativi obblighi, quello civile e quello penale, hanno natura, funzione, giustificazione e presupposti del tutto diversi.

In conclusione i mezzi di sussistenza comprendono solo ciò che è necessario per la sopravvivenza dei familiari dell’obbligato nel momento storico in cui il fatto avviene.

Pertanto, nell’ipotesi di mancata corresponsione dell’assegno stabilito in sede civile – in tutto o in parte – da parte del coniuge obbligato al versamento, il giudice penale deve accertare se, per effetto di tale condotta, siano venuti a mancare in “concreto” ai beneficiari i mezzi di sussistenza (cfr. Sez. VI, sent. n. 40708/2006).

A questo proposito va richiamata la deposizione resa da GI. nel corso della quale si è dato atto delle obiettive difficoltà che la donna ha dovuto affrontare per assicurare il mantenimento del figlio minore, dovendo anche fruire di contributi esterni. In definitiva, i fatti così come ricostruiti integrano ambedue le fattispecie ascritte all’imputato di cui va ritenuta e dichiarata la penale responsabilità.

Passando al trattamento sanzionatorio, va premesso che va riconosciuto subito il vincolo formale tra i reati in contestazione, poiché è indubbio che con la medesima condotta con cui ha omesso il pagamento dell’assegno di mantenimento, l’imputato non solo si è reso inadempiente all’obbligo stabilito dal Giudice civile, ma ha fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore.

Pertanto valutati i criteri di cui nell’art. 133 c.p. e segnatamente la gravità dei fatti, tenuto conto della reiterazione della condotta e degli effetti deleteri sul mantenimento del minore, si reputa pena equa e conforme a giustizia quella di mesi cinque di reclusione ed Euro 600 di multa ritenuto più” grave il reato ex art. 570 c. Il c.p. (p.b. m. 4 ed Euro 300 aumentata ex art. 81 c. I c.p. alla pena inflitta).

Alla condanna segue per l’imputato l’obbligo al pagamento delle spese processuali. Infine, quanto alle doglianze concernenti le statuizioni civili si deve premettere che è sufficiente l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose, costituendo la relativa pronuncia: “una declaratoria iuris da cui esula ogni accertamento sull’esistenza e sulla misura del danno il quale è rimesso al giudice della liquidazione …il giudice penale, invece, non deve espletare alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile potendo limitare il suo accertamento alla potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e all’esistenza di un nesso di causalità tra questo e il pregiudizio lamentato” (Cass. Sez.V, 19.10.00 Mokali). In merito poi all’assegnazione della somma a titolo di provvisionale la relativa pronuncia è per sua natura insuscettibile di passare in giudicato ed è destinata a essere travolta dall’integrale risarcimento. Da ciò deriva che l’ammontare del quantum è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice che non è tenuto sul punto a dare una specifica motivazione (Sez. IV, sent. 27.09.10 n. 34849).

Pertanto, quanto alla domanda risarcitoria avanzata dalla costituita parte civile, GI. PA. nei confronti dell’imputato deve ritenersi che accertato il fatto e la sua potenziale capacità lesiva, nonché l’esistenza di un nesso di causalità tra questo e il pregiudizio lamentato (cfr.Cass. Sez.V, 19.10.00 Mokali) la domanda stessa deve ritenersi fondata e va pertanto accolta.

L’imputato dev’essere, dunque, condannato al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva per l’ammontare di Euro 10.000 ed infine alle spese di costituzione e difesa ed infine alle spese di costituzione e difesa della parte civile che si liquidano,, in complessive Euro 3.420 in favore dello stato, poiché la parte civile è stata ammessa al beneficio del Patrocino a Spese dello Stato

P.Q.M.

letti gli artt. 533 e 535 c.p.p.

dichiara

BI. AN. colpevole dei reati a lui ascritti e riconosciuto il vincolo tra i fatti ex art. 81 c. I c.p. lo

condanna

alla pena di mesi cinque di reclusione ed Euro 600 di multa oltre al pagamento delle spese processuali

Visti gli artt. 538, 539, 540 e 541 c.p.p. e l’art. 110 c. ult. D.P.R. 115/2002

condanna

il predetto al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile PA.GI. .per la cui liquidazione rimette le parti davanti al competente giudice civile con assegnazione di una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 10.000, oltre interessi legali dalla presente data al di del saldo ed infine al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile che si liquidano in complessive Euro 3.420 oltre accessori come per legge, con pagamento in favore dello Stato.. Letto l’art. 544 c. III c.p.p.

fissa

in giorni novanta il termine per il deposito dei motivi della presente sentenza

Così deciso in Firenze il 22 maggio 2015.

Depositata in Cancelleria il 7 agosto 2015.

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