In tema di riparto di spese condominiali, qualora non possa farsi riferimento ad una tabella millesimale approvata da tutti i condomini, il condomino non può sottrarsi al pagamento della quota, spettando al giudice di stabilire se la pretesa del condominio nei confronti del singolo condomino sia conforme ai criteri di ripartizione che, con riguardo ai valori delle singole quote di proprietà sono stabiliti dalla legge in “subiecta materia”, determinando egli stesso in via incidentale, anche in assenza di specifica richiesta al riguardo, i valori di piano o di porzioni di piano espressi in millesimi

Cass. 27 gennaio 2016 n. 1548
(…) condomino dell’edificio di via (…) opponeva, con rituale citazione, il D.I. provvisoriamente
esecutivo n. (…) emesso dal Tribunale di Roma. Con tale provvedimento monitorio veniva ingiunto
il pagamento della somma di L. 21.251.202 asseritamente dovuta per oneri condominiali inevasi.
Il (…) chiedeva l’annullamento e la revoca dell’opposto D.I. in quanto emesso in base a pretesa
creditoria del Condominio non fondata su dati certi e sulla esistenza di tabelle millesimali
approvate. Costituitosi in giudizio l’opposto Condominio si opponeva alla domanda dell’opponente
e chiedeva il rigetto dell’opposizione. Con sentenza n. 253/2002 l’adito Tribunale di Roma – Sezione
Distaccata di Ostia accoglieva l’opposizione ritenendo, in particolare, che la parte opposta – attrice
in senso sostanziale – non aveva fornito la prova dell’esistenza e dell’entità del credito ingiunto.
Avverso la suddetta decisione del Giudice di prime cure interponeva appello il Condominio,
chiedendo la riforma della gravata sentenza. Resisteva al proposto gravame il (…), che chiedeva la
conferma dell’impugnata sentenza.
Con sentenza n. (…) la Corte di Appello di Roma rigettava il gravame e condannava l’appellante al
pagamento delle spese del grado. Per la cassazione della suddetta decisione della Corte territoriale
ricorre il Condominio con atto affidato a due ordini di motivi. Resiste con controricorso la parte
intimata.
Ritenuto in diritto
1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio, ex “art. 360, n. 3 c.p.c. di violazione e/o falsa
applicazione di norme di legge in relazione agli artt. 63 disp. att. e 2697 c.c.”.
Col motivo qui in esame si deduce, in sostanza, che “la produzione del verbale dell’assemblea
condominiale che approva il rendiconto” sarebbe di per sé idonea a soddisfare le condizioni di
ammissibilità richieste per l’adozione del decreto ingiuntivo.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio, ex “art. 360, n. 3 c.p.c. di violazione e/o
falsa applicazione di norme di legge in relazione all’art. 69 disp. att. c.c.”.
Parte ricorrente si duole dell’erroneità dell’impugnata sentenza in quanto anche in assenza di valide
tabelle, il singolo condomino non poteva sottrarsi all’obbligo pagamento ed in quanto il Giudice
stesso adito avrebbe dovuto determinare egli stesso i valori in base ai quali ripartire le spese.
3.- I due esposti motivi possono essere trattati congiuntamente attesa la loro continuità e contiguità
argomentativa e logica.
Entrambi sono fondati.
L’impugnata sentenza ha correttamente ritenuto, nella fattispecie, la legittimità dell’opposto D.I. Ha
ritenuto, altresì, che nell’instaurato e svolto giudizio di opposizione il “condomino opponente ben
poteva contestare la validità ed efficacia del decreto ingiuntivo” e che al Condominio spettava “l’onere di fornire la prova”.
Orbene le affermazioni poste a base del decisum dalla gravata decisione appaiono carenti rispetto
alla corretta interpretazione ed applicazione delle norme e dei principi ermeneutici applicabili nella
fattispecie. Tanto attesa la particolarità della vicenda in esame contrassegnata dalla pacifica assenza
di una valida ed approvata tabella millesimale di ripartizione delle spese deliberate dall’assemblea
condominiale. Nell’ipotesi la delibera alla cui stregua venivano ripartite le spese (idonea di per sé
alla valida emissione dell’opposto D.I.) ben poteva ritenersi non adeguatamente idonea a
comprovare nel giudizio di opposizione la pretesa creditoria del Condominio. Tanto in dipendenza
dell’accennata inesistenza di valide tabelle eccepita dall’opponente.
In tal caso, tuttavia (e anche al fine di evitare comunque una sorta di esenzione generalizzata del
pagamento a carico del debitore) incombeva comunque al Giudice un onere. E tutto ciò alla stregua,
anche per effetto del principio di seguito affermato, di una corretta applicazione delle norme
invocate con il primo motivo del ricorso in esame.
In particolare vi era un obbligo di verifica dell’esistenza, validità ed efficacia della dellibera in
conformità del valore delle singole posizioni condominiali anche in assenza tabelle regolari. Ed, ancora, se la pretesa del Condominio era o meno conforme a criteri di ripartizione. Giova,
specificamente e con precipuo riferimento al secondo motivo del ricorso, raffermare il principio già
affermato da questa Corte, secondo cui “in tema di riparto di spese condominiali, qualora non possa
farsi riferimento ad una tabella millesimale approvata da tutti i condomini, il condomino non può
sottrarsi al pagamento della quota, spettando al giudice di stabilire se la pretesa del condominio nei
confronti del singolo condomino sia conforme ai criteri di ripartizione che, con riguardo ai valori
delle singole quote di proprietà sono stabiliti dalla legge in “subiecta materia”, determinando egli
stesso in via incidentale, anche in assenza di specifica richiesta al riguardo, i valori di piano o di
porzioni di piano espressi in millesimi” (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 30 luglio 1992, n. 9107).

L’esposto, condiviso e qui ribadito principio rinviene la sua evidente ratio nella necessità di
assicurare comunque le condizioni di corretta continuità gestionale dell’ente condominiale, atteso che – in assenza di una valida approvata tabellabed al cospetto dell’opposizione di un condominio- non potrebbe comunque crearsi e legittimarsi una situazione di totale sottrazione all’obbligo di
contribuire alle spese comuni e, quindi, di paralisi del condominio stesso.

4.- Il ricorso deve essere, dunque, accolto con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e
rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma, affinché la stessa decida la controversia
uniformandosi al principio innanzi formulato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione
della Corte di Appello di Roma.

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