La responsabilità del locatore per i danni derivanti dall’esistenza dei vizi sussiste anche in relazione a vizi preesistenti la consegna ma manifestatisi successivamente ad essa nel caso in cui il locatore poteva conoscere, usando l’ordinaria diligenza, i vizi secondo la disciplina di cui all’art. 1578 c.c.e che il locatore è tenuto a risarcire il danno alla salute subito dal conduttore in conseguenza delle condizioni abitative dell’immobile locato quand’anche tali condizioni fossero note al conduttore al momento della conclusione del contratto, in quanto la tutela del diritto alla salute prevale su qualsiasi patto interprivato di esclusione o limitazione della responsabilità.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 giugno– 19 settembre 2014, n. 19744
Presidente Berruti– Relatore Scrima
Svolgimento del processo
Con atto notificato nel 2003, S.F. e M.P.A. convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Torino, F.P. e deducevano che il (omissis) S.M. , di cui essi erano i genitori, era deceduto per avvelenamento da ossido di carbonio mentre si trovava nel minuscolo bagno dell’alloggio preso in locazione dal proprietario F. .
Deducevano gli attori che la causa dell’evento era individuarsi nel fatto che lo scaldabagno collocato nell’anno 1988 non era stato installato a regola d’arte per insufficienza tanto della capienza del locale quanto del sistema di scarico dei fumi, essendo il condotto di esalazione – pur in seguito, in maniera del tutto anomala, interrotto a causa dello “scriteriato” intervento di chiusura effettuato da soggetti terzi nell’ambito dei lavori di ristrutturazione dei piani superiori – comunque risultato irregolare fin dall’origine, in quanto non collegato ad un apposito cavedio tecnico ma alla canna di deflusso dei fumi delle cucine e privo dello sfiato di riserva.
Sostenevano gli attori che, in ogni caso, l’evento lesivo era riferibile al comportamento negligente del proprietario locatore dell’immobile e ne chiedevano la condanna al risarcimento dei danni morali e patrimoniali da essi subiti in conseguenza del decesso del figlio.
Il convenuto si costituiva contestando la domanda. Si riportava in particolare alle osservazioni della seconda perizia espletata nel processo penale dall’ing. D. che aveva concluso ritenendo essere stata causa preminente l’interruzione del condotto di esalazione in corrispondenza del quarto piano ed aveva rappresentato tale interruzione e il conseguente impedimento alla fuoriuscita dei prodotti della combustione una condizione di per sé sufficiente al crearsi delle condizioni di causa del decesso. Affermava, infine, il convenuto che, in presenza degli ampi margini di sicurezza della normativa, il mancato rispetto di alcune prescrizioni – nella specie tradottosi unicamente in un tiraggio minore e nella mancata realizzazione della ventilazione di sicurezza – aveva comportato l’abbassamento di tale margine ira non necessariamente creato una condizione di pericolosità tale da determinare l’evento ed aveva fornito una serie di osservazioni tecniche che consentivano di escludere ogni sua colpa.
Il Tribunale adito, con sentenza del 2 marzo 2005, assolveva il convenuto e condannava gli attori alle spese, affermando che, nonostante fosse emerso, mediante l’acquisizione delle due perizie d’ufficio effettuate nell’ambito del processo penale, che il F. aveva installato il boiler non conformemente alla normativa di sicurezza allora in vigore ed aveva altresì omesso di dotare il bagno di una presa d’aria, tuttavia, stante l’avvenuta anomala e imprevedibile chiusura della canna fumaria ad opera di soggetti terzi, non era risultato provato che il suo operato fosse causalmente collegato al decesso del figlio degli attori.
Avverso tale decisione S.F. e M.P.A. proponevano appello, cui resisteva il F. .
La Corte di appello di Torino, con sentenza pubblicata in data 11 settembre 2007, in parziale accoglimento dell’appello proposto, dichiarava la responsabilità del F. nella misura di un terzo e lo condannava a risarcire agli appellati i danni agli stessi procurati, liquidati nella somma di Euro 26.667,00 ciascuno, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo, nonché di Euro 2.500,00, oltre rivalutazione sulla somma via via annualmente rivalutata ed interessi dal 19 ottobre 1995 alla data di quella sentenza, oltre interessi legali sull’intera somma dalla data da ultimo indicata al saldo effettivo; regolava le spese del doppio grado di lite.
Avverso la sentenza della Corte di merito S.F. e M.P.A. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di undici motivi.
F.P. ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale articolato in tre motivi, al quale resistono con controricorso i ricorrenti principali.
Motivi della decisione
1. Preliminarmente va dato atto dell’avvenuta riunione ex art. 335 c.p.c. dei ricorsi proposti in via principale e incidentale avverso la medesima decisione.
2. Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma primo numero 3 c.p.c. con particolare riferimento all’inosservanza delle disposizioni contenute nell’art. 2051 codice civile”.
I ricorrenti deducono che nel caso all’esame è pacifico che lo scaldabagno sia stato installato dal proprietario o, comunque, con il suo consenso esplicito, in violazione della normativa di sicurezza e che tale illegittima situazione sia stata la causa del sinistro, sicché la Corte di merito ben avrebbe potuto ritenere operante in capo al proprietario-locatore la presunzione di responsabilità di cui all’art. 2051 c.c, escludendo ogni responsabilità del conduttore.
3. Con il secondo motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma primo n. 3 c.p.c. con particolare riferimento all’inosservanza delle disposizioni contenute nell’art. 2051 codice civile”, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che, in base al disposto dell’art. 2051 c.c.., la responsabilità del custode di un immobile deve essere ripartita tra il proprietario ed il conduttore, in base all’effettiva capacità di controllo sul “bene generatore del danno” rispettivamente da parte dell’uno o dell’altro soggetto (risultando in via generale, quanto agli impianti, controllabili da parte del proprietario le parti interne inserite dentro le strutture murarie e, da parte dell’inquilino, le parti esterne) e che nel caso di specie non potevano che essere ravvisati comportamenti colposi sia del F. che di S.M. . Assumono i ricorrenti che tale motivazione si pone in contrasto con l’art. 2051 c.c., atteso che il conduttore non aveva alcuna disponibilità sulle strutture e sugli apparati dell’immobile che hanno concorso alla causazione del sinistro e che la stessa Corte di merito ha affermato che il proprietario é custode delle parti fisse degli impianti; pertanto, non poteva essere addebitata al conduttore “una custodia in senso tecnico” sui impianti in relazione ai quali non grava sul conduttore il potere dovere di intervenire.
4. Con il terzo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma primo numero 3 c.p.c. con particolare riferimento all’inosservanza delle disposizioni contenute negli artt. 1578 e 1580 codice civile”.
Sostengono i ricorrenti che la Corte di merito, affermando quanto già evidenziato nel secondo motivo, avrebbe erroneamente attribuito al conduttore S. un concorso di colpa in base ad una pretesa applicazione dell’art. 2051 cc, senza tenere conto del disposto di cui agli artt. 1578 e 1580 c.c., in base al quale il locatore è tenuto alla garanzia di tutti i vizi che impediscono in modo apprezzabile l’idoneità della cosa locata all’uso pattuito, ed assumono che, nel caso di specie, non era possibile usufruire, se non a costo della vita, del locale bagno per fare la doccia.
5. Con il quarto motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma primo numero 3 c.p.c. con particolare riferimento all’inosservanza delle disposizioni contenute negli artt. 40 e 41 c.p. e 1227 c.c.”.
I ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha ripartito la responsabilità tra il locatore e il conduttore, sostenendo che la norma di cui all’art. 1227 c.c., concernente il concorso del fatto colposo del creditore, si limita a fare applicazione concreta alla colpa del danneggiato del più generale principio di causalità ed implica che il danneggiato si comporti secondo l’ordinaria diligenza, ma non impone che questi si accolli attività straordinarie e particolarmente onerose per evitare gli effetti dannosi dell’altrui illecita condotta ed evidenziano che, nella specie, il conduttore si era limitato ad effettuare una doccia nel locale destinato dal proprietario a bagno e ad accendere lo scaldabagno per utilizzare la doccia calda.
6. Con il quinto motivo si lamenta ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma primo numero 3 c.p.c. con particolare riferimento all’inosservanza delle disposizioni contenute negli artt. 40 e 41 c.p. e 1227 c.c. in ordine alla suddivisione delle rispettive responsabilità”.
Deducono i ricorrenti che sarebbero comunque errate le percentuali di responsabilità attribuite dalla Corte di merito, essendo di gran lunga maggiore quella del locatore rispetto a quella del conduttore.
7. Con il sesto motivo rubricato “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma primo numero 3 c.p.c. con particolare riferimento all’inosservanza delle disposizioni contenute negli artt. 40 e 41 c.p. e di quelle contenute nella normativa UNI-CIG”, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto di non potersi imputare al F. alcuna responsabilità per aver egli allacciato lo scarico dello scaldabagno ad un improprio cavedio supponendo che, se lo scaldabagno fosse stato collegato ad una canna istituzionalmente devoluta allo scarico dei fumi del gas, la sua ostruzione avrebbe potuto, con buona probabilità, essere evitata, poiché la scriteriata condotta del non identificato terzo di eliminazione di un cavedio tecnico, prima esistente lungo tutta la colonna di un condominio è venuta a costituire proprio il fattore eccezionale di cui all’art. 41 che ha interrotto qualsiasi nesso causale con la condotta del F. .
Sostengono i ricorrenti che se il tubo di smaltimento dei gas fosse stato posizionato esternamente, nonostante l’illegittimo posizionamento del boiler a gas, probabilmente non si sarebbe verificato l’evento dannoso che é, a loro avviso, eziologicamente riconducibile proprio all’illegittimo posizionamento del tubo di fuoriuscita dei gas di scarico in quello che doveva solo ed esclusivamente servire per smaltire i vapori delle cucine.
8. Con il settimo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma primo numero 3 c.p.c. con particolare riferimento all’inosservanza delle disposizioni contenute negli artt. 40 e 41 c.p.) 1227 c.c., 2051 c.c. e di quelle contenute nella normativa UNI-CIG”.
Sostengono i ricorrenti che il comportamento omissivo imputato dalla Corte di merito al S. – il non aver aperto la finestra per fare la doccia — non é sanzionato da alcuna normativa ed evidenziano che il conduttore ha solo utilizzato il bene secondo la sua destinazione, senza modificarne lo stato.
9. Con gli ulteriori mezzi i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per vizi di motivazione ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., in particolare lamentano motivazione contraddittoria con l’ottavo e il nono motivo, motivazione contraddittoria ed insufficiente con il decimo motivo e motivazione insufficiente con l’undicesimo motivo.
10. I motivi settimo, ottavo, nono, decimo e undicesimo sono inammissibili.
In relazione ai predetti motivi, infatti, non risultano osservati i requisiti di ammissibilità di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal d.lgs. n. 40 del 2006 ed applicabile, ratione temporis, nella fattispecie all’esame, trattandosi di ricorso avverso sentenza pubblicata in data 11 settembre 2007.
10.1. In particolare, in ordine al settimo motivo non è stato formulato il pur necessario quesito di diritto (v. Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass. 7 aprile 2009, n. 8463; Cass. 25 febbraio 2009, n. 4556; Cass. 9 maggio 2008, n. 11535; Cass., sez. un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., sez. un., 29 ottobre 2007, n. 22640; Cass., sez. un., 21 giugno 2007, n. 14385).
10.2. I motivi dall’ottavo all’undicesimo non sono assistiti, in relazione ai dedotti vizi motivazionali, da distinti momenti di sintesi (c.d. quesiti di fatto) che mettano in luce i fatti controversi ovvero le contraddizioni e le deficienze della motivazione della sentenza impugnata, nel contesto della specifica fattispecie dedotta in giudizio, secondo le prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c., nella lettura datane dal “diritto vivente” (v., ex plurimis, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass., ord., 18 luglio 2007, n. 16002; Cass. 19 maggio 2011, n. 11019; Cass. 27 ottobre 2011, n. 22453 e Cass. 18 novembre 2011, n. 24255).
11. Passando quindi all’esame dei restanti motivi del ricorso principale, si evidenzia che va scrutinato per primo il terzo mezzo. 11.1. Il F. ha eccepito l’inammissibilità della censura di cui al mezzo da ultimo richiamato perché costituente domanda nuova o comunque manifesta modificazione di quella proposta nei gradi di merito, per aver gli attuali ricorrenti sempre sostenuto la responsabilità dell’attuale controricorrente ricorrente incidentale per negligenza ed imperizia nell’installazione del boiler a gas con conseguente responsabilità di natura risarcitoria extracontrattuale, senza proporre domanda di risarcimento danni di natura contrattuale.
Osserva questa Corte che alle questioni proposte con il mezzo all’esame fa chiaramente cenno la sentenza impugnata (p. 13), censurata proprio al riguardo dallo stesso F. con il terzo motivo di ricorso incidentale, sicché non sussiste l’eccepita inammissibilità per novità della censura (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675).
11.2. Sono, invece, fondate le doglianze sollevate dai ricorrenti principali. Ed invero questa Corte ha affermato che la responsabilità del locatore per i danni derivanti dall’esistenza dei vizi sussiste anche in relazione a vizi preesistenti la consegna ma manifestatisi successivamente ad essa nel caso in cui il locatore poteva conoscere, usando l’ordinaria diligenza, i vizi secondo la disciplina di cui all’art. 1578 c.c. (Cass. 9 luglio 2008, n. 18854 e Cass. 10 agosto 1991, n. 8729) e che il locatore è tenuto a risarcire il danno alla salute subito dal conduttore in conseguenza delle condizioni abitative dell’immobile locato quand’anche tali condizioni fossero note al conduttore al momento della conclusione del contratto, in quanto la tutela del diritto alla salute prevale su qualsiasi patto interprivato di esclusione o limitazione della responsabilità (Cass. 3 febbraio 1999, n. 915).
11.3. La Corte di merito non si è attenuta ai richiamati principi.
11.4. Il motivo all’esame va pertanto accolto.
12. L’accoglimento del terzo motivo del ricorso principale comporta l’assorbimento dell’esame dei restanti motivi primo, secondo, quarto, quinto e sesto.
13. Il ricorso principale va, quindi, accolto per quanto di ragione.
La Corte di rinvio dovrà attenersi ai principi sopraenunciati, procedendo peraltro ad accertare le condizioni di abitabilità dell’immobile ed in particolare di utilizzabilità in sicurezza del bagno al momento della consegna del bene al conduttore S. .
14. Con il primo motivo del ricorso incidentale si lamenta “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 co. 1 nr. 3 in relazione all’inosservanza delle disposizioni ex art. 2051 c.c.”.
Assume il F. che la Corte di merito, avendo accertato e riconosciuto che l’occlusione del condotto è elemento esterno costituente proprio quel fatto fortuito estraneo che esclude il nesso di causalità fra la responsabilità del proprietario e l’evento, ai sensi dell’art. 2051 c.c., avrebbe dovuto escludere la presunzione circa la sua responsabilità.
15. Con il secondo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 co. 1 nr. 3 c.p.[c.] con riferimento alle disposizioni di cui agli artt. 40 e 41 c.p.”.
Il F. sostiene che la Corte di merito, avendo riconosciuto all’interruzione del cavedio tecnico prima esistente su tutta la colonna del condominio il carattere di eccezionale causa sopravvenuta sufficiente a determinare l’evento, avrebbe dovuto escludere in capo a lui ogni responsabilità a titolo di concorso ovvero quanto meno dare atto della mancanza di prove attendibili della ragionevole probabilità del nesso causale tra tale condotta negligente e l’evento.
16. Con il terzo motivo si deduce “motivazione insufficiente e contraddittoria con fatto controverso decisivo per il giudizio”. Lamenta il controricorrente ricorrente incidentale che la Corte di merito gli abbia attribuito un concorso di colpa ritenendo che nella sua qualità di proprietario non aveva dimostrato di aver adempiuto all’onere di consegnare agli affittuari; utilizzatoti dell’appartamento un impianto in piena efficienza e privo di carenze funzionali e strutturali, così contraddicendo quanto dalla stessa Corte ritenuto in relazione al carattere di causa eccezionale ed imprevedibile alla riconosciuta anomala interruzione della canna fumaria tale da interrompere ex art. 41 c.p. qualsiasi nesso causale tra la condotta pur negligente del F. e l’evento.
17. Tutti i motivi del ricorso incidentale sono inammissibili, tendendo i primi due, in sostanza, ad una rivalutazione del merito, inammissibile in questa sede, e non essendo il terzo corredato di un autonomo e distinto momento di sintesi (c.d. quesito di fatto) e a tale ultimo riguardo si richiama quanto già evidenziato al paragrafo 10.2..
18. Il ricorso incidentale deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
19. Conclusivamente il ricorso principale va accolto per quanto di ragione; il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile; la sentenza impugnata va cassata in relazione alla censura accolta; con rinvio -anche per le spese del presente giudizio di cassazione – alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, che si uniformerà al suddetto principio di diritto e a quanto sopra evidenziato.
P.Q.M.
La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, accoglie per quanto di ragione il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione.