E’ certo che il contestato reato di cui all’art. 677 cod. pen., comma 3, è integrato, nella sua materialità, dalla minaccia di rovina da cui derivi pericolo per le persone di un “edificio” o di una “costruzione” imponendo, per il principio di tipicità, il divieto di analogia in malam partem per ciò che non attiene a edifici e costruzioni che possano rovinare, come avvenuto nella fattispecie ove viene messa in evidenza la mera non corretta edificazione di una canna fumaria comportante, non il pericolo di crollo della medesima, ma solo una paventata dispersione di fumi non consentiti

 

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 11– 30 giugno 2014, n. 28128
Presidente Giordano – Relatore Barbarisi

Svolgimento del processo

1. — Con sentenza deliberata in data 4 ottobre 2013, depositata in cancelleria l’8 ottobre 2013, il Tribunale di Aosta dichiarava C.P. e D.G. colpevoli del reato di cui all’art. 677 cod. pen. condannandoti alla pena ritenuta di giustizia.
1.1. — Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata C. e D. quali legali rappresentanti della società ED.E.RA, società proprietà ria dell’immobile sito in (omissis) , al termine dei lavori di ristrutturazione, avevano omesso di provvedere a quanto necessario a rimuovere il pericolo (anche per le persone) derivante dai lavori eseguiti sulle canne fumarie dell’immobile che risultavano prive della parte terminale necessaria per assicurare il separato deflusso dei fumi.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore avv. Dario Frassy, hanno interposto tempestivo ricorso per cassazione C.P. e D.G. chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizi

motivazionali.
In particolare dal ricorrente C.P. , con ricorso redatto a ministero dell’avv. Dario Frassy, sono stati sviluppati tre motivi di gravame:
a) con la prima doglianza veniva rilevata l’intervenuta prescrizione del reato atteso che stante la natura permanente del reato la perdita della proprietà dell’immobile, venduto in data 8 settembre 2010, è maturata in data 7 settembre 2013;
b) con la seconda censura veniva eccepita l’erronea applicazione dell’art. 677 cod. pen. che non è applicabile alla fattispecie di causa non essendosi verificato alcun pericolo di crollo o rovina totale o parziale di edificio; interessata pertanto è solo fa impiantistica.
c) con il terzo motivo di gravame veniva evidenziata la carenza di prova non risultando il fatto dimostrato né dalla relazione del CTU redatta in sede civile né dalla deposizione testimoniale che è generica e priva di qualsiasi valore probatorio.

Motivi della decisione

3. — Il ricorso è fondato e merita accoglimento: la sentenza impugnata va annullata senza rinvio con le determinazioni di cui in dispositivo.
3.1 — Deve rilevarsi che il reato contestato, pur nella scarsa chiarezza del capo di imputazione e ancor più della sentenza gravata, parrebbe attenere a una problematica di possibile inquinamento atmosferico derivante dal fatto che le canne fumarie sarebbero risultate prive della parte terminale onde assicurare il separato deflusso dei fumi. Se così è, non poteva allora essere contestato il reato di cui all’art. 677 c.p., comma 2, previsto specificatamente per l’ipotesi della rovina di un edificio o di una costruzione come si evince chiaramente dal tenore della norma.
La giurisprudenza è consolidata sul punto, avendo avuto modo di chiarire più volte che la contravvenzione in parola sussiste solo nel caso in cui chi ha l’obbligo di intervenire per scongiurare il pericolo di rovina di un edificio o costruzione, totale o parziale, omette di farlo. Sul punto, in termini, va richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui non integra la contravvenzione di omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina colui che non provvede a rimuovere o mettere in sicurezza la parte di un fabbricato (Sez. 1, 6 aprile 2011, n. 16512, Scicolone, rv. 250425).
3.2 — E molto chiaramente nella sentenza di legittimità citata si afferma che è del tutto certo che il contestato reato di cui all’art. 677 cod. pen., comma 3, è integrato, nella sua materialità, dalla minaccia di rovina da cui derivi pericolo per le persone di un “edificio” o di una “costruzione” imponendo, per il principio di tipicità, il divieto di analogia in malam partem per ciò che non attiene a edifici e costruzioni che possano rovinare, come avvenuto nella fattispecie ove viene messa in evidenza la mera non corretta edificazione di una canna fumaria comportante, non il pericolo di crollo della medesima, ma solo una paventata dispersione di fumi non consentiti (circostanza peraltro su cui il primo giudice nulla argomenta).
Le argomentazioni di cui sopra (di non sussistenza del reato) pone in secondo piano l’eccezione prescrittiva sollevata in ricorso e fatta valere anche dal Procuratore Generale in udienza, eccezione peraltro di cui non ricorrerebbero gli estremi.
4. — Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 620 cod. proc. pen. come da dispositivo.

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

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