Gli interventi consistenti nella installazione di tettoie o di altre strutture che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi, cioè non compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al regime del permesso di costruire soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) dell’immobile cui accedono.

 

T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 04-06-2014, n. 3069
EDILIZIA E URBANISTICA
Demolizione di costruzioni abusive

Fatto – Diritto P.Q.M.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3859 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Pane Immacolata,

rappresentata e difesa dall’avv. Paola Astarita, con domicilio eletto presso la Segreteria T.A.R. Campania, p.zza Municipio;

contro

Comune di S. Agnello, in persona del sindaco p.t.,

rappresentato e difeso dagli avv.ti Ferdinando Pinto, Giulio Renditiso e Rosa Persico, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. E. Furno, alla via Cesario Console, 3;

per l’annullamento

dell’ordinanza n. 59 del 14 aprile 2008 di demolizione e del provvedimento prot. n. 16162 del 9 ottobre 2008 recante accertamento di inottemperanza ex art. 31 terzo comma D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di S. Agnello;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 maggio 2014 il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Parte ricorrente contesta la legittimità dell’ordine di demolizione n. 59 emesso in data 14 aprile 2008 dall’Ufficio Tecnico – Settore Urbanistica del Comune di Sant’Agnello (NA) avente ad oggetto i seguenti manufatti, realizzati in difetto di permesso di costruire presso l’immobile sito alla via Traversa Selva n. 6:

I) al piano terra, realizzazione di:

1. “una veranda parte in muratura e parte chiusa con infissi in alluminio preverniciati e vetri, in sostituzione di una baracca in lamiere, avente dimensioni in pianta di circa mq. 16,82 ed altezza di circa mt. 3,00”;

2. “due locali seminterrati aventi dimensioni complessive di circa mq. 38,80 ed altezza interna di circa mt. 2,50, adibiti a cantina/box auto”;

II) al primo piano:

3. “ampliamento del preesistente terrazzo di circa mq. 6,08”;

4. “prolungamento del preesistente terrazzo antistante il fabbricato utilizzando la copertura dei locali posti a piano terra e di cui al punto 2), nonché la installazione di un cancello in ferro sorretto da pilastrini in muratura posto a delimitazione della proprietà con la pubblica via, previa demolizione di una preesistente baracca in lamiere”;

5. “esecuzione di tettoia in tegole chiusa per i lati liberi da muretto avente altezza di circa mt. 1,00 e sovrastanti infissi in alluminio e vetri, il tutto per circa mq. 31,02”;

6. “prolungamento della copertura in tegole a doppia falda per una superficie di circa mq. 34,78 delimitata per i lati liberi da muretto basso, il tutto posto a protezione di un forno a legna a carattere familiare”.

A sostegno dell’esperito gravame la deducente svolge i seguenti profili di illegittimità: violazione e falsa applicazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, violazione e falsa applicazione della L.R. 28 novembre 2001, n. 19, violazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, eccesso di potere, inesistenza dei presupposti in fatto e in diritto, sviamento, istruttoria carente, violazione del giusto procedimento, carenza della motivazione.

Con successivo atto di motivi aggiunti l’istante grava il provvedimento prot. n. 16162 del 9 ottobre 2008 recante accertamento di inottemperanza all’ordine demolitorio.

Conclude con la richiesta di accoglimento del gravame e di annullamento degli impugnati provvedimenti.

Il Comune di Sant’Agnello si è costituito in giudizio e controdeduce alle censure di parte ricorrente.

Alla pubblica udienza del 15 maggio 2014 la causa è stata spedita in decisione.

Con un primo ordine di rilievi la ricorrente assume che le opere eseguite al piano terra indicate ai punti 1 e 2 (veranda e n. 2 locali seminterrati) e quelle realizzate al primo piano di cui ai punti 3 e 4 (ampliamento e prolungamento del preesistente terrazzo) consisterebbero in meri interventi di ristrutturazione edilizia soggetti all’applicazione dell’art. 33 del D.P.R. n. 380 del 2001 non dando vita a strutture autonomamente utilizzabili ma funzionalmente collegate al manufatto principale.

Lamenta, quindi, che l’amministrazione avrebbe erroneamente irrogato la sanzione demolitoria ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001 prevista per gli interventi di nuova costruzione, anziché ai sensi dell’art. 33 per gli interventi di ristrutturazione: di conseguenza contesta il successivo provvedimento acquisitivo in quanto, a differenza dell’art. 31, l’art. 33 non contempla l’acquisizione delle opere al patrimonio comunale in caso di mancata ottemperanza all’ordine di demolizione.

Quanto agli ulteriori abusi indicati ai punti 5 e 6 (tettoia e prolungamento della copertura con superficie di circa mq. 34,78) l’esponente assume trattarsi di mere attività di manutenzione ordinaria soggette a denuncia di inizio attività e, pertanto, sanzionabili unicamente con l’irrogazione di una sanzione pecuniaria.

Le argomentazione non persuadono.

Le opere de quibus non possono essere qualificate come di ristrutturazione edilizia, visto che l’art. 3, comma 1, lett. d), del T.U. 380/2001 qualifica come tali tutti quegli interventi che riguardano gli elementi costitutivi di un edificio preesistente e/o impianti, ma non ricomprende l’ampliamento del fabbricato mediante creazione di nuovi volumi (T.A.R. Marche, 23 gennaio 2014 n. 110; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 15 novembre 2013 n. 556; T.A.R. Lazio, Roma, 2 ottobre 2013 n. 8539): ed invero, perfino la demolizione e ricostruzione presuppongono la conservazione della medesima volumetria preesistente, fatti salvi quegli incrementi indispensabili ai fini del rispetto della normativa antisismica.

Nella fattispecie, viceversa, è stata creata volumetria aggiuntiva (es. veranda chiusa con infissi e locali seminterrati) rispetto a quella dell’edificio principale, il che determina ex se incremento del carico urbanistico: trattandosi di nuova costruzione realizzata in difetto di idoneo titolo abilitativo (permesso di costruire), l’amministrazione ha correttamente applicato l’ingiunzione demolitoria ai sensi dell’art. 31, secondo comma, T.U. Edilizia secondo cui “Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3”.

Analoghe considerazioni vanno svolte in relazione alla tettoia e al prolungamento della copertura in tegole a doppia falda (punti 5 e 6 del provvedimento impugnato).

A tale proposito, si rammenta che gli interventi consistenti nella installazione di tettoie o di altre strutture che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi, cioè non compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al regime del permesso di costruire soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) dell’immobile cui accedono; tali strutture non possono viceversa ritenersi installabili senza titolo concessorio allorquando le loro dimensioni siano di entità tale da arrecare una visibile alterazione all’edificio o alle parti dello stesso su cui vengono inserite; quando, quindi, per la loro consistenza dimensionale non possono più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione della accessorietà, nell’edificio principale o della parte dello stesso cui accedono.

In tale ultima ipotesi rientra la tettoia di cui si controverte (recante superficie coperta di mq. 31) ed il prolungamento della copertura (superficie di mq. 35 circa), tenuto anche conto dei materiali utilizzati privi dei connotati della precarietà che rendono evidente la destinazione ad esigenze non già temporanee e contingenti, ma durevoli nel tempo, con conseguente incremento del godimento dell’immobile cui ineriscono e del relativo carico urbanistico.

Ne consegue che, anche con riguardo a tali manufatti, l’ordine di demolizione è stato legittimamente adottato ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001.

Resta peraltro dimostrata anche l’infondatezza della censura che attiene al difetto di motivazione posto che, con l’indicazione dello stato di consistenza delle opere e della mancanza di idoneo titolo abilitativo, l’amministrazione ha congruamente illustrato le ragioni logico – giuridiche sottese all’adozione del gravato ordine demolitorio.

Si aggiunga che, nella fattispecie in esame, il Comune ha adempiuto l’onere motivazionale rinviando alla relazione dell’Ufficio Tecnico Comunale redatta a seguito di sopralluogo effettuato il 13 febbraio 2008: contrariamente a quanto sostenuto nel gravame, la mancata allegazione dell’atto istruttorio endoprocedimentale espressamente menzionato non determina l’illegittimità del provvedimento finale motivato “per relationem”, rilevando al più come mera irregolarità che impedisce il decorso del termine di impugnazione (T.A.R. Liguria, 22 gennaio 2011 n. 150; T.A.R. Lombardia, Milano, 26 maggio 2003 n. 2378).

Con altra censura parte ricorrente lamenta l’illegittimità dell’azione amministrativa in quanto il Comune avrebbe trascurato di valutare la sanabilità delle opere ai sensi delle vigenti disposizioni urbanistiche.

La deduzione si infrange contro il consolidato indirizzo pretorio secondo cui l’accertamento di conformità di cui all’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 va effettuato su iniziativa dell’interessato (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 6 novembre 2008 n. 19290; T.A.R. Lazio, Roma, 4 settembre 2009 n. 8389), posto che la normativa urbanistica non pone alcun obbligo in capo al Comune, prima di emanare l’ordinanza di demolizione, di verificarne la sanabilità.

E’ palesemente infondato l’ultimo rilievo che attiene alla mancata esplicitazione dell’interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi. Ciò in quanto l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato e, quindi, non richiede una specifica valutazione delle ragioni d’interesse pubblico, anche di natura urbanistica ed ambientale, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati: difatti, il presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione è costituito soltanto dalla constatata esecuzione dell’opera in totale difformità dal titolo edilizio o in assenza del medesimo, con la conseguenza che tale provvedimento, ove ricorrano i predetti requisiti, è sufficientemente motivato con l’affermazione dell’accertata abusività dell’opera, essendo in re ipsa l’interesse pubblico alla sua rimozione (Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 aprile 2004 n. 2529; T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 2 dicembre 2004 n. 18085).

Le ragioni illustrate conducono alla reiezione del ricorso introduttivo proposto avverso l’ordine di demolizione, così come dei motivi aggiunti concernenti il successivo provvedimento acquisitivo adottato dal Comune ex art. 31, terzo comma, del T.U. Edilizia.

In ordine a tale ultimo atto si rammenta che l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’immobile abusivo costituisce effetto automatico della mancata ottemperanza all’ordinanza di demolizione, ha natura meramente dichiarativa e non implica scelte di tipo discrezionale, con la conseguenza che, ai fini della sua adozione, una volta avveratisi i suddetti presupposti, non incombe sull’amministrazione un peculiare obbligo di motivazione in ordine alla misura dell’acquisizione; né può assumere rilevanza l’assenza di motivazione specifica sulle ragioni d’interesse pubblico perseguite mediante l’acquisizione, essendo “in re ipsa” l’interesse all’adozione della misura, stante la natura interamente vincolata del provvedimento (T.A.R. Campania, Napoli, 11 ottobre 2013 n. 4573; Consiglio di Stato, Sez. V, 15 luglio 2013 n. 3834). Si aggiunga che, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte ricorrente, l’ordinanza demolitoria ed il successivo atto acquisitivo specificano dettagliatamente le porzioni immobiliari abusive acquisite di diritto al patrimonio comunale ai sensi del predetto art. 31, terzo comma, T.U. Edilizia.

In conclusione, le richiamate considerazioni conducono al rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti, pur disponendosi la compensazione integrale delle spese di giudizio in considerazione della complessiva condotta processuale delle parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima), pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Alessandro Pagano, Presidente

Fabio Donadono, Consigliere

Gianluca Di Vita, Primo Referendario, Estensore

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