Al coniuge superstite è attribuito dalla legge il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e l’uso dei mobili che la arredano. Il diritto alla conservazione dell’abitazione familiare è riferito in via esclusiva il coniuge e solo di riflesso si estende anche ai figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti. Quando però sorge conflitto tra coniuge titolare del diritto di abitazione e figlio maggiorenne autosufficiente, prevale necessariamente il diritto del primo, anche se il figlio convivente ha il possesso derivante dalla comproprietà ereditaria. Il diritto attribuito al coniuge, quindi, costituisce una deroga alla regola generale della comunione che prevede che ciascun comunista possa fare uso della cosa comune.

TRIBUNALE DI TARANTO

II SEZIONE

(IL GIUDICE – dott. Claudio Casarano)

ORDINANZA ex art. 702 bis c.p.c. (2577-13)

il fondamento della domanda

La sig.ra M. C. affermava di essere comproprietaria, in regime di comunione legale dei beni con il proprio coniuge, dell’immobile situato in Taranto, alla via X. 77.

In data 01-09-2000, aggiungeva l’istante, decedeva il proprio marito e succedevano nella quota del 50%, caduta nella massa ereditaria, oltre a lei, i due figli G. e M..

Da quella data, precisava la ricorrente, la figlia, già da tempo autonoma economicamente, ha continuato ad occupare la predetta abitazione quale sua ospite, senza peraltro mai contribuire agli oneri gravanti su di essa.

La convivenza con la figlia, aggiungeva la ricorrente, era da tempo divenuta intollerabile, tanto da averla portata ad esperire, senza successo, nel giugno del 2011 analoga azione a quella qui introdotta, ma nella forma dell’art. 700 c.p.c..

Nel presupposto che fosse titolare della maggior quota e soprattutto nella sua veste di titolare del diritto di abitazione ex art. 540, II co., e dell’uso dei mobili che l’arredano, chiedeva, ex art. 702 bis c.p.c., che la figlia fosse condannata all’immediato rilascio del bene.

la difesa della resistente

La resistente incentrava la sua difesa sul rilievo che mai il diritto di abitazione accampato avrebbe potuto comportare la sua esclusione dal godimento dell’abitazione famigliare.

Osservava la difesa resistente che, sebbene pro quota, le spettava il compossesso

dell’abitazione a titolo di comproprietà e quindi il suo godimento, compatibilmente con la sua destinazione.

In secondo luogo sosteneva che il diritto di abitazione assicurato al coniuge dall’art. 540, II co., mai avrebbe potuto implicare l’azzeramento del suo compossesso, peraltro esercitato da molto tempo; anche perché, rimarcava, il diritto di abitazione accampato non poteva equipararsi al diritto di usufrutto e la propria situazione soggettiva farsi rientrare così, come faceva la controparte, alla nuda proprietà.

Senza necessità di istruttoria la causa veniva riservata per la decisione all’udienza del 16-10-2013.

la prevalenza del diritto del coniuge ex art. 540, II co., c.c. sul confliggente compossesso a titolo di comproprietà della figlia

Nessun dubbio sulla ricorrenza, ex art. 540, II co. c.c., del diritto di abitazione in capo alla ricorrente quale coniuge del de cuius.

Può però intendersi esteso al punto da prevalere sul compossesso, pro quota, spettante alla figlia convivente?

Deve ritenersi che nel caso in cui sorga conflitto tra il coniuge, che sia titolare del diritto di abitazione, oltre che dell’uso dei mobili che l’arredano, ex art. 540, II co., c.c., e la figlia comproprietaria, pur se convivente, debba prevalere necessariamente il primo.

Il diritto di abitazione infatti è attribuito soltanto al coniuge.

La previsione di legge garantisce così al coniuge superstite in via esclusiva, e di riflesso eventualmente ai figli minorenni e maggiorenni non autosufficienti, la conservazione dell’abitazione famigliare( in linea peraltro con il favor per la famiglia garantito dall’art. 29 della Cost.).

Trattandosi di diritto reale, acquisito al patrimonio del coniuge superstite per effetto di un legato ex lege, non sarebbe neanche necessaria la trascrizione per l’opponibilità ai terzi( salvo che si tratti di bene già ipotecato, prima cioè dell’insorgenza del diritto di abitazione).

Diritto reale che quindi non viene meno neanche con lo scioglimento della comunione( ed a

differenza del diritto personale atipico di abitazione garantito al coniuge divorziato, che perdura invece solo fino a quando si tratti di tutelare la prole).

Quando però sorge il conflitto, come nel caso in esame, tra il titolare del diritto in parola e la figlia maggiorenne autosufficiente, questa non può vantare un egual diritto sull’abitazione ed il mobilio.

Beninteso può agire per lo scioglimento della comunione ex art. 1111 c.c. ed ottenere così la liquidazione della quota, ma sempre facendo salvo il diritto reale di abitazione; coerentemente sulla determinazione della quota ad essa spettante peraltro inciderà il valore da attribuire al diritto di abitazione in parola ex art. 540, II co., c.c.-.

In altri termini l’attribuzione ex art. 540, II o., c.c. al coniuge superstite del diritto di abitazione finisce con l’atteggiarsi come una deroga all’art. 1102 c.., che invece prevede la regola generale dell’eguale diritto dei comunisti di fare uso della cosa.

Del resto se così non fosse, si dovrebbe garantire anche all’altro figlio, comproprietario, pur se non convivente, l’uso della cosa comune.

Il che, in presenza del diritto di abitazione in capo al solo coniuge ex art. 540, II co. c.c., evidentemente non può ammettersi.

Né la lunga convivenza della figlia – si ricordi completamente autonoma sul piano economico – con la madre può portare ad un esito processuale diverso, dal momento che avrebbe al più dato vita ad una forma di detenzione precaria, equiparabile a quella del comodatario.

In considerazione della problematicità della controversia, è giusto compensare le spese.

P.T.M.

Il Tribunale decidendo sulla domanda proposta con ricorso del 22-04-2013 dalla sig.ra M. C. nei confronti della sig.ra G. M., così provvede:

Accoglie la domanda e condanna la resistente all’immediato rilascio dell’immobile situato in Taranto alla via X. 77;

Spese compensate.

Ordinanza immediatamente esecutiva.

5.11.2013

Il giudice
Fonte: altalex

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