L’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli non cessa, ipso facto, con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell’obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività economica dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso.

 

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 9 luglio – 29 ottobre 2013, n. 24424
Presidente Di Palma – Relatore Bisogni

1. Con sentenza del 31 gennaio 2008 il Tribunale dì Civitavecchia ha definito il giudizio di divorzio fra G.P. e S.F. disponendo l’assegnazione della casa coniugale alla F. e l’obbligo, a carico del P., di corresponsione di un assegno di mantenimento di 300 euro mensili, in favore dei due figli maggiorenni ma non ancora indipendenti economicamente.
2. Ha proposto appello G.P.. lamentando che il Tribunale non avesse percepito la sua reale situazione economica, deterioratasi a seguito del suo perdurante stato di disoccupazione e tale da non consentirgli il versamento del predetto assegno in favore dei figli che ormai svolgevano entrambi attività lavorativa e potevano considerarsi indipendenti.
3. Si è costituita la F. e ha contestato le affermazioni dell’appellante circa la sua attuale consistenza economica. Ha rilevato che le capacità professionali di cuoco consentivano al P. di reperire una nuova occupazione.
4. La Corte di appello di Roma con sentenza del 18 maggio – 1 giugno 2011 ha respinto l’impugnazione dei P. rilevando che l’appellante non aveva dimostrato cause ostative al reperimento di una nuova occupazione e che i due figli, dagli elementi acquisiti in istruttoria, non risultavano aver raggiunto l’autonomia economica dai genitori.
5. Ricorre per cassazione il P., affidandosi a due motivi di impugnazione con i quali deduce la violazione: a) dell’art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione agli artt. 147 e 148 c.c. per non aver riscontrato la responsabilità dei due figli nel non aver ancora raggiunto una piena autonomia economica; b) dell’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. in relazione agli artt. 115 c.p.c:. e 3 della Costituzione per aver considerato con ottica simmetricamente opposta la situazione occupazionale del ricorrente, addebitandogli la responsabilità di non aver reperito una nuova occupazione, e quella dei figli.
6. Sì difende con controricorso S.F. ed eccepisce l’inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale del difensore del P., per la mancata esposizione sommaria dei fatti di causa e la mancata indicazione degli atti e documenti su cui si fonda il ricorso e la sua procedibilità per mancata presentazione dell’istanza di acquisizione del fascicolo di inficio. Nel merito contesta che dall’istruttoria s a emersa una qualche responsabilità dei figli per il mancato raggiungimento di una piena autonomia economica e rileva come una tale prova era in ogni caso a carico del ricorrente che non l’ha fornita.

Ritenuto che

7. Le eccezioni di inammissibilità e improcedibilità apppaiono infondate essendo la procura in calce al riccorso chiaramente riferibile al presente giudizio e contenendo il ricorso una sintetica esposizione dei fatti di causa mentre, per quanto riguarda l’indicazione degli atti e documenti su cui il ricorso si fonda, deve ritenersi che il P. abbia basato il proprio ricorso proprio sul tenore testuale della sentenza impugnata di cui ha contestato alcuna affermazioni in relazione all’interpretazione che ha prospettato degli artt. 147 e 148 c.c. e dall’art. 115 c.p.c.
8. il ricorso appare infondato perché le dedotte violazioni di legge appaiono palesemente inesistenti a fronte della motivazione della sentenza della Corte di appello di Roma che ha evidenziato come il modesto contributo economico posto a carico del Prati è sostenibile sulla base delle sue capacità lavorative e della possibilità di reperire occupazione anche saltuaria, mentre, per quanto riguarda i figli, la pretesa del ricorrente di dedurre una responsabilità a loro carico per la situazione di dipendenza economica dai genitori è chiaramente in contrasto con la giurisprudenza consolidata in materia di obblighi di contribuzione dei genitori nei confronti dei figli maggiorenni secondo cui l’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli, secondo le regole degli artt. 147 e 148 cod. civ., non cessa, ipso facto, con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell’obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività economica dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso (Cass. Civ., sezione I, n. 19589 del 26 settembre 2011).
Ritenuto che tale relazione sia pienamente condivisibile e che pertanto il ricorso per cassazione debba essere respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 1.000 euro di cui 100 per esborsi. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.

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