Il diritto al risarcimento del danno per violazione dell’obbligo di fedeltà, richiesto dal coniuge nel corso di un provvedimento di separazione, non è conseguenza automatica della pronuncia dell’addebito nei confronti del coniuge “infedele” ma richiede un rapporto di causalità rispetto all’intollerabilità della convivenza, ai fini della pronuncia di addebito.

(Nel caso in esame giustificavano l’addebito varie relazioni extraconiugali del marito nel tempo, comportamenti che diedero luogo, fin dall’inizio, a litigi e crisi coniugale, ulteriormente aggravata da violenze da parte del marito e suo allontanamento dalla casa coniugale. Tuttavia il comportamento del marito non era di «gravità e intensità» tale da giustificare il risarcimento del danno).

Cass. 6 giugno 2013, n. 14366
Fatto e diritto
In un procedimento di separazione giudiziale tra .. e …., il Tribunale di Verona con sentenza in data 3 febbraio 2010, rigetta le domande di addebito reciprocamente proposte, determina assegno per il marito, condanna lo stesso al risarcimento del danno nei confronti della moglie, per violazione degli obblighi matrimoniali. La Corte di Appello di Venezia, con sentenza in data 11 febbraio 2011 in riforma, pone l’addebito a carico del marito, rigetta la domanda di assegno del marito stesso, nonché quella della moglie di restituzione di somme e risarcimento del danno. Ricorre per cassazione il marito, che pure deposita memoria difensiva. Resiste con controricorso e propone ricorso incidentale la moglie. Va preliminarmente osservato che il ricorso principale appare ammissibile, risultando, a differenza di quanto afferma la resistente, autosufficiente. La violazione degli obblighi matrimoniali, ivi compreso quello di fedeltà, richiede un rapporto di causalità rispetto all’intollerabilità della convivenza, ai fini della pronuncia di addebito (al riguardo, Cass. N. 17193 del 2011). Ma tale rapporto, nella specie, sussiste, come in sostanza evidenzia lo stesso giudice a quo, ed emerge palesemente dal contesto motivazionale: varie furono le relazioni extramatrimoniali del marito nel tempo, e proprio tali comportamenti diedero luogo fin dall’inizio a litigi e crisi coniugale, ulteriormente aggravata da violenze da parte del marito e suo allontanamento dalla casa coniugale. E’ appena il caso di precisare che a nulla rileva il mancato accoglimento della domanda di risarcimento dei danni conseguente a violazione degli obblighi matrimoniali, essendo differenti, rispetto alla pronuncia di addebito, presupposti e caratteri. Quanto al ricorso incidentale, va osservato che il giudice a quo, sulla domanda di risarcimento del danno, ritiene insussistenti gravità ed intensità dei comportamenti lamentati, valutazione di merito, sorretta da motivazione adeguata e insuscettibile di controllo in questa sede. Riguardo alla ripetizione dei ratei di assegno, correttamente la Corte di merito richiama la giurisprudenza di questa Corte che la esclude, trattandosi di somme alimentari, necessariamente irripetibili, anche se emerga successivamente l’insussistenza del diritto. Quanto alla richiesta, al riguardo, di risarcimento del danno ex art. 96 cpc, è bensì vero che tale istanza poteva proporsi nel giudizio di appello, ma ovviamente nei limiti di cui all’art. 345 c.p.c. (ed è la stessa ricorrente ad ammettere di aver prodotto alcuni documenti soltanto nel giudizio di appello, mentre non chiarisce quale sia la loro incidenza sulla decisione; quanto alla prova testimoniale, si richiamano del tutto genericamente i capi di prova richiesti, e al riguardo dunque il ricorso presenta profili di non autosufficienza, e quindi di inammissibilità). Vanno conclusivamente rigettati i ricorsi. Il tenore della decisione richiede la compensazione delle spese giudiziali. P.Q.M.La Corte rigetta i ricorsi; compensa le spese giudiziali tra le parti.

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