Qualora il figlio non venga riconosciuto contestualmente dai genitori, al minore nel suo interesse deve essere dato il cognome di chi per primo l’ha riconosciuto non potendo prevalere un regime del “favor” per il patronimico: con questo principio la sesta sezione della Suprema corte con la sentenza 19 febbraio-27 giugno 2013 n. 16271 ha rigettato la richiesta del procuratore generale di una Corte d’appello favorevole all’apposione del doppio cognome.

La vicenda
Il procuratore generale presso la Corte di appello aveva proposto ricorso in Cassazione, affidato a tre motivi, contro il decreto con il quale detta corte, che si era pronunciata sul reclamo proposto dai rispettivi genitori di una bambina contro il provvedimento con il quale era stato disposto — a seguito di comunicazione dell’Ufficiale dello Stato Civile di un Comune – l’aggiunta al cognome materno di quello del padre — che aveva successivamente effettuato il riconoscimento della figlia naturale dei predetti coniugi. La Corte d’appello, infatti, aveva annullato il decreto reclamato, affermando in sostanza che l’attribuzione del cognome materno, scelto concordemente dai genitori, corrispondesse all’interesse della minore, costituendo, per altro, già un segno distintivo della personalità della stessa.

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