E’ consentito ripetere le spese sostenute dal singolo partecipante alla comunione, in caso di trascuranza degli altri, limitatamente a quelle necessarie alla conservazione della cosa, ossia al mantenimento della sua integrità, in modo che duri a lungo senza deteriorarsi. Ne restano quindi esclusi gli oneri occorrenti soltanto per la sua migliore fruizione, come ‘illuminazione di un immobile (che serve per il godimento e la fruizione dell’immobile e non per la sua conservazione), o per l’adempimento di obblighi fiscali, come l’accatastamento.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 ottobre 2012 – 8 gennaio 2013, n. 253
Presidente Triola – Relatore Bucciante
Svolgimento del processo
Con sentenza del 4 giugno 2003 il Tribunale di Torino – adito da R.V.A. nei confronti di C.G. , comproprietari l’uno e l’altro, con altre otto persone, di un intero stabile in (omissis) – condannò il convenuto al pagamento della somma di 2.445,17 Euro, oltre agli interessi, come rimborso pro quota di spese sostenute dall’attore per lavori di finitura della facciata del fabbricato, per l’erogazione del servizio di illuminazione dell’edificio, per il suo accatastamento.
Impugnata da G..C. , la decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di Torino, che con sentenza del 1 giugno 2005 ha rigettato la domanda proposta da R.V.A. , essenzialmente ritenendo che da costui non era stata data prova di una deliberazione che fosse stata adottata a norma dell’art. 1105 c.c., né di una situazione di necessità che imponesse gli interventi in questione ai sensi dell’art. 1110 c.c..
V.A..R. ha proposto ricorso per cassazione, in base a due motivi. G..C. non ha svolto attività difensive nel giudizio di legittimità.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso V.A..R. sostiene che erroneamente e ingiustificatamente è stato disconosciuto il suo diritto a ottenere il rimborso delle spese in questione, le quali erano state da lui affrontate su accordo e per delega di tutti gli altri sette comunisti, compreso G.C..
La censura è infondata.
La Corte d’appello ha ritenuto, in fatto, che nessuna prova era stata fornita da V.A..R. circa un incarico che gli altri comproprietari gli avessero affidato, per provvedere alle opere e alle pratiche amministrative alle quali egli ha dato corso; dal che ha desunto, in diritto, che nessun indennizzo poteva competergli, in mancanza sia di una previa deliberazione dell’assemblea dei comunisti, sia dei requisiti della necessità e della trascuranza, richiesti dall’art. 1110 e.e. A questa corretta argomentazione – pienamente coerente con la costante giurisprudenza di legittimità in materia: v., tra le più recenti, Cass. 19 dicembre 2011 n. 27519 – il ricorrente null’altro ha opposto, se non la tanto perentoria quanto assiomatica affermazione di aver agito in base a “una precedente intesa tra le parti”: intesa che egli presuppone essere intervenuta, senza dare alcuna indicazione in ordine a prove che lo dimostrino e che nella sentenza impugnata siano state in ipotesi trascurate o travisate.
Con il secondo motivo di ricorso V.A..R. lamenta che la Corte d’appello ha escluso le spese per l’illuminazione e per l’accatastamento dal novero di quelle necessarie per la conservazione della cosa comune, le quali comportano, ai sensi dell’art. 1110 c.c., il diritto ad esserne rimborsato per chi le ha sostenute, anche se di propria iniziativa.
Anche questa doglianza va disattesa.
A conforto del suo assunto il ricorrente ha richiamato Cass. 27 agosto 2002 n. 12568, con la quale in effetti le spese destinate alla continuità dell’erogazione di servizi come l’illuminazione sono state considerate comprese tra quelle cui si riferisce la disposizione suddetta. Si tratta però di un precedente rimasto isolato, dal quale si è discostata la successiva giurisprudenza di legittimità (v. Cass. 1 agosto 2003 n. 11747, 9 settembre 2003 n. 13139, n. 13141, n. 13144), in base al rilievo che l’illuminazione serve per il godimento e non per la conservazione del bene. A questo indirizzo il collegio ritiene di doversi attenere, stante la sua coerenza con la lettera e la ratio della norma in considerazione, la quale eccezionalmente consente la ripetibilità delle spese sostenute dal singolo partecipante alla comunione, in caso di trascuranza degli altri, limitatamente a quelle necessarie alla conservazione della cosa, ossia al mantenimento della sua integrità, in modo che duri a lungo senza deteriorarsi. Ne restano quindi esclusi gli oneri occorrenti soltanto per la sua migliore fruizione, come 1 ‘illuminazione di un immobile, o per l’adempimento di obblighi fiscali, come l’accatastamento.
Nel contesto del secondo motivo di ricorso R.V.A. ha altresì dedotto che il diritto al rimborso avrebbe dovuto essergli riconosciuto sotto il profilo dell’indebito arricchimento di cui G..C. ha beneficiato.
Neppure questa censura può essere accolta, per l’assorbente ragione che attiene a una questione che non è stata affrontata nella sentenza impugnata e che il ricorrente non deduce di aver prospettato nel giudizio a quo, sicché non può avere ingresso in questa sede, a causa della sua novità.
Il ricorso viene pertanto rigettato. Non vi è da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, nel quale l’intimato non ha svolto attività difensive.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.

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