La conoscenza e la scoperta del vizio redibitorio non vanno necessariamente collegate alla precisa cognizione della causa del vizio stesso, poiché, se e vero che si ha conoscenza del vizio quando il compratore abbia acquisito la certezza obiettiva della sua sussistenza, non essendo sufficiente il semplice sospetto, e altrettanto vero che, secondo la logica delle cose, tale certezza va riferita alla manifestazione esteriore del vizio e non già alla individuazione della causa che lo ha determinato.
I compratori pur a conoscenza del vizio dell’immobile prima del rogito, avevano stipulato l’atto notarile senza inserire alcuna riserva e senza neppure richiedere una riduzione del prezzo o un risarcimento del danno, il che dimostrava che essi avevano rinunciato alla garanzia per i vizi prevista dall’ultima parte dell’art. 1491 cod. civ. e che, inoltre, non avevano dimostrato la sussistenza dei presupposti per la validità della garanzia dei vizi della cosa venduta.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 6 novembre 2012 – 18 gennaio 2013, n. 1258
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 15 marzo 2002, i coniugi C.M. e B.G. convenivano, innanzi al Tribunale di Verbania, I.A. per sentirlo condannare al risarcimento dei danni – quantificati in L. 9.805,29 e pari alle spese sostenute per imbiancatura, rifacimento dei pavimenti, consumi di energia elettrica e canoni di locazione di due autorimesse – subiti a causa di una perdita d’acqua determinata dal difettoso funzionamento idrico dell’appartamento appena ristrutturato e da essi acquistato dal convenuto con atto notarile stipulato il 15 dicembre 2000.
11 convenuto si costituiva deducendo che gli attori avevano già da tempo la disponibilità dell’immobile e che al momento in cui si era verificata la detta perdita, nell’appartamento de quo stavano lavorando, su incarico degli attori, numerosi artigiani che potevano aver causato i danni in parola; contestava l’esistenza e la tempestività della denuncia dei vizi; negava ogni sua colpa e ogni suo riconoscimento dei vizi stessi; contestava il quantum debeatur ed eccepiva il concorso del fatto colposo dei creditori ex art. 1227 cod. civ.; concludeva, quindi, per il rigetto della domanda.
Il Tribunale adito, con sentenza del 31 maggio 2004, accogliendo la
domanda, condannava I.A. , ex art. 1490 cod. civ., al risarcimento dei danni subiti dagli attori, pari ad Euro 9.805,29 oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali nonché alle spese di lite.
Avverso tale decisione il soccombente proponeva appello cui resistevano gli appellati. Per quanto rileva in questa sede, l’appellante lamentava, tra l’altro, che il Tribunale avesse erroneamente omesso di ritenere operante l’esclusione della garanzia ai sensi dell’art. 1491 cod. civ., pur essendo emerso dalla espletata istruttoria che al momento della stipula del contratto, avvenuta il 15 dicembre 2000, il vizio dell’immobile era noto ai compratori quanto meno dal 13 dicembre 2000.
La Corte di appello di l’orino, con sentenza del 3 ottobre 2005, ritenuto, in base alle allegazioni delle parti e agli clementi probatori acquisiti, che i coniugi C. B. , al momento della stipula del contratto di compravendita, “conoscevano in maniera certa e compiuta i difetti dell’immobile” de quo, affermava che, non avendo, malgrado ciò, inserito nel predetto atto alcuna riserva né avendo chiesto una diminuzione del prezzo o un risarcimento del danno, risultava evidente che gli stessi avevano rinunciato alla garanzia per i vizi prevista dall’ultima parte dell’art. 1491 cod. civ. ed affermava, altresì, che gli attori non avevano “dimostrato la sussistenza dei presupposti per la validità della garanzia dei vizi della cosa venduta da parte dell’I. “.
Pertanto, ritenute assorbite le ulteriori censure proposte, i Giudici del secondo grado, in accoglimento dell’appello proposto e in riforma dell’impugnata sentenza, rigettavano la domanda dei coniugi C. e B. e compensavano le spese del doppio grado di giudizio.
Avverso la sentenza della Corte di merito C.M. e B.G. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
Ha resistito con controricorso I.A. che ha pure depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
Motivi della decisione
1. Al ricorso in esame non si applica il disposto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. – inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno 2009, n. 69 – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (3 ottobre 2005), pur se la parte ricorrente ha, comunque, formulato, i quesiti di diritto.
2. Con il primo motivo, impugnando, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, la sentenza della Corte di appello per insufficiente e contraddittoria motivazione, i ricorrenti lamentano che, “sul punto decisivo della “conoscenza del vizio”, la Corte di merito avrebbe valutato solo parzialmente e sommariamente il materiale probatorio sia in relazione all’oggetto di tale conoscenza sia in relazione ai tempi della stessa.
Assumono i ricorrenti che dalle testimonianze rese dai testi F. e P. , espressamente richiamate nella sentenza impugnata, emergerebbe soltanto che essi, alla data del 13 dicembre 2012 e, quindi, due giorni prima della stipula del contratto di compravendita, avevano cognizione della presenza di una macchia di umidità sulla parete esterna del fabbricato ma non certo della sussistenza di un vizio dell’impianto idraulico dell’appartamento che si accingevano ad – acquistare né della qualità ed entità dei danni conseguenti. Lamentano i coniugi C. B. che il giudice del secondo grado non avrebbe considerato né l’interrogatorio formale dell’I. , che avrebbe ammesso di essere stato informato della presenza della macchia di umidità, di aver effettuato un sopralluogo e di aver chiamato l’idraulico immediatamente prima della stipula dell’atto, né la denuncia sinistro redatta dall’idraulico M. , da cui risulterebbe che la causa del danno era stata trovata dopo tre ore di lavoro.
Non essendo, ad avviso dei ricorrenti, la compiuta conoscenza del vizio da parte dei compratori al momento della stipula sorretta dalle emergenze istruttorie, sarebbe conseguentemente infondato il corollario enunciato dal Giudice di appello ossia che le parti, essendo loro nota da due giorni prima della stipula del contratto di vendita la complessiva incidenza economica del danno, avessero deciso di ripartirsi l’onere delle attività di ripristino.
3. Con il secondo motivo, si dolgono i ricorrenti che la motivazione sarebbe omessa in relazione all’affermata partecipazione diretta dei coniugi C. B. all’attività di ricerca e di rimozione del vizio.
4. Con il terzo motivo, dolendosi dell’omessa motivazione, in relazione alla condotta dell’I. , i ricorrenti lamentano che, pur dando atto dell’intervento personale dell’attuale controricorrente nell’organizzazione delle attività per la ricerca della causa del danno e per porre rimedio al vizio, la Corte di appello non avrebbe tratto da tale fatto alcuna “conseguenza logico-giuridico”.
5. Con il quarto motivo i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1491 cod. civ. (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.). l’evidenziano i coniugi C. B. che la Corte di merito, sull’assunto che i compratori al momento della stipula, conoscevano il vizio della cosa, avrebbe escluso l’operatività dell’obbligazione di garanzia, laddove, invece, nel caso di specie, anzitutto difetterebbe il presupposto della conoscenza del vizio e, comunque, la denuncia, da essi effettuata al futuro venditore, dell’esistenza di un’anomalia del bene, tale da far sospettare l’esistenza di un “vizio ancora ignoto per qualità ed esatta ubicazione”, in primo luogo, dimostrerebbe la “divergenza tra le condizioni del bene come si manifestavano poco prima della stipulazione del contratto e quelle volute dai futuri acquirenti” nonché l’intento di questi ultimi di porre il futuro venditore nelle condizioni di poter adempiere la propria obbligazione ex art. 1490 cod. civ. e, in secondo luogo, non denoterebbe l’intenzione dei compratori di rinunciare alla garanzia.
6. Il primo motivo, relativo alla conoscenza o meno del vizio da parte dei compratori al momento della stipula dell’atto di compravendita, è infondato.
La sentenza è, infatti, motivata e la motivazione risulta congrua ed immune da vizi logici e giuridici, in relazione alla ritenuta conoscenza del vizio da parte degli attuali ricorrenti al momento della stipula del contratto di compravendita. Al riguardo la Corte di appello ha motivato il suo convincimento sulla base delle stesse allegazioni degli attuali ricorrenti e delle risultanze istruttorie, né peraltro risulta rilevante che l’accertamento della causa del vizio sia avvenuta un giorno o due giorni prima della stipula del contratto, essendo decisivo che la conoscenza del vizio sia comunque anteriore al detto contratto. Del resto gli stessi ricorrenti – che già avevano la disponibilità del bene, come e incontestato in causa – nella premessa in fatto della comparsa di costituzione e risposta in appello hanno dedotto che “i due giorni intercorsi tra la scoperta del vizio e il momento del contratto” erano “stati impiegati per la ricerca della causa (attraverso la parziale demolizione del pavimento) del danno e per l’esecuzione delle opere di rimedio” (v. p. 4).
Al riguardo si evidenzia che la conoscenza e la scoperta del vizio redibitorio non vanno necessariamente collegate alla precisa cognizione della causa del vizio stesso, poiché, se è vero che si ha conoscenza del vizio quando il compratore abbia acquisito la certezza obiettiva della sua sussistenza, non essendo sufficiente il semplice sospetto, è altrettanto vero che, secondo la logica delle cose, tale certezza va riferita alla manifestazione esteriore del vizio e non già alla individuazione della causa che lo ha determinato(Cass. 6 gennaio 1979, n. 38 e Cass. 3 dicembre 1970, n.2544).
7. Ragioni di economia processuale impongono a questo punto di evidenziare che la sentenza impugnata si fonda su due distinte rationes decidendi, avendo la Corte di merito affermato che i coniugi C. B. , pur a conoscenza del vizio dell’immobile prima del rogito, avevano stipulato l’atto notarile senza inserire alcuna riserva e senza neppure richiedere una riduzione del prezzo o un risarcimento del danno, il che dimostrava che essi avevano rinunciato alla garanzia per i vizi prevista dall’ultima parte dell’art. 1491 cod. civ. e che, inoltre, gli attori non avevano dimostrato la sussistenza dei presupposti per la validità della garanzia dei vizi della cosa venduta da parte dell’I. .
La duplicità delle ragioni del decidere nella sentenza è del resto messa in evidenza dall’uso della espressione “osserva la Corte, con evidente ed autonoma argomentazione…” di cui a p. 10 della sentenza impugnata.
Tanto precisato si rileva che gli ulteriori motivi di ricorso proposti non investono compiutamente la prima ratio decidendi che attiene al regolamento negoziale di cui all’atto di compravendita, con il quale gli attuali ricorrenti acquistarono consapevolmente l’immobile di cui si discute in causa con il vizio de quo – la cui causa era stata peraltro ormai individuata – e, che, pertanto, certamente non si trovava nelle condizioni sussistenti al momento della stipula del contratto preliminare, non essendovi piena coincidenza tra le condizioni del bene secondo l’originaria determinazione volitiva dei contraenti e quelle del bene oggetto della compravendita, e ciò nonostante non inserirono nell’atto definitivo, ormai unica fonte negoziale dei rapporti tra le parti, alcuna riserva in relazione ai danni né concordarono con il venditore una riduzione del prezzo.
Va al riguardo infatti evidenziato che nel caso in cui la decisione impugnata sia fondata su una pluralità di ragioni, tra di loro distinte e tutte autonomamente sufficienti a sorreggerla sul piano logico-giuridico, è necessario, affinché si giunga alla cassazione della pronuncia, che il ricorso si rivolga contro ciascuna di queste, in quanto, in caso contrario, le ragioni non censurate sortirebbero l’effetto di mantenere ferma la decisione basata su di esse (Cass. 11 febbraio 2011, n. 3386; Cass., 11 febbraio 2011, n. 3386; Cass. ord., 3 novembre 2011, n. 22753).
Ne consegue che il ricorso proposto deve essere rigettato. Sussistono giusti motivi per compensare per intero tra le parti le spese del giudizio di cassazione, tenuto conto della particolarità della vicenda e della validità di una soltanto delle rationes deciendi della sentenza impugnata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero tra le parti le spese del giudizio di legittimità.