Cass. civ. Sez. V, Sent., 17-09-2010, n. 19733

Non è nulla la consegna della cartella di pagamento, e in genere degli atti tributari, effettuata mediante consegna alla collaboratrice domestica. Non solo. Con sentenza n. 19733 del 17 settembre, la Cassazione ha ritenuto che, in caso di notifica effettuata mediante il servizio postale, non è necessaria la menzione della qualifica del consegnatario nell’avviso di ricevimento, qualora sia provato dal notificante il rapporto tra destinatario e consegnatario dell’atto.

Il caso

Il Comune di Cagliari ha notificato alla contribuente, prima della cartella di pagamento, un avviso di liquidazione Ici presso la sua abitazione, consegnandolo alla signora “x”, senza tuttavia indicarne la qualifica nella relata; non si trattava del primo atto ritirato dalla signora che, in occasione di una precedente notifica, aveva dichiarato di essere la sua domestica.

La sentenza

La Cassazione, “quanto al profilo riguardante l’omessa menzione, nell’avviso di ricevimento, della qualità del consegnatario,…” ha richiamato il principio enunciato nella sentenza 4400/2008, secondo il quale “in tema di contenzioso tributario, è nulla la notifica dell’atto d’appello a mezzo del servizio postale ove nella relazione di notificazione sia indicato solo il nome del consegnatario ma non il suo rapporto con il destinatario, a meno che l’appellante non deduca e dimostri la sussistenza, tra consegnatario e destinatario, di uno dei rapporti richiesti dalla legge per la validità della notificazione (in senso conforme anche Cass. n. 1453 del 09/02/2000)”.

A norma degli articoli 156 e 160 del cpc, infatti, il giudice può dichiarare la nullità della notificazione solo se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia e “non anche se la relazione di notificazione non contiene le indicazioni necessarie per dimostrare che tali disposizioni sono state osservate”.

Nonostante tali indicazioni siano prescritte dall’articolo 149 cpc e dall’articolo 7, comma 3, della legge 890/1982 per le notifiche postali, la loro inosservanza ovvero la loro omissione – come ha stabilito nel caso in esame la Corte – non può far dichiarare la nullità della notificazione.

Al riguardo, i giudici di legittimità hanno ritenuto che “in mancanza di tali indicazioni l’osservanza delle disposizioni circa la persona alla quale la copia può essere consegnata può… essere dimostrata con ogni mezzo e solo in mancanza di tale prova la notifica potrà essere ritenuta nulla, ma ciò soltanto se il destinatario contesti specificamente che la persona alla quale la copia è stata consegnata non era con lui in alcuno dei rapporti richiesti dalla legge per la validità della notificazione. In caso contrario la sussistenza di tate rapporto deve ritenersi ammessa per non contestazione specifica e quindi non ha bisogno di essere provata”.

Osservazioni

La Corte di cassazione interviene ancora sul contenuto della relata di notifica, precisando, questa volta, che non è necessaria l’indicazione della qualifica del consegnatario. Ma a due condizioni: che il soggetto notificante sia comunque in grado di provare, con qualsiasi mezzo, che il rapporto sussistente tra destinatario e consegnatario rientra tra quelli richiesti dalla legge per la validità della notificazione (articolo 139 cpc e articolo 7, comma 2, legge 890/82 per le notifiche postali) e, inoltre, che il destinatario non contesti il rapporto tra lui stesso e il consegnatario.

In proposito, il rapporto tra la contribuente e la sua colf rientra di certo tra le ipotesi previste dall’articolo 139, comma 2, cpc, ben potendo la collaboratrice domestica essere considerata un’addetta alla casa. La norma stabilisce infatti che, quando il destinatario non è rinvenuto, la notifica può essere eseguita mediante consegna della copia dell’atto a una persona diversa, di famiglia o addetta alla casa (o all’ufficio o all’azienda), purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace.

L’esistenza di tale rapporto va provata, come nel caso in esame, anche mediante la produzione di un ulteriore atto ritirato dalla medesima colf, con indicazione, stavolta, della qualifica di “domestica” della contribuente.

Ciò non basta, tuttavia, a far salva la notifica dell’atto. E’ necessario, infatti, che il destinatario non contesti l’esistenza del rapporto con il consegnatario.

La Corte ha più volte affermato che, a prescindere dall’indicazione letterale utilizzata dal notificatore per indicare la qualifica del consegnatario (la qualificazione di “coadiuvante” costituisce un sinonimo di “addetto alla casa” ex articolo 139, Cassazione 16164/2003), incombe sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria (Cassazione 14366/2010) e, in particolare, di allegare e provare l’inesistenza di alcun rapporto con il consegnatario, ovvero l’occasionalità della presenza nel suo domicilio dello stesso consegnatario (Cassazione 25158/2007), in modo da escludere che in tempi e modi adeguati l’atto possa essere a sua volta recapitato dal consegnatario al destinatario effettivo.

Nel caso di specie, pertanto, la contribuente avrebbe dovuto prima dedurre, e soprattutto dimostrare nel giudizio di merito, che la persona qualificatasi come “domestica” non rivestiva in realtà quella qualifica, o che non aveva il compito di ricevere la posta per poi consegnarla.

Ma così non è stato e, forse, neppure la contestazione sul tipo di rapporto di lavoro tra contribuente e domestica avrebbe potuto intaccare la validità della notifica eseguita ai sensi dell’articolo 139.

Al riguardo la Suprema corte, in una fattispecie in cui il ricorrente aveva sostenuto l’invalidità della notificazione sul presupposto che la consegnataria era una collaboratrice domestica posta alle esclusive dipendenze della moglie e non sue, ha affermato che “la validità della notificazione non può essere contestata sulla base del solo difetto di tale rapporto, essendo invece sufficiente che esista una relazione tra consegnatario e destinatario idonea a far presumere che il primo porti a conoscenza del secondo l’atto ricevuto, come si desume dalla generica qualifica di addetto, richiesta dal legislatore” (sezioni unite 793/1999 e ivi Cassazione 9875/1998 per la notifica a un “addetto” all’azienda).

Del resto, proprio la ricezione di più atti per conto del destinatario avrebbe condotto anche il giudice di merito a ritenere la domestica legittimata al ritiro sulla base di un rapporto personale o, comunque, di interessi con la contribuente. Tale relazione avrebbe consentito, infatti, di escludere l’eccezionalità e l’occasionalità della presenza della collaboratrice domestica nella casa della contribuente e, inoltre, avrebbe garantito, secondo un giudizio di normalità, che una volta ricevuto l’atto, questo sarebbe stato consegnato al destinatario.

Tratto da: FiscoOggi

Segue il testo integrale della sentenza:


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – rel. Presidente

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28502-2006 proposto da:

S.M.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PANAMA 95, presso lo studio dell’avvocato PICCIAREDDA FRANCO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CAGLIARI – UFFICIO TRIBUTI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ARENULA 21, presso lo studio dell’avvocato LESTI QUINZIO BELARDINI ISABELLA, rappresentato e difeso dall’avvocato FARCI GENZIANA, giusta delega a margine;

– controricorrente –

e contro

BIPIESSE RISCOSSIONI SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 34/2006 della COMM. TRIB. REG. di CAGLIARI, depositata il 12/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/05/2010 dal Presidente e Relatore MARCO PIVETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per il rigetto.

Svolgimento del processo

La s.p.a. Bipiesse Riscossioni notificò il 6 ottobre 2003 alla sig.ra S.M.M., per conto del Comune di Cagliari, una cartella esattoriale n. (OMISSIS) per il pagamento di 158,03 Euro a titolo di ICI per il 1993. L’intimata propose opposizione con atto depositato il 23 ottobre 2003, deducendo come si legge nella sentenza di secondo grado – la nullità della cartella per mancanza di motivazione; per violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 6 e 7: per l’intervenuta decadenza in ragione della tardività dell’iscrizione a ruolo; per violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 in relazione alla L. n. 212 del 2000, artt. 6, 7 e 17; perchè “non era stato dimostrato il ruolo cui la cartella faceva riferimento”; perchè l’imposta era stata pagata.

La Commissione tributaria provinciale, con sentenza depositata il 31 maggio 2004, rigettò il ricorso rilevando che il credito tributario non era più contestabile in quanto l’avviso di liquidazione dell’imposta n. (OMISSIS) era stato notificato il 6 aprile 2000 presso l’abitazione della contribuente mediante consegna a mani di tale P.S. e non era stato opposto tempestivamente.

La contribuente ha proposto appello alla Commissione tributaria regionale facendo valere, a quanto si legge nella sentenza qui impugnata, che la pretesa fiscale manifestata con la cartella in contestazione era illegittima perchè l’appellante aveva già pagato l’imposta richiesta; perchè mancante del necessario atto presupposto (avviso di liquidazione e/o di rettifica); per intervenuta decadenza, con particolare riferimento alla richiesta degli interessi nonchè all’irrogazione della sanzione in quanto l’iscrizione a ruolo risulta effettuata oltre i termini di legge; per carenza assoluta di motivazione; “per intervenuta decadenza circa un “improbabile “e “incomprensibile “atto n. (OMISSIS) notificato il 06.4.2000”. Veniva chiesto pertanto che fosse dichiarata la nullità della cartella impugnata A) – in via pregiudiziale, 1) – per duplicazione d’imposta già regolarmente pagata; 2) – per carenza assoluta dell’avvenuta notificazione del necessario atto (avviso di liquidazione e/o di rettifica). B) – in subordine, 1) – per illegittimità della pretesa; 2) – per carenza di motivazione.

Costituendosi in giudizio il Comune di Cagliari ha ribadito che la notifica dell’avviso di liquidazione era avvenuta presso l’abitazione della sig.ra S. e che l’atto risultava ritirato da tale P.S. o P.S., e cioè dalla stessa persona che aveva ritirato altro atto tributario notificato alla sig.ra S. in cui la cansegnataria aveva dichiarato di essere la domestica della contribuente e che non era stato mai impugnato. Ha quindi ribadito la legittimità della sentenza di primo grado e l’infondatezza delle deduzioni di merito della contribuente ed ha chiesto il rigetto dell’appello.

La Commissione tributaria regionale, con sentenza depositata il 12 maggio 2006, ha respinto l’appello, rilevando che – “se era vero che nella notifica dell’avviso non appariva la qualifica della ricevente, la stessa (qualifica) risultava con tutta evidenza in modo inconfutabile nel secondo atto relativo all’imposta ICI per l’anno 1996, notificato il 10 dicembre 2001 alla stessa destinataria, atto nel quale la stessa ricevente si definisce domestica della destina-taria sig.ra S.”. Ne conseguiva la decadenza della contribuente dal potere di opporsi all’avviso.

Contro tale pronunzia, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione al quale ha resistito con controricorso il Comune di Cagliari, mentre la s.p.a. Pipiesse Riscossioni non ha partecipato al giudizio.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso la contribuente deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2. Il quesito che conclude l’esposizione delle ragioni di censura è così formulato: “… dichiarare che in materia tributaria deve considerarsi inesistente la notifica dell’avviso di liquidazione avvenuta a mezzo posta tramite invio di raccomandata, nel caso in cui l’avviso di ricevimento risulti carente di taluni elementi essenziali, quali: l’indicazione precisa della qualità del ricevente, degli elementi riguardanti il luogo di destinazione, del numero, della data e della relata di notifica, ovvero, quando sia stata effettuata da soggetti non autorizzati alla notificazione degli atti di imposizione tributarie. Si chiede, in conseguenza, che l’Ecc.ma Corte voglia dichiarare l’intervenuta decadenza dell’Amministrazione comunale dal richiedere il pagamento dell’imposta ICI mediante cartella di pagamento …”.

Il motivo è infondato.

1. Quanto al profilo riguardante l’omessa menzione, nell’avviso di ricevimento, della qualità del consegnatario, è sufficiente richiamare la sentenza di questa Corte n. 4400 del 21 febbraio 2008 secondo cui “in tema di contenzioso tributario, è nulla la notifica dell’atto d’appello a mezzo del servizio postale ove nella relazione di notificazione sia indicato solo il nome del consegnatario ma non il suo rapporto con il destinatario, a meno che l’appellante non deduca e dimostri la sussistenza, tra consegnatario e destinatario, di uno dei rapporti richiesti dalla legge per la validità della notificazione (in senso conforme anche Cass. n. 1453 del 09/02/2000). A norma dell’art. 160 cod. proc. civ., infatti, la notificazione, anche se effettuata a mezzo della posta ed anche nell’ambito del contenzioso tributario, è nulla se non sono state effettivamente osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia e non anche se la relazione di notificazione non contiene le indicazioni necessarie per dimostrare che tali disposizioni sono state osservate, E’ pur vero infatti, che tali indicazioni sono prescritte dall’art. 149 cod. proc. civ. e dalla L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 4, ma per l’inosservanza di tale prescrizione non è comminata la nullità sicchè essa, ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., non può essere dichiarata dal giudice. In caso di mancanza di tali indicazioni l’osservanza delle disposizioni circa la persona alla quale la copia può essere consegnata può quindi essere dimostrata con ogni mezzo e solo in mancanza di tale prova la notifica potrà essere ritenuta nulla, ma ciò soltanto se il destinatario contesti specificamente che la persona alla quale la copia è stata consegnata non era con lui in alcuno dei rapporti richiesti dalla legge per la validità della notificazione. In caso contrario la sussistenza di tate rapporto deve ritenersi ammessa per non contestazione specifica e quindi non ha bisogno di essere provata.

Nella specie la sentenza impugnata ha accertato – e tale accertamento non è sindacabile in cassazione – che la persona alla quale la copia dell’avviso di accertamento venne consegnata era addetta alla casa della signora S. ed era a lei legata da rapporto di servizio. Va aggiunto che dal ricorso e dalla sentenza impugnata non risulta che l’attuale ricorrente abbia mai contestato il fatto che la consegnataria fosse effettivamente la sua domestica.

2. Con il medesimo motivo la ricorrente denunzia anche un secondo profilo di nullità della notifica dell’avviso di accertamento e presisamente il fatto che la notifica stessa sia stata effettuata da una agenzia privata di recapiti.

Si tratta peraltro di circostanza che non risulta essere stata mai dedotta nel giudizio di merito – o comunque il ricorso non fornisce indicazioni al riguardo – e che quindi non può essere fatta valere in questa sede. La stessa cosa deve dirsi per le altre mancanze imputate dal ricorso alla notificazione in esame (indicazione della città di destinazione, del numero civico, del numero e della data) che sono peraltro irrilevanti.

Il ricorso deve quindi essere respinto, con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

– rigetta il ricorso;

– condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 500 Euro, di cui 100 per spese vive e 400 per onorari, oltre al contributo unificato, alle spese generali e agli accessori di legge.

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