In materia di comunione e condominio, non è consentito, mediante l’apertura di varchi o la eliminazione di recinzioni, mettere in contatto il cortile comune con un immobile limitrofo, estraneo al condominio e di proprietà esclusiva del condomino, giacché viene in tal modo viene realizzato un comportamento illecito ed abusivo, creando a favore del singolo condomino e a carico del condominio ed in danno degli altri compartecipi, una servitù di passaggio. L’apertura di un varco o la eliminazione di una recinzione fra un bene comune e un bene esclusivo di un comunista, posto al di fuori del condominio, invero, provoca un mutamento di destinazione del bene comune, senza il necessario consenso degli altri condomini ed in violazione dei concorrenti diritti dei medesimi, atteso che, in tal modo, la corte comune viene in parte distolta dalla sua funzione di transito, passaggio, sosta occasionale da parte di tutti i comunisti, e viene asservita, in modo fisso e continuativo, al godimento a favore dell’immobile confinante, con correlativa diminuzione della consistenza dei diritti di comunione. Ne consegue che la corte comune non può, dunque, essere gravata di servitù a favore di immobili estranei al complesso del condominio, atteso che tale peso si risolverebbe in una nuova servitù non consentita dal titolo, né aliunde acquisita.

RICHIEDI UNA CONSULENZA

 

Corte d’Appello Roma, Sezione 4 civile – Sentenza 1 febbraio 2017, n. 644

Condominio – Cortile comune – Collegamento con immobile limitrofo estraneo al condominio – Attività non consentita – Creazione servitù di passaggio – Mutamento di destinazione del bene – Conseguenze

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI ROMA

SEZIONE QUARTA CIVILE

composta dai seguenti Magistrati;

Dott. AZARA Antonio Presidente

Dott.ssa LOASSES Marina Consigliere rel.

Dott. BARRASSO Giampiero Consigliere

riunita in camera di consiglio, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 455 del Ruolo Generale Contenzioso dell’anno 2014, assunta in decisione all’udienza del 14.4.2016, vertente

TRA

Fi.Da.

elettivamente domiciliata in Roma, via (…) presso lo studio degli avv.ti Gi. e Ma.Fe. che la rappresentano c difendono giusta procura in atti

APPELLANTE

E

Fi.Li.

elettivamente domiciliata in Roma, piazza (…) presso lo studio dell’avv. Al.De. che la rappresenta e difende giusta procura in atti

APPELLATA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza a 233/2012, depositata in data 11.12.2012, non notificata, il giudice monocratico del Tribunale di Frosinone – Sezione distaccata di Anagni ha rigettato tutte le domande con le quali Fi.Da., proprietaria in Serrane. località San Quirico – di alcuni terreni distinti al Catasto al Fg. (…) e della porzione di fabbricato, Fg. (…) (composta da un piccolo appartamento al piano rialzato e da un locale cantina a piano terra), confinante con una corte comune di circa mq. 350, appartenente ai proprietari di tutte le cantine e da sempre da essi utilizzata per il passaggio pedonale e con mezzi agricoli, aveva chiesto, nei confronti di Fi.Li., proprietaria di una cantina sita nel fabbricato condominiale Fg. (…), e quindi comproprietaria della corte esterna, nonché proprietaria esclusiva del fabbricato posto a confine della corte comune, destinato a bar – ristorante (distinto al Catasto al Fg. (…)) avente accesso dalla via provinciale San Quirico – Roiate e del nuovo complesso immobiliare costruito sul terreno Fg. (…), di dichiarare che la corte comune è esente da qualsivoglia servitù di passaggio pedonale e carrabile a favore del fondo confinante (Fg. (…)) di proprietà della convenuta, dalla servitù di cloaca creata per lo scarico dei liquami ed acque luride provenienti dai bagni e dalla cucina del ristorante della convenuta, da qualsivoglia servitù pedonale tra la cantina di Fi.Li., sita nel piano seminterrato del fabbricato Fg. (…), e il locale cucina del ristorante sito nel fabbricato Fg. (…) e, per l’effetto, inibire a Fi.Li.; I) di continuare ad esercitare il passaggio pedonale e carrabile per la corte comune per accedere agli immobili di sua proprietà (part. (…)) e al complesso costruito sulle part. (…); II) di utilizzare la corte comune come sosta o parcheggio continuato e reiterato delle sue auto nonché di quelle dei clienti del ristorante-bar, piscina e sala da ballo; III) di non far entrare nella corte i clienti, sia adulti che ragazzi, per passeggiare o giocare: IV) di regolamentare il confine tra la corte comune del condominio (…) e tra detti fondi e i terreni Fg. mapp. (…) di proprietà di essa esponente; V) di eliminare dalla corte comune manufatti, aiuole, piante e quant’altro abusivamente realizzato, asportare i vasi, i bidoni per i rifiuti, le cassette di bottiglie: di minare la parte del tendone affissa sulla parete del ristorante e aggettante per quattro metri sulla corte comune, ostacolando il passaggio di auto, autocarri, mezzi agricoli; VI) di non utilizzare la corte comune per lo scarico e il carico delle merci destinate al ristorante; VII) di ripristinare il confine tra la corte comune Fg. (…) e il terreno di essa istante Fg. (…), di ripristinare lo stato quo ante del terreno e rilasciare la porzione (della part. (…)) occupata per la costruzione della strada, dei muri di sostegno e dicontenimento, previa demolizione dei manufatti ed asportazione delle piante ornamentali e dei materiali; VIII) di eliminare dal terreno di sua proprietà lo scolo delle acque piovane provenienti dalla corte comune e la fognatura costruita sulla corte e prolungata sul terreno di essa esponente; IX) di eliminare l’apertura (porta a due ante di ingresso alla cucina del ristorante) realizzata sulla corte comune; X) di inibire alla convenuta di depositare, nella parte di corte comune antistante la cucina e lungo la recinzione, merci varie, cassette e bottiglie, residui di cucina, rifiuti solidi e quant’altro proveniente dal ristorante; condannare la Fi. al risarcimento dei danni subiti a decorrere dal 1989 per non aver potuto disporre e godere della corte comune e del terreno di sua proprietà, per i disagi subiti per la presenza di materiali, auto, autocarri, nonché per le umiliazioni patite e per l’utilità ricavata dalla convenuta per T utilizzo della corte e del terreno di essa istante, il tutto nella somma di Lire 100.000,000 o in quella diversa misura che sarà ritenuta di giustizia; condannare la convenuta ad arretrare tutti i manufatti realizzati a distanza non regolamentare dal confine della corte comune: ha, altresì, respinto tutte le domande riconvenzionali proposte dalla convenuta volte alla costituzione di una servitù coattiva di passaggio ai sensi dell’art. 1052 c.c. a favore del suo fondo con riferimento alla parte di strada sottostante che insiste sull’area dell’attrice, alla rimozione della fognatura dell’attrice insistente sulla corte comune c al risarcimento dei danni subiti ed ha interamente compensato le spese di lite fra le parti.

Con atto di citazione ritualmente notificato Fi.Da. ha proposto appello avverso la predetta sentenza, chiedendone l’integrale riforma per i motivi che saranno di seguito esaminati.

Fi.Li., costituitasi in giudizio, ha chiesto la conferma della sentenza ed il rigetto dell’appello. All’udienza del 14.4.2016, la causa, sulle conclusioni precisate dalle parti e previa concessione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche, è stata trattenuta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per una migliore comprensione della vicenda processuale appare opportuno evidenziare, in punto di fatto, che Fi.Da., proprietaria in (…), località San Quirico, di alcuni terreni distinti al Catasto al Fg. (…) e della porzione di fabbricato, Fg. (…) sub 1 (composta da un piccolo appartamento al piano rialzato e da un locale cantina a piano terra), confinante con una corte comune, di circa mq. 350, appartenente ai proprietari di tutte le cantine poste nel fabbricato, fra i quali figura anche Fi.Li., e da sempre da questi utilizzala per il passaggio pedonale e con mezzi agricoli, evocava in giudizio la predetta, proprietaria esclusiva di un complesso immobiliare posto a confine con la corte comune, adibito a bar – ristorante (distinto al Catasto al Rg. (…)) avente accesso dalla via provinciale San Quirico – (…) e di un altro complesso immobiliare, costruito sul terreno (…), adibito a piscina, discoteca e sala da ballo, deducendo che questa – che originariamente accedeva al suo fondo esclusivo, ove è posto il bar – ristorante, dalla strada provinciale -, a partire dal 1989, allorché aveva iniziato ad eseguire importanti lavori di ristrutturazione del fabbricato – ristorante (adibendo i due locali posti al piano seminterrato. uno. a cucina c. l’altro – originariamente destinato a negozio di generi alimentari -, a locale frigorifero comunicante con la cucina), aveva trasformato la cantina di sua proprietà, sita nel fabbricato condominiale (…), in un deposito merci e aveva inizialo a trasportare, da tale deposito alla cucina del ristorante, derrate alimentari, bibite e altro; che la Fi., nei primi mesi del 1989, nel corso delle opere di ristrutturazione del ristorante aveva, altresì, iniziato a costruire su altri terreni limitrofi di sua proprietà (part. (…)) alcuni locali commerciali adibendoli a piscina, discoteca, sala da ballo; in tale occasione aveva iniziato a porre in essere atti abusivi, in danno degli altri comproprietari della corte, c in particolare: aveva tolto la rete di recinzione che delimitava la sua proprietà (part. (…)) dalla corte comune c. al suo posto, aveva costruito un muretto con sovrastante ringhiera in ferro, dotandolo al centro di un cancelletto per il passaggio; aveva apposto nella parte del locale ristorante prospiciente la corte, un tendone lungo circa 10 mi. con una sporgenza sulla corte di circa 4 mi.; aveva dotato il vano cucina del ristorante di una porta a due ante che poneva in comunicazione la corte comune con il ristorante; che, dopo aver ottenuto da essa istante il permesso di utilizzare, nel corso dei lavori parie del suo terreno (part. (…)) per far accedere i mezzi pesanti per il trasporto dei materiali edili, aveva tolto la recinzione che delimitava la corte comune dal terreno part. (…) e aveva costruito su quest’ultimo una strada di terra battuta per farvi accedere autocarri e mezzi pesanti per il trasporto dei materiali edili; aveva utilizzato il piazzale comune come deposito di materiali edili e per la sosta di scavatori e mezzi pesanti; che, al termine dei lavori, aveva rifiutato di ripristinare i confini con la corte comune, di restituire il terreno di essa esponente – previa demolizione di quanto su di esso costruito – e di asportare lutto il materiale di risulta, di far cessare il transito e inibire il passaggio a terzi; che, recentemente, aveva bitumato la strada sterrata e aveva costruito lungo i lati dei muri di sostegno e di contenimento, aveva messo a dimoro piante, aveva alterato il confine; aveva continuato ad utilizzare la corte comune per depositarvi merci destinate al ristorante, cassette di acqua, birra e vino, bidoni di rifinii, vasi con fiori e piante; aveva consentito ai clienti del ristorante di utilizzare l’area comune per il parcheggio delle loro autovetture, per parcheggiare e per lasciare giocare i bambini; aveva realizzalo sul muro perimetrale del proprio fabbricato (vano cucina del ristorante) una porta a due ante con apertura sulla corte per accedere direttamente alla stessa; aveva fatto transitare sulla corte comune autocarri e mezzi pesanti per il carico e lo scarico delle derrate alimentari del ristorante, occupando in tal modo pressoché l’intera corte per F utilizzo proprio e della propria attività commerciale, inibendone o rendendone difficile l’utilizzo da parte degli altri comunisti; che, senza il consenso dei comunisti, aveva bitumato la corte comune, creando un’errata pendenza per lo scolo delle acque con la conseguenza che le acque piovane finivano a ridosso delle cantine e poi colavano nel sottostante terreno di essa attrice; aveva costruito sulla corte comune una fognatura lunga circa 20 mt. (che proseguiva nel terreno part. (…) di proprietà di essa istante) nella quale si immettevano le acque luride e i rifiuti dei bagni e della cucina del ristorante – bar; sosteneva che tali comportamenti e tali opere erano illegittime ed arbitrarie perché realizzale senza il consenso degli altri comunisti e creavano servitù fra i fondi per cui chiedeva il ripristino dello stato dei luoghi, la cessazione delle turbative e l’eliminazione dei comportamenti arbitrari; che Fi.Li., costituitasi in giudizio, contestava il fondamento delle domande attrici, eccependo la legittimità dell’utilizzo più intenso del bene comune, ai sensi dell’art. 1102 c.c. aderiva all’istanza di regolamento del confine, precisando che il confine attuale era in atto da oltre 50 anni; asseriva che il muro di contenimento era stato costruito con il consenso dell’attrice ed anche a vantaggio c godimento della medesima. Spiegava, infine, domande riconvenzionali per sentir dichiarare costituita la servitù di passaggio ai sensi dell’art. 1052 c.c., a favore del fondo di sua proprietà, e per sentir ordinare all’attrice la rimozione del tratto di fogna interrata costruita nella corte comune e il risarcimento dei danni; che il giudice, previo espletamento dell’istruttoria orale e di una C.T.U., aveva rigettato sia le domande attrici che quelle riconvenzionali, compensando interamente le spese di lite fra le parti.

Innanzitutto si osserva che l’appellata Fi.Li., costituitasi nel presente giudizio si è limitata a chiedere la conferma della sentenza impugnata, senza propone appello incidentale, per cui, in difetto di specifica impugnazione, si é formato il giudicato su quella parte della pronuncia che ha rigettato le domande riconvenzionali formulate dalla convenuta Fi. in primo grado.

Ciò posto, passando all’esame dei mezzi di gravame, va rilevato che con il primo motivo, l’appellante si duole del rigetto dell’actio negatoria servitutis avanzata ai sensi dell’art. 949 c.c. con la quale ha chiesto che venisse dichiarato che la corte comune è esente da qualsiasi servitù di passaggio pedonale c carrabile a favore del fondo F. (…) di proprietà di Fi.Li. nonché dalla servitù di cloaca creata per lo scarico dei liquami ed acque luride provenienti dai bagni e dalla cucina del ristorante, deducendo F omessa ed insufficiente motivazione, da pane del primo giudice, su un punto decisivo della controversia, nonché la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1102 c.c. e degli art. 112 e 116 c.p.c.

L’appellante sostiene che, contrariamente a quanto a ile nn alo dal primo giudice, le circostanze di l’alto poste a fondamento delle proprie domande devono ritenersi innanzitutto pacifiche, perché non espressamente contestate dalla convenuta, e, comunque, dimostrate attraverso l’escussione dei testi.

In particolare deduce che Fi.Li. non si è limitala ad esercitare sulla corte comune, come comunista, un utilizzo più intenso, ma ha illegittimamente asservito detta corte ad altri suoi fondi estranei al condominio con il rischio di creare, con il tempo, una servitù di passaggio e di cloaca a favore dei fondi di sua proprietà.

La doglianza è fondata.

Invero, con l’actio negatoria servitutis, l’appellante ha chiesto che venisse accertata l’inesistenza di qualsivoglia servitù di passaggio pedonale e carrabile nonché di cloaca fra la corte comune e il fondo di proprietà esclusiva della convenuta Fi. ed ha chiesto che venissero ripristinati i lunghi mediante la regolamentazione del confine, venisse inibito alla Ra. di continuare a transitare, o a far transitare nella corte comune, dipendenti e fornitori per trasportare materiale dalla cantina – deposito, posta nell’edificio condominiale, al ristorante, utilizzare la corte per il passaggio pedonale e carrabile dei clienti, inibire di utilizzare la corte come sosta o parcheggio continuato e reiterato delle auto dei clienti e fornitori nonché come luogo di passeggio di giochi.

In punto di diritto, va rilevato che, ai sensi dell’art. 1102 c.c., ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune un’utilità maggiore e più intensa di quella tratta eventualmente in concreto dagli altri comproprietari, purché non venga alterata la destinazione del bene o compromesso il diritto al pari uso e senza che, tale uso più intenso, sconfini nell’esercizio di una vera e propria servitù.

In particolare, la Suprema Corte ha avuto più volte occasione di precisare che l’esercizio della facoltà di ogni condomino di servirsi della cosa comune, nei limiti indicati dall’art. 102 c.c., deve esaurirsi nella sfera giuridica e patrimoniale del diritto di comproprietà sulla cosa medesima e non può essere esteso, quindi, per il vantaggio di altre e diverse proprietà del medesimo condomino, perché in tal caso si verrebbe ad imporre una servitù sulla cosa comune, per la cui costituì ione è necessario il consenso di tutti i condomini (Cass. 944/2013).

La Suprema Corte ha, altresì, chiarito, che non è consentito, mediante l’apertura di varchi o l’eliminazione di recinzioni, mettere in contatto il cortile comune con un immobile limitrofo, estraneo al condominio e di proprietà esclusiva del condomino, in quanto in tal modo viene realizzato un comportamento illecito ed abusivo, creando a favore del singolo condomino e a carico del condominio ed in danno degli altri compartecipi, una servitù di passaggio (Cass. 9036/06: 7748/2011).

Ed invero, l’apertura di un varco o l’eliminazione di una recinzione fra un bene comune e un bene esclusivo di un comunista, posto al di fuori del condominio, provoca un mutamento di destinazione del bene comune, senza il necessario consenso degli altri condomini ed in violazione dei concorrenti diritti dei medesimi, atteso che, in tal modo, la corte comune viene in parte distolta dalla sua funzione di transito, passaggio, sosta occasionale di automezzi per il carico e lo scarico da parte di tutti i comunisti, e viene asservita, in modo fisso e continuativo, al godimento a favore dell’immobile confinante, con correlativa diminuzione della consistenza dei diritti di comunione. La corte comune, dunque, non può essere gravata di servitù a favore di immobili estranei al complesso condominiale, atteso che tale peso si risolverebbe in una nuova servitù non consentita dal titolo, né acquisita aliunde.

Sul punto, va quindi accolto l’appello e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, va dichiarato che la corte comune è esente da servitù di passaggio pedonale o carrabile in favore dei fondi (part. (…)) di proprietà di Fi.Li. nonché della servitù di condotta fognaria creata per lo scarico dei liquami e acque luride che provengono dai bagni e dalla cucina del ristorante di proprietà della Fi.

Conseguentemente, va ordinato a quest’ultima di ripristinare la recinzione esistente lungo il confine fra la part. (…) (corte comune) e, rispettivamente, te part.lle (…) di proprietà di Fi.Li. e la part. (…) di proprietà di Fi.Da., eliminando anche il cancelletto pasto ai centro della nuova recinzione in muratura e ringhiera di ferro, di inibire il transito, sia pedonale che carrabile sulla corte nonché la sosta c il parcheggio delle autovetture dei clienti e il passaggio dei dipendenti che trasportano merci dal deposito, avente accesso dalla corte comune, alla cucina del ristorante.

Va, altresì, ordinato all’appellata di eliminare la fognatura che serve i bagni c la cucina dei suoi locali e che, come accertato dal C.T.U. attraversa per circa mt. 20 la corte comune.

Con il secondo motivo, P appellante lamenta il mancato accoglimento delle domande avanzate ai punti B), C) e D) delle conclusioni rassegnate nell’atto di citazione, volte, specificamente, a sentir dichiarare: 1) l’inesistenza di qualsivoglia servitù pedonale tra Sa cantina di Fi.Li., posta nel vano seminterrato del fabbricato comune, e il locale cucina de) ristorante; II) inibire a Fi.Li. di continuare ad esercitare il passaggio pedonale e carrabile per la corte comune per accedere agli immobili di sua proprietà, fondi part. (…); III) inibire a Fi.Li. di utilizzare la corte comune come sosta o parcheggio continuato e reiterato delle auto sue e dei clienti del ristorante, bar, piscina, sala da ballo e di fare entrare nella corte i ragazzi e gli adulti per giocare o passeggiare.

Preliminarmente va rilevato che la convenuta Fi. non ha contestato i fatti che le sono stati addebitati per cui gli stessi possono ritenersi pacificamente ammessi atteso che la predetta, nella comparsa di costituzione, si è limitata a sostenerne la legittimità ai sensi del più volte citato art. 1102 c.c.

Dall’istruttoria espletata è risultato, inoltre, dimostrato che la convenuta Fi., nel corso dell’anno 1989, ha iniziato l’esecuzione, sui suoi immobili e terreni confinanti con la corte comune di cui alla part. (…), di importanti lavori edili che hanno riguardato la ristrutturazione del preesistente locale ristorante – bar e la costruzione, su altri fondi limitrofi, di un locale discoteca, sala da ballo, piscina; che tali lavori si sono protratti dal 1989 al 1997 (cfr., dichiarazioni testi Or.Ni., di parte convenuta, e Fu.Be. di parte attrice); che la Fi. per effettuare i lavori ha eliminato la recinzione in rete metallica posta fra la corte comune (part. (…)) e la part. (…) di sua esclusiva proprietà nonché quella posta fra la corte comune e le particelle (…) di Da.Fi.; ha utilizzato la corte comune, con il consenso di Da.Fi., per la sola durata dei lavori, per il transito e la sosta degli autocarri, auto, escavatori e materiali edili, che nel corso delle opere ha eretto a delimitazione fra la corte comune e il suo terreno, part. (…), un muretto con sovrastante ringhiera in ferro con apertura al centro costituita da un cancelletto.

I testi escussi hanno, altresì, riferito che la Fi. ha appoggiato, sulla parete del ristorante, un tendone che aggetta sulla corte comune; ha aperto sulla corte comune una porta a due ante che consente direttamente l’accesso dalla corte comune alla cucina del suo ristorante; ha eliminato la scaletta che permetteva l’accesso, dalla strada provinciale, al suo locale posto net piano seminterrato (già negozio di generi alimentari ed oggi locale frigorifero), e che attualmente accede allo stesso dalla strada di ingresso alla corte comune, utilizza la corte come deposito di materiali vari, bottiglie vuote, bidoni per la spazzatura ecc.

I testi hanno, altresì, riferito che la Fi., una volta completati i lavori, invece di liberare la corte dai materiali di risulta, ha continuato ad utilizzarla, nonostante le proteste di Da.Fi., per il passaggio dei propri dipendenti, fornitori, clienti e bambini nonché per il transito, la sosta e il parcheggio delle auto dei clienti, degli avventori, dei fornitori; che la Fi. ha adibito la cantina di sua proprietà ubicata nel fabbricato part. (…), come deposito merci con continuo transito di fornitori e dipendenti da detto locale alla cucina del ristorante posto sulla part. (…).

Tali doglianze sono fondate per le stesse argomentazioni di cui sopra, non potendo considerarsi tali condotte legittime né potendo le stesse rientrare nell’utilizzo più intenso del bene comune da parte di un partecipante alla comunione, atteso che con tali comportamenti la Fi. ha mutato, senza il consenso di tutti i partecipanti alla comunione, la destinazione usuale della corte e l’ha asservita per il vantaggio di altre sue diverse proprietà.

Pertanto la sentenza di primo grado non può essere sul punto condivisa e l’appello va accolto.

Per l’effetto la sentenza va riformata e va conseguentemente, dichiarato che la corte comune è esente da qualsivoglia servitù pedonale tra la cantina e il locale cucina del ristorante e, per l’effetto, va ordinato a Fi.Li. di ripristinare la recinzione, chiudere qualsivoglia passaggio al fine di inibire l’esercizio del transito pedonale e carrabile a chi che sia dal suo complesso commerciate alla corte comune; di inibire l’utilizzo della corte comune come sosta o parcheggio continuato e reiterato delle auto dei clienti del ristorante – bar, piscina, discoteca per accedere agli altri immobili di stia proprietà.

Con il terzo mezzo di gravame. l’appellante si duole del mancato accoglimento delle domande di cui ai punti E), F), G), M), L), M) volte a regolamentare il confine fra la corte comune e il fondo (…) e tra detti fondi e quello (…), mapp (…) di essa esponente; a condannare Fi.Li. ad eliminare dalla corte comune i manufatti realizzati ed adibiti ad aiuole e piante e ad asportare, vasi, bidoni di rifiuti, cassette di bottiglie ed altro; ad eliminare l’aggetto del tendone del ristorante sulla corte comune; a non utilizzare la corte per il carico e lo scarico delle merci destinate al ristorante; a ripristinare il confitte fra la corte comune part. (…), part. (…), ripristinare il terreno nello stato quo ante; a rilasciare in favore dell’appellante la porzione di terreno part. (…) occupata per la costruzione della strada, dei muri di sostegno e di contenimento, le piante ed eliminare tutti i manufatti e i materiali; a eliminare dal terreno dell’esponente lo scolo delle acque piovane provenienti dalla corte comune, a eliminare la fognatura costruita sulla corte comune e prolungata nel suo terreno; ad eliminare P apertura delle ante della porta della cucina; ad inibire il deposito, nell’area della corte antistante la cucina e lungo la recinzione, di merci varie, cassette e bottiglie vuole, residui di cucina, rifiuti solidi, deducendo l’erronea valutazione dei fatti di causa e delle risultanze istruttorie.

Per quanto riguarda la richiesta di regolamentare il confine fra la corte comune e il fondo (…), sulla quale il primo giudice non ha pronunciato, va rilevato che la C.T.U., espletata nel corso del giudizio di primo grado dal geom. Cl.Fe., ha accertato che la linea di confine fra la corte comune (…) e la confinante proprietà della convenuta è quella colorata in giallo nella planimetria, fig. n. (…) allegata alla relazione. per cui la Pi. ha illegittimamente occupato tutte le porzioni di terreno che si trovano al di fuori di tale linea.

Pertanto, in riforma della sentenza gravata ,va dichiarato che l’esatto confine fra la part. n. (…) di Fi.Li. è quello delineato in giallo nella planimetria, fig. 4, allegata alla C.T.U.

La domanda di regolamentare il confine fra i fondi nn. (…) di Pi.Li. e quello (…) dell’appellante va, altresì, accolta, sulla base degli accertamenti effettuali dal C.T.U.

Del resto i testi escussi, come già sopra osservato, hanno confermato che Li.Fi., per l’esecuzione dei lavori, ha eliminato la recinzione lungo il confine fra le part. (…), da una parte, e la part. (…), dall’altra, ha utilizzato, con il consenso della Da., limitato al tempo necessario all’esecuzione delle opere, parte del fondo (…) e al termine dei lavori ha rifiutato di restituire tale porzione di terreno; ha realizzato su tale fondo una strada bitumata nonché muri di sostegno e di contenimento.

Li.Fi., sulla quale gravava il relativo onere, non ha provato che tutto ciò sia stato realizzato con il consenso dell’appellante.

In riforma della sentenza impugnata Fi.Li. è, pertanto, tenuta a ripristinare il confine tra le part. (…) e quelle (…) secondo quanto indicato dal C.T.U., a restituire all’appellante il terreno occupalo per la costruzione della strada, dei muri di sostegno e di contenimento nonché a rimettere in pristino stato i luoghi ed eliminare i sassi, i detriti e i materiali vari nonché ad eliminare il tratto di fognatura lungo mt. 18 che corre nella proprietà map (…), a non utilizzare la corte comune per lo scarico e carico delle merci destinate al ristorante.

Deve ritenersi, altresì, abusiva, in quanto non vi è prova del preventivo consenso della proprietaria, la realizzazione della condotta fognaria che insiste, come accertato dal C.T.U., (pag. 10 della relazione) sul mapp. (…) per il tratto (…) lunga circa mt. 18.

Quanto alla doglianza relativa al mancato rigetto della domanda volta ad eliminare dal terreno dell’appellante lo scolo delle acque piovane provenienti dalla corte comune, va osservato che questa lamenta che la Fi. ha, senza alcun permesso dei comunisti, bitumato la corte comune e ha dato alla stessa una diversa pendenza con la conseguenza che le acque piovane che cadono sulla corte nonché quelle che provengono dalla strada provinciale, finiscono a ridosso delle cantine e da queste colano nel sottostante terreno di essa esponente.

Sul punto il C.T.U., a seguito delle verifiche tecniche effettuate, ha accertato che l’attuale pendenza della corte determina che le acque meteoriche scorrono lungo e verso il sottostante terreno attoreo (rispetto alla corte) in corrispondenza del punto 501 (planimetria, fig. 3 allegata alla C.T.U.).

Va, pertanto, accolto anche sul punto l’appello e, per l’effetto, va ordinato a Li.Fi. di ripristinare il precedente sistema di raccolta e scolo delle acque meteoriche al fine di eliminare lo scolo delle stesse nel terreno di Fi.Da.

Va accolta anche la domanda volte ad ottenere la eliminazione del tendone.

Sul punto la C.T.U. ha accertalo che l’appellata ha appoggiato sul muro perimetrale del suo edificio (parte cucina) un tendone della lunghezza di mt. 10,00 che aggetta per 4,00 metri nel cortile comune.

L’apposizione di una tenda che si diparte da un bene di proprietà esclusiva e che aggetta su un’area comune di proprietà di altri soggetti, deve ritenersi illecita atteso che tale utilizzo della cosa comune (ovvero del corrispondente spazio aereo) determina sicuramente una pregiudizievole invadenza nell’ambito dei coesistenti diritti degli altri comproprietari.

Non vi è dubbio, infatti che il tendone se aperto, occupa lo spazio aereo della corte comune e ciò non si risolve in una più intensa utilizzazione del bene comune (spazio aereo sovrastante la corte) da parte di un comunista ma in una occupazione di tale area mediante la stabile incorporazione al contiguo bene del singolo comproprietario di una porzione dello spazio aereo comune.

Va, altresì, accolta, per gli stessi motivi di cui sopra, la domanda volta ad ottenere la eliminazione della porta a due ante che mette tu comunicazione la corte comune con il bene di proprietà esclusiva del condomino.

Del pari, vanno accolte le domande volte ad ordinare all’appellata di asportare dalla corte comune vasi, bidoni per rifiuti, cassette di bottiglie e ad inibire alla medesima di depositare, sul!’ area antistante la cucina, merci varie, residui alimentari, rifiuti solidi atteso che tali comportamenti devono ritenersi vietati dall’art. 1102 c.c. in quanto immutano sicuramente la destinazione della corte comune che non è cerio quella di creare un deposito o un’area rifiuti a servizio di un locale esterno al condominio ma di passeggiare, prendere arca, sostare provvisoriamente con le vetture per il carico e lo scarico.

Vanno, invece, disattese le ulteriori richieste dell’appellante volte ad ottenere la condanna della Fi. ad eliminare dalla corte comune i manufatti, le aiuole, le piante in quanto tali comportamenti rientrano nell’art. 1102 c.c. in quanto non mutano la destinazione dei luoghi, non impediscono il pari uso agli altri partecipanti, ma costituiscono un legittimo maggior godimento del bene comune da parte di un condomino,

Del pari la Fi. può continuare ad utilizzare la corte per il carico e lo scarico delle merci alla sua cantina posta nell’edificio comune, purché trattasi di parcheggio temporaneo c connesso alle sole operazioni di carico e scarico, così come consentito a ciascun altro partecipante alla comunione, ai sensi dell’art. 1102 c.c.

Con il quarto mezzo di gravame, l’appellante censura la sentenza per il mancato accoglimento della domanda di condanna dell’appellata al risarcimento dei danni da essa subiti, a decorrere dai 1989, per non aver potuto disporre e godere della corte comune e del terreno di sua proprietà, per i disagi subiti per la presenza di materiali, auto, autocarri, per le umiliazioni patite a seguito del comportamento ostruzionistico della Fi., per avere l’appellata utilizzato per anni la corte e il terreno di sua proprietà traendone un’ingiusta utilità, il tutto nella misura di Lire 100.000.000 o in quella diversa ritenuta di giustizia, parere della Corte, l’appellante ha diritto solo al risarcimento del danno per il mancato godimento dell’area comune e per l’impossessamento di una porzione di fondo di sua proprietà da parte dell’appellata, utilizzata come deposito di materiali edili, per il passaggio degli autocarri, escavatori per lutto il periodo in cui si sono protratti i lavori.

I testi escussi hanno, infatti, confermato che per tutta la durata dei lavori (anni 1989/1997) l’area comune è stata realizzata come deposito di materiali edili e per la sosta di autocarri e scavatori. I testi hanno, altresì, confermato che, completati i lavori, l’appellata ha rifiutato di restituire alla Da. la porzione di terreno part. (…) sulla quale aveva realizzalo la strada sulla quale continua a far transitare le autovetture dei propri clienti diretti alla piscina e alla discoteca. Deve, quindi, ritenersi provato che la Da. ha subito un danno patrimoniale per il mancato godimento dei beni di sua proprietà e per il limitato utilizzo della corte comune.

Quanto all’ammontare di tale danno, il C.T.U. ha quantificato in complessivi Euro 1.530,00, all’attualità (relazione depositata il 15.6.2004), l’indennizzo per l’utilizzo della corte comune per n. 8 anni (1989/1997) in misura pari al valore locativo del bene e tenuto conto che i proprietari del bene comune sono sei. Mentre ha quantificato il danno subito per il mancato utilizzo del terreno di esclusiva proprietà dell’appellante (part. (…)), dal 1989 al deposito dell’elaborato peritale, in Euro 350,00 ovvero in Euro 5,145,00 a seconda della natura riconosciuta al terreno. Ritiene la Corte che il danno subito dall’appellante per il mancato godimento della corte comune e della porzione di terreno di proprietà esclusiva va quantificato in complessivi Euro 6.675.00 alla data della relazione peritale (15.6.2004), atteso che il terreno dell’appellante non ha natura agricola ma rientra nel comporlo B 1 di completamento.

In riforma della sentenza impugnata Fi.Li. va, pertanto, condannata ai pagamento, in favore dell1 appellante, della somma di Euro 6.675,00 a titolo risarcitorio.

Trattandosi di un debito di valore, il capitale di Euro 6.675,00 calcolato all’attualità alla data del 15.6.2004 (data del deposito dell’elaborato peritale), deve essere devalutato alla data della domanda, secondo i noti indici Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e impiegati e su tale somma, rivalutata anno per anno, vanno calcolali gli interessi compensativi, a titolo di n risarcimento da lucro cessante per il mancato godimento del predetto importo fino alla presente sentenza.

Sai complessivo importo così determinato spettano, altresì, gli interessi legali dalla data della presente sentenza al saldo (cfr. Cass. 17.2.1995 n. 1712).

Nulla può essere riconosciuto a titolo di danno per le spese necessarie a ripristinare i luoghi atteso clic, avendo l’attrice Fi. chiesto il risarcimento in forma specifica, l’appellata è stata condannata a ripristinare, a sue spese, i luoghi di causa.

Nulla spetta, altresì, a titolo di danni non patrimoniali atteso che i lamentati disagi e le umiliazioni asseritamele patite a seguito del comportamento ostruzionistico e arrogante della Fi. non costituiscono di per sé falli idonei a ledere interessi costituzionalmente protetti della persona, anche nella interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. fornita dalla sentenza della Suprema Corte (n 26972/2008).

Con il quinto motivo di appello, la Fi. ha censurato la sentenza per l’erroneo rigetto della domanda di condanna della convenuta ad arretrare i manufatti realizzati in violazione della distanza legale rispetto al confine della corte comune e della proprietà esclusiva di essa esponente per omessa ed errata valutazione degli atti di causa e delle risultanze istruttorie.

La doglianza è fondata, avendo sul punto, il giudice, omesso ogni pronuncia.

La Corte rileva che il C.T.U., geom. Fe., nell’elaborato peritale, dopo aver proceduto all’esame della normativa urbanistica locale, evidenziando che la zona ove è posto il fabbricato è classificata “B1” e che la distanza minima dei fabbricati dal confine è stabilita in mt. 5,00 ha accertalo, nel suo elaborato – che appare immune da vizi logici e giuridici ed è fondato sull’attenta valutazione dello stato dei luoghi ed è quindi pienamente condivisibile – che il fabbricato adibito a ristorante, nella parte ampliata, dista dal confine della corte comune mt. 4,20 nel punto 502 (fig. 4) mentre, rispetto al confine con la particella 622 dell’appellante, dista mi, 4.40 dal punto “C” mt. 6.70 nel punto “D”, mt. 4,90 nel punto “E1” e mi. 4,20 nel punto “F”, come da planimetria, fig. n. 3, allegata alla relazione peritale.

Pertanto, considerate le distanze stabilite nel P.R..G. del Comune di Serrone, non può revocarsi in dubbio che il fabbricato è stato realizzalo in violazione delle distanze regolamentari fissate nella normativa locale, sia con riferimento al confine con la corte comune che con il confine della proprietà dell’appellante part. (…).

L’appello sul punto va, periamo, accolto e, per l’effetto. Fi.Li. va condannata all’arretramento del fabbricato nel rispetto della normativa di legge e di regolamento con riferimento sia ai confini della corte comune che del fondo part. (…).

Stante l’esito complessivo del giudizio che ha visto quasi completamente accolte le domande della parte appellarne, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese processuali per entrambi i gradi del giudizio nella misura di 1/5, ponendo 4/5 residui, liquidati per intero nel dispositivo, a carico della parte appellata.

P.Q.M.,

La Corte, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Fi.Da. nei confronti di Fi.Li., avverso la sentenza n. 233/2012 del Tribunale di Frosinone – Sezione distaccata di Anagni, così provvede:

1) in parziale accoglimento dell’appello e, in parziale riforma della sentenza impugnata: accoglie l’actio negatoria servitutis, e, per l’effetto, dichiara che la corte comune per cui è causa è esente da qualsivoglia servitù di passaggio pedonale e carrabile e di servitù di cloaca a favore del fondo (…) di proprietà di Ra.Li.; dichiara che la corte comune è esente da qualsivoglia servitù pedonale tra la cantina Fi., sita nel fabbricato Fg. (…) n. (…), e il locale cucina del ristorante; ordina a Fi.Li. di regolamentare il confine fra la corte comune, part. n. (…), secondo la linea indicata dal C.T.U. (linea gialla nella planimetria, fig. 4. allegata alla C.T.U.), ripristinando, a proprie spese, la recinzione fra i fondi, di chiudere qualsivoglia passaggio, di inibire l’esercizio del transito pedonale e carrabile per la corte comune; di inibire l’utilizzo della corte comune come sosta o parcheggio continuato e reiterato delle auto dei clienti del ristorante – bar. piscina, discoteca; di inibire il passaggio pedonale ai clienti per accedere agli altri immobili di sua proprietà e/o per giocare o passeggiare nella corte comune; di restituire all’appellante la porzione di terreno occupala per la costruzione della strada, dei muri di sostegno e di contenimento, nonché di riportare i luoghi al pristino stato, eliminando i sassi, i detriti e i materiali vari; di eliminare il tratto di fognatura lungo mt. 18 che corre nel terreno mapp. (…), a non utilizzare la corte comune per lo scarico e carico delle merci destinate al ristorante; di ripristinare il precedente sistema di raccolta e scolo delle acque meteoriche al fine di eliminare lo scolo delle stesse nel terreno di Fi.Da.; di eliminare l’aggetto del tendone del ristorante sulla corte comune e l’apertura della porta a due ante che mette in comunicazione la corte comune con la cucina del ristorante; di asportare dalla corte comune vasi, bidoni per rifiuti, cassette di bottiglie e ad inibire alla medesima di depositare, sull’area antistante la cucina, merci varie, residui alimentari, rifiuti solidi;

2) condanna Fi.Li. al pagamento in favore dell’appellante, della somma di Euro 6.675,00 a titolo risarcirono con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali come precisato in motivazione;

3) condanna Fi.Li. ad arretrare il fabbricato di sua proprietà nel rispetto della normativa di legge e di regolamento con riferimento ai confini della corte comune e della part. (…), come accertato dal C.T.U.;

4) condanna Fi.Li. al pagamento dei 4/5 delle spese processuali, per entrambi i gradi del giudizio, che si liquidano, per l’intero, per il primo grado, in Euro 2.530,00, di cui Euro 100,00 per spese ed e 2.430,00 per compenso professionale e, per il secondo grado, in complessivi Euro 2.875,00 di cui Euro 100,00 per spese ed 12.775,00 per compenso professionale, compensando il quinto residuo, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma il 9 dicembre 2016.

Depositata in Cancelleria l’1 febbraio 2017.

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