L’autoriduzione del canone di locazione costituisce una forma di autotutela riconosciuta dall’ordinamento al conduttore – sempre nei limiti della ragionevolezza, congruità e non temerarietà – unicamente nell’ambito del giudizio di determinazione dell’equo canone ex art.45 L 392/1978; mentre, al di fuori di questa ipotesi, essa costituisce fatto arbitrario ed illegittimo del conduttore che, provocando il venir meno dell’equilibrio sinallagmatico del contratto, deve essere valutato dal giudice nella sua gravità risolutoria del rapporto. Tale principio vale anche in tutte le ipotesi in cui l’autoriduzione del canone venga giustificata dal conduttore, ex art 1578,per l’affermata presenza nella cosa locata di vizi tali da diminuirne apprezzabilmente l’idoneità all’uso pattuito. Anche in tale ipotesi, infatti, il conduttore non ha facoltà di procedere alla unilaterale riduzione del canone, ma soltanto di domandare al giudice la riduzione del corrispettivo ovvero, in esito alla valutazione di importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti, la risoluzione del contratto

 CHIEDI UNA CONSULENZA IN MATERIA DI LOCAZIONE 

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile – Sentenza 22 aprile 2010, n. 9548Contratti singoli – Contratti tipici – Locazione – Obbligazioni principali del conduttore – Corrispettivo – Pendenza di giudizio per la determinazione dell’equo canone – Posizione del conduttore – Fondamento – Autoriduzione del canone di locazione – Forma di autotutela – Condizioni – Inadempimento – Configurabilità

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANOLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONESEZIONE TERZA CIVILEComposta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10570/2006 proposto da:

PI. AU. LU. (OMESSO), elettivamente domiciliato in Roma presso la Cancelleria della CORTE di CASSAZIONE rappresentato e difeso dall’Avvocato ALBITES COEN ANTONIO con studio in 16122 GENOVA Distacco di Piazza Marsala n. 4/14 con delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FL. MA. CR. ;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1023/2005 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, Prima Sezione Civile, emessa il 16/11/2005; depositata il 21/11/2005;

R.G.N. 1863/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/04/2010 dal Consigliere Dott. AMATUCCI Alfonso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con sentenza n. 3383 del 2003 il tribunale di Genova rigetto’ la domanda (del 27.9.1994) del locatore Pi.Au. Lu. volta alla risoluzione per inadempimento del contratto di locazione di un immobile “ad uso transitorio come seconda residenza” locato dall'(OMESSO) a Fl.Ma. Cr. , che vi aveva trasferito la propria residenza anagrafica e, dopo aver proposto domanda per la determinazione del canone legalmente dovuto, dal luglio del 1994 aveva corrisposto il minore importo mensile di lire 110.706 in luogo di quello convenuto di lire 750.000. Ritenne che il locatore era stato in grado di conoscere che le esigenze del conduttore erano incompatibili con la pattuita transitorieta’ della locazione.

2. – La sentenza e’ stata confermata dalla corte d’appello di Genova che, con sentenza n. 1023 del 2005, ha rigettato l’appello del locatore soccombente, pur se sul diverso rilievo che era nella specie configurabile un vero e proprio accordo simulatorio tra le parti.

3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione il Pi. , affidandosi a quattro motivi illustrati anche da memoria.

L’intimata non ha svolto attivita’ difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Col primo motivo e’ denunciata omessa motivazione sul punto decisivo della controversia costituito dalla contraddittorieta’ intrinseca della testimonianza del teste Mo. , nonche’ fra quanto dichiarato dallo stesso e quanto affermato dal teste Vi. .

Il ricorrente si duole che la corte abbia ritenuto le circostanze riferite veridiche senza farsi carico della tesi, prospettata anche con l’atto di appello, che non lo fossero rispetto a due fatti pacifici.

1.1.- Il motivo e’ manifestamente infondato, non costituendo “punti decisivi” ma solo tesi difensive gli assunti prospettati in ricorso come fatti pacifici (che, cioe’, qualunque commercialista avrebbe sconsigliato la conclusione del contratto e che il locatore non avrebbe mai locato per un uso che comportasse l’applicazione dell’equo canone).

2.- E’ manifestamente infondato anche il secondo motivo, col quale e’ denunciata violazione dell’articolo 115 c.p.c. in relazione all’apprezzamento di circostanze (lavori svolti dalla conduttrice e antieconomicita di un contratto di locazione dalla stessa in ipotesi concluso al solo fine di disporre di un immobile dove impartire lezioni private, di modesta redditivita’) che la corte d’appello ha considerato solo corroboranti la conclusione raggiunta a seguito della completa valutazione delle assunte prove testimoniali.

3.- Manifestamente infondato e’ pure il terzo motivo, col quale la sentenza si assume viziata per omessa motivazione su altro punto decisivo, costituente anch’esso, in realta’, non un fatto ma una tesi difensiva (interesse della conduttrice ad una locazione transitoria in relazione agli incerti sviluppi del suo rapporto sentimentale col convivente), della quale la corte non era affatto tenuta a dar conto in motivazione, attesi i diversi e determinanti fatti considerati.

4.- Col quarto motivo e’ denunciata violazione dell’articolo 112 c.p.c., articoli 1456 e 1453 c.c., Legge 23 luglio 1978, n. 392, articoli 44, 45 e 12 nell’assunto che, fino a quando il giudice non si sia pronunciato sulla richiesta del conduttore di determinazione canone legale di cui alla Legge n. 392 del 1978, articolo 45, questi e’ comunque tenuto a corrispondere quello convenzionale e, se non lo faccia, e’ inadempiente.

4.1. Il principio e’ corretto in diritto (cfr., ex plurimis, Cass., sez. un., n. 5383/1984, nonche’ Cass, nn. 4520/89, 6403/90, 9955/97, 14234/04), ma il motivo di ricorso e’ infondato in quanto del tutto prescinde dalla circostanza (di cui da atto la sentenza impugnata alle pagine 4 e 10 e lo stesso ricorrente nell’esposizione del fatto che precede l’illustrazione dei motivi) che la conduttrice aveva, prima di procedere alla riduzione, proposto domanda per la determinazione legale innanzi al pretore di Genova.

Si rende dunque applicabile il diverso principio secondo il quale laL 392/1978 art. 45 u.c., nel disporre che, ove penda giudizio sulla determinazione dell’equo canone, il conduttore e’ obbligato a corrispondere, salvo conguaglio, l’importo non contestato, gli attribuisce espressamente la facolta’ di limitare il versamento del corrispettivo, per tutta la durata del giudizio stesso, alla misura che reputa dovuta, anche se – al fine di evitare la sanzione risolutoria per inadempienza da morosita’ – quella misura deve essere ragionevole, non temeraria e, comunque, congrua (Cass., n. 132/1984 e 9873/1990). Come poi precisato da Cass., n. 72 69/2000, “in definitiva, l’autoriduzione del canone costituisce forma di autotutela riconosciuta al conduttore nell’ambito del giudizio di determinazione dell’equo canone”.

Il ricorrente non si fa carico della questione, nulla osservando in ordine all’affermazione (che si legge a ti pagina 10 della sentenza impugnata) nel senso che andava escluso che configurasse inadempimento della conduttrice il pagamento da parte sua di un canone inferiore a quello risultante dal contratto “avendo la stessa pagato il canone legale salvo conguaglio a seguito del procedimento di determinazione promosso ai sensi della Legge 21 luglio 1918, n. 392, articolo 45 e attualmente sospeso”.

5.- Il ricorso e’ respinto.

Non sussistono i presupposti per provvedere sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE

rigetta il ricorso.

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