L’azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili ex art. 1669 c.c., può essere esercitata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il venditore che abbia costruito l’immobile sotto la propria responsabilità, allorché lo stesso venditore abbia assunto, nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti, una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell’opera, e sempre che si tratti di gravi difetti i quali, al di fuori dell’ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell’edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l’abitabilità del medesimo.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile  Sentenza 4 febbraio 2014, n. 2436

VENDITA – GARANZIA – VIZI

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GOLDONI Umberto – Presidente

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere

Dott. PROTO Cesare Antonio – rel. Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3340/2008 proposto da:

IMPR (OMISSIS) Srl, IN PERSONA DEL MEDESIMO RAPP.TE P.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– intimati –

avverso la sentenza n. 1773/2007 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 22/06/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/11/2013 dal Consigliere Dott. CESARE ANTONIO PROTO;

udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore della ricorrente che deposita copia della cartolina notificata a (OMISSIS) intimato;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel Febbraio del 1989 la societa’ odierna ricorrente, dopo la stipulazione di preliminari di vendita, vendeva a ciascuno degli odierni 17 controricorrenti e degli altri 12 intimati che non si sono costituiti in questo giudizio di cassazione, singole unita’ immobiliari all’interno di due fabbricati con villette a schiera costruiti dalla stessa societa’ venditrice; le suddette unita’ immobiliari erano state gia’ prese in consegna nel 1987 dai promissari acquirenti, almeno secondo quanto afferma la ricorrente nel suo ricorso.

Nel Giugno del 1989 i suddetti acquirenti denunciavano l’esistenza di vizi e difetti e con citazione del 5/11/1990 convenivano in giudizio la societa’ quale costruttrice e venditrice denunciando gravi vizi e difetti della pavimentazione, tali da rendere i locali non usufruibili; gli attori chiedevano la condanna della convenuta (che, a loro dire, aveva riconosciuto i vizi e si era impegnata a porvi rimedio) a ripristinare lo stato dei luoghi o a risarcire i danni per vizi e difetti occulti della cosa venduta.

La convenuta negava di avere riconosciuto i vizi, deduceva che la cosa venduta era idonea all’uso e affermava di non essere tenuta ad alcuna garanzia perche’ i beni erano stati presi in consegna senza riserva; infine eccepiva l’intervenuta prescrizione e decadenza dall’azione redibitoria.

Con sentenza del 2002 il Tribunale di Busto Arsizio rigettava le eccezioni di prescrizione e decadenza sia perche’ dalle espletate prove orali era risultato che il venditore aveva riconosciuto i vizi e si era impegnato a eliminarli, sia perche’ applicabile alla fattispecie la normativa di cui all’articolo 1669 c.c., analogicamente applicabile alla vendita; condannava pertanto la convenuta al risarcimento dei danni derivanti dalla difettosa pavimentazione delle unita’ immobiliari sulla base delle risultanze della CTU.

La societa’ (OMISSIS) proponeva appello al quale resistevano gli attori, dieci dei quali proponevano appello incidentale per ottenere un risarcimento maggiore e in coerenza con il supplemento di perizia del 1998; l’appellante riproponeva le eccezioni di prescrizione e decadenza, contestava la valutazione delle prove circa il ritenuto riconoscimento dei vizi, contestava l’applicabilita’ dell’articolo 1669 c.c., alla vendita, eccepiva il difetto di prova sull’esistenza e la quantificazione dei danni.

La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 22/6/2007 rigettava l’appello principale e accoglieva quello incidentale e, in particolare:

– rigettava il motivo con il quale era censurata la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto provato il riconoscimento dei vizi e l’impegno ad eliminarli; la Corte osservava che era probante la testimonianza (OMISSIS) avvalorata da due missive inviate dalla societa’;

– riteneva che, malgrado il contratto fosse qualificabile come vendita, fosse egualmente applicabile l’articolo 1669 c.c., ancorche’ norma dettata in materia di appalto, tenuto conto della natura e incidenza dei vizi della pavimentazione che rendeva necessaria la posa in opera di nuovi sottofondi e pavimenti;

– rilevando che i vizi non erano palesi escludeva che l’opera potesse considerarsi accettata con la presa in consegna;

riteneva l’assoluta infondatezza delle censure sulla sussistenza del danni e sulla liquidazione osservando che l’asserita mancata eliminazione dei vizi e difetti non escludeva l’esistenza del danno risarcibile, confermato dalle relazioni di consulenza e, in accoglimento degli appelli incidentali, adeguava il danno degli appellanti incidentali alle risultanze del supplemento di perizia.

La societa’ Impresa (OMISSIS) s.r.l. propone ricorso affidato a 5 motivi.

Resistono con controricorso 18 dei 29 intimati.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la societa’ ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1470, 1472, 1655 e 1667 c.c., e il vizio di motivazione sostenendo che con gli intimati era intervenuto un contratto di vendita e non di appalto con la conseguenza che avrebbe dovuto essere applicata la normativa in materia di vendita e che la Corte di Appello avrebbe confuso i due contratti e non avrebbe dato adeguata motivazione dell’applicazione della disciplina dell’appalto; in tal senso formula i corrispondenti quesiti previsti dall’articolo 366 bis c.p.c., ora abrogato, ma applicabile ratione temporis.

1.1 Il motivo e’ manifestamente infondato perche’ la Corte di Appello ha riconosciuto che il contratto doveva qualificarsi vendita e non appalto, ma ha applicato l’articolo 1669 c.c. in via analogica e in motivata adesione al costante orientamento di questa Corte secondo il quale le disposizioni di cui all’articolo 1669, disciplinanti le conseguenze dannose di quei particolari difetti ivi contemplati, configurano una responsabilita’ di tipo extracontrattuale, sancita per ragioni e finalita’ di interesse generale, che sebbene collocata nell’ambito della disciplina dell’appalto, e’ tuttavia estensibile al venditore che sia stato (come nel caso qui in esame) anche costruttore del bene immobiliare venduto e pertanto tale azione di responsabilita’ puo’ essere esercitata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il venditore che abbia costruito l’immobile (v., tra le altre, Cass. 16/2/2012 n. 2238Cass. 31/3/2006 n. 7634Cass. 28/4/2004 n. 8140, proprio in una fattispecie nella quale gli acquirenti avevano agito perche’ le mattonelle del pavimento dei singoli appartamenti si erano scollate e rotte in misura percentuale notevole rispetto alla superficie rivestita; Cass. 29/3/02 n. 4622, 10/1/01 n. 12406, conf. n. 9853/98, n. 3146/98, n. 9313/97, n. 8108/97). Il collegio non ravvisa motivi per doversi discostare dai suddetti principi; nel caso di specie in cui e’ incontroverso che l’impresa venditrice avesse anche costruito l’edificio nel quale erano comprese le unita’ immobiliari acquistate dagli attori, diviene irrilevante la circostanza che gli appartamenti non fossero ancora esistenti all’atto del precedente contratto preliminare o che il contratto dovesse essere qualificato come vendita di cosa futura ed e’ altrettanto irrilevante che tra le parti non fosse stato stipulato anche un contratto di appalto, tenuto conto dell’evidenziata natura extranegoziale della responsabilita’ per l’ipotesi di sussistenza di vizi del genere di quelli indicati dall’articolo 1669 cit..

2. Con il secondo motivo la societa’ ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1470, 1490, 1655 e 1668 c.c., e il vizio di motivazione e sostiene che l’azione risarcitoria esercitata sarebbe improponibile perche’, in caso di inadempimento del venditore per l’esistenza di gravi vizi e difetti, l’acquirente avrebbe potuto chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, ma non la rimozione dei vizi e difetti ex articolo 1688 c.c., a spese dell’appaltatore oltre al risarcimento del danno.

La societa’ ricorrente, formulando i quesiti, chiede:

– che questa Corte accerti e dichiari se in costanza di contratto di futura vendita sia proponibile per il compratore l’azione redibitoria per vizi e difetti, diversa da quella consentita e disciplinata dall’articolo 1492 c.c., con gli effetti previsti dall’articolo 1493 c.c.;

– che questa Corte accerti e dichiari se il giudice di secondo grado non abbia omesso di adeguatamente motivare sulla proponibilita’ di domanda diversa da quella prevista e disciplinata dagli articoli 1492 e 1493 c.c., apoditticamente ritenendola proponibile.

2.1 Il motivo e’ inammissibile non solo perche’ la questione non risulta proposta in alcuno dei due gradi del giudizio di merito, ma anche perche’ non attinge la ratio decidendi per la quale la responsabilita’ e il diritto al risarcimento del danno sono stati fondati sull’applicazione dell’articolo 1669 c.c., correttamente ritenuto applicabile alla fattispecie per le ragioni esposte nel rigettare il primo motivo di ricorso, per effetto del quale al danneggiato e’ riconosciuto il diritto di chiedere, alternativamente, o l’esecuzione delle opere necessarie ad eliminare i vizi o il pagamento della somma corrispondente al costo di tali opere in applicazione del principio generale per il quale nei limiti stabiliti dall’articolo 2058 c.c., il risarcimento puo’ disporsi in forma specifica o per equivalente (cfr. Cass. 22/12/1999 n. 14449; Cass. 21/3/1989 n. 1406).

3. Con il terzo motivo la societa’ ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1476, 1477, 1490, 1491 e 1495 c.c..

La societa’ premette:

– che gli immobili sono stati consegnati con verbali di consegna tra il 15/5/1987 e il 7/7/1987;

– che i compratori erano onerati della verifica della prestazione e che da quel momento esercitavano il potere di fatto sulla cosa.

Cio’ premesso, sostiene che non ricorrevano i presupposti per azionare la garanzia perche’:

– i vizi non rendevano la cosa inidonea all’uso, ne’ era stata provata l’inagibilita’ dei locali venduti, tenuto conto che i pavimenti sono normalmente calpestati e non rimossi;

– i vizi non erano stati denunciati se non quando era abbondantemente decorso sia il termine di decadenza degli otto giorni, sia il termine di prescrizione dell’anno, stabiliti dall’articolo1495 c.c..

La societa’ ricorrente, formulando i quesiti, chiede:

– se in caso di vendita siano applicabili le garanzie per i vizi di cui all’articolo 1490 c.c. nei termini e con le decadenze dell’articolo1495 c.c., e non l’azione di garanzia ex articolo 1669 e se la sentenza impugnata non abbia violato le suddette norme non riconoscendo la prescrizione e decadenza dell’azione;

– se la Corte di Appello non abbia omesso di motivare adeguatamente sull’applicabilita’ delle menzionate norme, apoditticamente ritenendo ammissibile l’azione di garanzia ex articolo 1669 c.c..

3.1 Il motivo e’ infondato per molteplici e autonome ragioni:

a) e’ stata ritenuta la responsabilita’ del venditore ex articolo 1669 c.c., e pertanto non erano comunque applicabili i termini e le decadenze dell’articolo 1495 c.c.;

b) la mera presa in consegna non equivale a rinuncia alla garanzia o accettazione laddove, come nella specie ritenuto dal giudice di appello, i vizi non siano palesi, ma manifestatisi successivamente;

c) la sentenza di appello ha confermato la sentenza di primo grado che aveva accertato che i vizi erano stati riconosciuti e che era stato assunto l’impegno a rimuoverli e inoltre, ha escluso la prescrizione perche’ l’intendimento di vedere riparati i vizi e di essere ristorati dei danni, tempestivamente espresso dagli acquirenti era stato coltivato fino alla citazione (pag. 6 della sentenza di appello);

d) la contestazione della gravita’ dei vizi, in questa sede di legittimita’, e’ inammissibile per assoluta genericita’; inoltre introduce una censura (i pavimenti erano normalmente calpestati e non rimossi), sulla quale la Corte di Appello ha adeguatamente motivato rilevando che la mancata realizzazione del ripristino attiene all’eliminazione dei vizi e difetti e non alla loro esistenza innegabilmente accertata (pag. 7 e 8 della sentenza di appello).

4. Con il quarto motivo la societa’ ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1470 e 1496 c.c., e il vizio di motivazione.

La ricorrente contesta la valutazione dei giudici del merito circa l’intervenuto riconoscimento del vizio e aggiunge che, anche a volere ritenere che i vizi fossero stati riconosciuti, sarebbe comunque decorso il termine di prescrizione di un anno dalla consegna.

4.1 Il motivo e’ infondato perche’:

– in ordine al riconoscimento dei vizi, propone una quaestio facti sulla quale la Corte di Appello ha ampiamente e sufficientemente motivato con argomenti specifici (la testimonianza (OMISSIS), le missive intercorse tra le parti) che non sono attinti da altrettanto specifiche censure);

– in ordine alla prescrizione non rilevano le prescrizioni e decadenze in materia di vendita rispetto all’azione fondata sull’applicazione analogica dell’articolo 1669 c.c., e comunque la prescrizione, secondo la motivazione della Corte di Appello non attinta da una censura sufficientemente specifica, sarebbe interrotta dalle trattative tra le parti che dimostravano come la volonta’ di ottenere il ripristino o il risarcimento fosse stata coltivata fino alla citazione.

5. Con il quinto motivo la societa’ ricorrente deduce la violazione degli articoli 1667, 1668 e 1669 c.c., e il vizio di motivazione contraddittoria. La ricorrente sostiene:

– che, inquadrata la responsabilita’ come responsabilita’ derivante dal contratto di appalto, la Corte di Appello avrebbe dovuto applicare la decadenza di cui all’articolo 1667 c.c.;

– che non poteva essere riconosciuta la responsabilita’ ex articolo1669 c.c., perche’ i vizi non rendevano inadatta l’opera alla sua destinazione;

– che sarebbe maturata anche la prescrizione di cui al secondo comma dell’articolo 1669 c.c..

La societa’ ricorrente, formulando i quesiti, chiede:

– se nell’appalto l’articolo 1669, e i maggiori termini di decadenza e prescrizione possano trovare applicazione in presenza di ogni tipo di vizi dell’opera o solamente in caso di gravi difetti o di pericolo di rovina, rimanendo esclusi i vizi di minore entita’ che consentano l’uso al quale l’opera e’ destinata e se, in tale ipotesi, trovino applicazione i piu’ brevi termini di prescrizione e decadenza dell’articolo 1667 c.c.;

– se la Corte di Appello non abbia violato e falsamente applicato le norme suddette mancando i presupposti che ne avrebbero consentito l’applicazione, cosi’ contraddittoriamente motivando.

5.1 Il motivo e’ manifestamente infondato in quanto:

– la Corte di Appello non ha ritenuto che tra le parti fosse stato concluso un contratto di appalto, ma che agli acquirenti, i quali avevano concluso con il costruttore un contratto di vendita, dovesse essere accordata, analogicamente, la tutela extracontrattuale di cui all’articolo 1669 c.c.; di conseguenza gli articoli che disciplinano il contratto di appalto (ad esclusione dell’articolo 1669, applicabile analogicamente a favore degli acquirenti) non vengono qui in rilievo; la domanda con cui l’acquirente di un immobile, in base ai difetti costruttivi del medesimo, chiede la condanna del costruttore venditore al pagamento delle somme necessarie per l’eliminazione di detti difetti, costituisce, infatti, domanda di risarcimento del danno in forma specifica da responsabilita’ extracontrattuale e non domanda di adempimento del contratto di appalto;

– la contestazione sulla natura e rilevanza dei vizi ai fini dell’applicabilita’ dell’articolo 1669 c.c., e’ assolutamente generica e si fonda sull’erroneo presupposto che i vizi rilevanti ai sensi della richiamata norma siano solo quelli che rendano la costruzione totalmente inidonea all’uso alla quale e’ destinata, mentre i gravi difetti considerati dall’articolo 1669 c.c., come peraltro osservato anche dalla Corte di Appello (pag. 5 della sentenza, con richiamo a un precedente di questa stessa Corte), sono anche quelli che incidano su elementi accessori dell’opera (da intendere anche come singola unita’ abitativa: v. Cass. 28/4/2004 n. 8140), come la pavimentazione purche’, anche senza influire sulla stabilita’ dell’edificio, riducano in modo rilevante il normale godimento, la funzionalita’ o l’abitabilita’ dell’immobili (v. tra le piu’ recenti, Cass. 16/2/2012 n. 2238); la motivazione e’ comprensibile e sufficiente;

– l’articolo 1669 c.c., ritenuto applicabile dalla Corte di Appello, deroga ai termini di denunzia e prescrizione dell’articolo 1667 c.c., prevedendo un termine di un anno dalla scoperta per la denunzia e il termine di un anno dalla denunzia per evitare la prescrizione e dalla motivazione della Corte di Appello;

– la prescrizione dell’azione ex articolo 1669 c.c., non risulta mai eccepita davanti ai giudici del merito, la censura e’ formulata in modo assolutamente generico (“l’esatta applicazione della norma avrebbe dovuto indurre…alla reiezione della domanda anche per la prescrizione ex articolo 1669 secondo comma c.c.“) senza la formulazione di un corrispondente quesito e non contrasta la motivazione della Corte di Appello secondo la quale i vizi erano stati riconosciuti e l’intendimento di vedere riparati i vizi e di essere ristorati dei danni, tempestivamente espresso dagli acquirenti, era stato coltivato fino alla citazione sicche’ sino a tale data la prescrizione non era compiuta(pag. 6 della sentenza di appello).

6. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con la condanna della societa’ ricorrente, in quanto soccombente, al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la societa’ Impresa (OMISSIS) s.r.l. a pagare ai controricorrenti le spese di questo giudizio di cassazione che liquida in euro 6.000,00 per compensi oltre euro 200,00 per esborsi.

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