In tema di compravendita, la garanzia per evizione costituisce una particolare tutela che l’ordinamento attribuisce al compratore, per il caso in cui sia disturbato o menomato nel godimento del bene acquistato per effetto delle pretese fatte valere da terzi nei suoi confronti. Non v’è dubbio che può costituire evizione anche l’espropriazione forzata del bene ovvero l’espropriazione per causa di pubblica utilità. Pertanto, la garanzia per evizione si estende a tutte le ipotesi di vendita, siano essa a misura o corpo. Inoltre, l’evizione opera indipendentemente dalla sussistenza della colpa del venditore o dalla buona fede dell’acquirente per cui non è esclusa neppure dalla conoscenza, da parte del compratore, della possibile causa di futura evizione, nel caso in cui la stessa effettivamente si verifichi.

 

Corte di Cassazione, Sezione 6 civile

Ordinanza 10 ottobre 2011, n. 20877

Contratti immobiliari – Compravendita – Obbligazioni del venditore – Garanzia per evizione – Operatività – Conoscenza, da parte del venditore, della causa di evizione – Rilevanza – Esclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 12136/10) proposto da:

AU. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. BERAUDI Ettore del foro di Rimini e dall’Avv.to Carlo Visconti del foro di Roma, elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, Via Nichelini Tocci n. 50;

– ricorrente –

contro

GA. St. , elettivamente domiciliato in Bologna presso lo studio dell’Avv.to Lanfranco Tonini, piazza S. Domenico n. 5;

– intimato non costituito –

e contro

TO. Re. e T. R. , elettivamente domiciliati in Bologna presso lo studio degli Avv.ti Valerio Gironi e Stefano Borsari, Via S. Vitale n. 40/3;

– intimati non costituiti –

avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 1427/2009 depositata il 9 dicembre 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29 aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso, come da relazione scritta.

CONSIDERATO IN FATTO

La AU. S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna del 9 dicembre 2009 che nell’ambito dell’originario giudizio promosso da TO. Re. e R. nei confronti di GA.St. (venditore) e la societa’ ricorrente (acquirente) per ottenere la dichiarazione di nullita’ della compravendita intercorsa fra i convenuti limitatamente al trasferimento del “piccolo vano sgombero in capo scala”, che nel confermare parzialmente la sentenza di primo grado che ha riconosciuto la proprieta’ condominiale del predetto locale, ha rigettato fa domanda di garanzia spiegata dalla ricorrente nei confronti del venditore.

Il ricorso e’ affidato a tre motivi di impugnazione.

Nessuno si e’ costituito per gli intimati.

Nominato, a norma dell’articolo 377 c.p.c., il consigliere relatore ha depositato la relazione di cui all’articolo 380 bis c.p.c., ritenendo che il ricorso fosse da accogliere.

Parte ricorrente ha depositato copia delle relate di notifica del ricorso ex articolo 149 c.p.c., alle parti intimate, nonche’ memoria illustrativa.

All’udienza camerale il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni conformi a quelle di cui alla relazione.

RITENUTO IN DIRITTO

Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e (e conclusioni di cui alla relazione ex articolo 380 bis c.p.c. che di seguito si riporta:

“Con la prima censura la societa’ ricorrente ha dedotto la violazione di legge per avere la corte di merito rigettato la sua richiesta di garanzia per evizione asserendo che l’acquirente non avrebbe usato nel concludere il contratto di compravendita immobiliare con il Ga. la diligenza del buon padre di famiglia, altrimenti si sarebbe resa conto che il vano in oggetto era in comproprieta’ e non gia’ in proprieta’ esclusiva del venditore Ga. .

Con il secondo motivo ha denunciato la erronea applicazione degli articoli 1175, 1176 e 1375 c.c., al di fuori dei rapporti fra le parti contraenti, dovendo la Au. nell’esecuzione del contratto di compravendita usare la diligenza del buon padre di famiglia unicamente nel pagamento del prezzo.

Con il terzo ed ultimo motivo ha affermato l’erronea esclusione della garanzia per non essere stata fornita la prova della buona fede del compratore, dal momento che l’onere della prova circa la pretesa mala fede della Au. sarebbe stata comunque a carico dell’altro contraente.

E’ evidente il collegamento fra le censure che, pertanto, vanno esaminate congiuntamente, in quanto tutte attengono alla determinazione sulla garanzia per evizione ed alla sua incidenza nel rapporto intercorso fra la Au. ed il Ga. .

Occorre premettere che la domanda di risarcimento dei danni – come formulata dalla societa’ ricorrente – rientra nell’azione di garanzia, propria, per evizione, prevista dagli articoli 1483 e 1484 cod. civ., con la conseguenza che, per effetto dell’articolo 32 cod. proc. civ., ben poteva essere proposta al giudice competente per la causa principale, affinche’ fosse decisa nello stesso processo (v. Cass. n. 1931 del 17/05/1975), ma, come e’ stato ritenuto da questa Suprema Corte con sentenza n. 2714 del 1996, in tal caso l’accoglimento dell’azione di garanzia rimane subordinato all’accertamento del diritto del terzo.

Cio’ posto, e’ principio fermo nella giurisprudenza di questa Corte che la garanzia per evizione opera indipendentemente dalla sussistenza della colpa del venditore o dalla buona fede dell’acquirente e, quindi, non e’ esclusa neppure dalla conoscenza, da parte del compratore, della possibile causa di futura evizione, ove la stessa effettivamente si verifichi (cfr. Cass. 26-3-80 n. 2005; Cass. 6-11-86 n, 6491; Cass. 24-4-93 n. 4853). Infatti, ha gia’ avuto modo di affermare che gli effetti della garanzia per evizione (garanzia che sanziona l’inadempimento da parte del venditore all’obbligazione di cui all’articolo 1476 c.c., n. 2) conseguono al mero fatto obiettivo della perdita del diritto acquistato (indipendentemente dalla sussistenza della colpa del venditore e dalla conoscenza da parte del compratore della possibile causa della futura evizione), in quanto fatto comportante l’alterazione dell’equilibrio del sinallagma funzionale, con la conseguente necessita’ di porvi rimedio col ripristino della situazione economica dei compratore quale era prima dell’acquisto.

Va osservato che in caso di evizione parziale, il compratore, cui compete l’azione di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo, oltre a quella di risarcimento del danno, ben puo’ rinunciare ad avvalersi dei primi due rimedi, e limitarsi ad esperire l’azione di risarcimento del danno, come nel caso in specie. Pertanto la garanzia – sia quella per evizione sia per fattispecie assimilabili – sono un rimedio apprestato dall’ordinamento giuridico per eliminare nel contratto di vendita lo squilibrio tra le attribuzioni patrimoniali, determinato dall’inadempimento del venditore. Tale rimedio – che e’ rafforzativo e non sostitutivo di quello a carattere generale previsto per i contratti in genere – opera, nei limiti del ripristino della situazione economica del compratore anteriore alla conclusione del contratto, anche in mancanza di colpa del venditore, requisito che e’ necessario solo allorche’ il compratore stesso richieda il risarcimento integrale dei danni (cioe’ comprensivo anche del cosiddetto interesse positivo) e in relazione al quale opera in tal caso la presunzione di cui all’articolo 1218 c.c., avente carattere generale ed applicabile all’inadempimento contrattuale in genere (v. anche Cass. n. 2897 del 07/09/1968).

Le censure mosse alla decisione impugnata sono, quindi, fondate per avere la corte di merito applicato in modo erroneo l’articolo 1484 c.c., negando qualsiasi forma di tutela, nonostante la norma riconosca al compratore evitto, anche in via parziale, sia il danno da lesione dell’interesse negativo sia il danno da lesione dell’interesse positivo. Quanto al primo aspetto, il diritto del compratore evitto al risarcimento del danno nei limiti dell’interesse negativo sorge in conseguenza del mero fatto obiettivo della perdita del diritto acquistato, facendo venire meno la ragione giustificatrice della controprestazione ed alterando l’equilibrio del sinallagma funzionale, con la conseguente necessita’ che vi sia posto rimedio mediante ripristino della situazione economica dell’acquirente. L’eventuale buona fede del venditore non rileva ai fini del risarcimento del danno nei limiti suddetti.

Quanto al secondo profilo, invece, in caso di lucro cessante, l’acquirente, per ottenere il risarcimento, deve provare non solo il danno subito, ma anche la colpa di parte venditrice (v. Cass. 16-7-01 n. 9642).

In definitiva, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., ravvisandosi la possibile manifesta fondatezza dei motivi del ricorso”.

Nessuna attivita’ difensiva e’ stata svolta dagli intimati, che non si sono costituiti.

In definitiva, il ricorso va accolto e la sentenza va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna affinche’ provveda sulla domanda di garanzia per evizione formulata dalla societa’ ricorrente con pronunzia che tenga conto dei principi sopra enunciati.

Il giudice del rinvio provvedera’ alla regolamentazione delle spese processuali, anche per questa fase del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso;

cassa e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Bologna, anche per le spese del giudizio di cassazione.

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