Come è stato osservato (sez. 3 4.11.2008 n.1825 Rv. 242345) con specifico riguardo al dPR 626/94 all’epoca vigente, nella materia della sicurezza del lavoro e della prevenzione infortuni esiste una specifica norma di legge che costituisce il committente come corresponsabile con l’appaltatore per le violazioni delle misure prevenzionali e protettive. Infatti, il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 7, nel caso di affidamento di lavori ad imprese appaltatrici: a) affida al datore di lavoro committente il compito di verificare l’idoneità tecnica dell’impresa appaltatrice e di informarla sui rischi specifici in materia di sicurezza e igiene del lavoro e sulle misure prevenzionali; b) assegna a entrambi i datori di lavoro il compito di cooperare in materia di sicurezza e igiene del lavoro e di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione; c) affida al datore di lavoro committente il compito di promuovere la cooperazione e il coordinamento di cui alla lettera precedente, salvo per quanto riguarda i rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici. Sulla base di questi obblighi si configura una corresponsabilità di committente e appaltatore, al fine di rafforzare la tutela del bene della sicurezza e dell’igiene sui luoghi di lavoro.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 3 ottobre – 6 novembre 2013, n. 44747
Presidente Zecca – Relatore Bianchi
Ritenuto in fatto
1. Il 22 giugno 2006 nel deposito di Pregalleno della spa San Pellegrino Terme R.L.F. , autista di un autocarro che doveva scaricare bottiglie vuote, sceso dal suo mezzo per aprire la saracinesca e consentire le operazioni di scarico e rimasto in attesa nei pressi del veicolo, veniva investito da un carrello elevatore guidato da V.A. , dipendente di Ambroveneta srl e per le gravi lesioni riportate decedeva immediatamente. Veniva iniziato procedimento penale nei confronti di B.M. , direttore dello stabilimento di San Pellegrino della omonima società spa San Pellegrino Terme, per la stessa delegato in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro; di S.C. e G.G. amministratori rispettivamente della Alma Group e della Ambroveneta, la prima appaltatrice del servizio di gestione del predetto deposito di Pregalleno e la seconda subappaltatrice del servizio di gestione operativa dello stesso; oltre che del predetto V. , dipendente di quest’ultima società.
In fatto si accertava che il magazzino-deposito dove si è verificato l’incidente era della San Pellegrino spa che ne aveva appaltato la gestione ad Alma Group che a sua volta aveva subappaltato alla Ambroveneta; che lo stesso si trovava a circa 2 km dallo stabilimento della San Pellegrino, nella cui portineria i camion dovevano passare per lasciare la bolla di consegna, prima di recarsi al deposito; che il piano di sicurezza consegnato dalla S. Pellegrino alla Alma Group era in astratto adeguato, però in concreto non erano stati realizzati recinti pedonali, segnaletica orizzontale o verticale, distinzione tra le aree destinate al parcheggio e quelle utilizzate dai carrelli per scaricare la merce; che nel 2005 vi era stato un sopraluogo da parte di B. e che successivamente San Pellegrino era stata informata del subentro di Alma Group; che nella zona non vi era regolamentazione alcuna del lavoro, a ciò provvedendo a volte i singoli operatori, mentre gli autisti dei mezzi intenti a scaricare in genere circolavano liberamente; che l’incidente si verificava in quanto V. non si avvedeva della presenza della persona offesa avendo la visuale impedita dalla pila di casse che si trovavano sul carrello da lui guidato. I quattro imputati venivano ritenuti responsabili, nelle rispettive qualità, dell’infortunio occorso per non aver ottemperato agli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro sugli stessi gravanti e condannati alle pene di giustizia, debitamente diminuite in grado di appello per gli amministratori (V. non appellava la sentenza di primo grado).
2. Ha presentato ricorso per cassazione il difensore di B.M. deducendo i seguenti motivi: 1) nullità della sentenza per violazione degli artt. 521 e 522 cod.proc.pen.; al B. è stata contestata, come colpa specifica, la violazione dell’art. 7, co.1, lett. b) d. lgs. 626/94 per aver omesso di fornire informazioni al signor R.L. sui rischi specifici dell’ambiente in cui doveva operare; egli è stato invece condannato per la violazione della lett. b) del co. 2 del medesimo articolo e cioè per difetto dell’obbligo di coordinamento nei confronti della Almagroup; 2) nullità della sentenza per violazione dell’art. 7, co.1, lett. b) d. lgs. 626/94 e difetto di motivazione; sostiene il ricorrente che la disposizione, che prevede obblighi per il caso di affidamento di lavori all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, non sarebbe pertanto applicabile al caso di specie atteso che il magazzino-deposito in cui si è verificato l’incidente era del tutto separato ed autonomo rispetto allo stabilimento della San Pellegrino di Ruspino di cui B. era direttore;tanto è vero che il contratto stipulato da San Pellegrino spa con Alma Group spa era firmato, per la prima, non da B. ma da un altro soggetto. Sostiene inoltre che si trattava di rischi specifici propri dell’impresa Ambroveneta, specializzata in movimentazione facchinaggio, carico e scarico merci, cui era stato subappaltato il lavoro e che dovevano pertanto essere riconosciuti e valutati da Ambroveneta e non dalla committente San Pellegrino; 3) nullità della sentenza per violazione ed erronea applicazione degli artt. 40 e 41 cod. pen. e difetto di motivazione al riguardo;
Considerato in diritto
1. Il ricorso non merita accoglimento.
Il primo motivo è manifestamente infondato non solo perché non risulta essere stato dedotto in appello ma anche perché l’art. 7 co.1 lett. B), richiamato nel capo di imputazione, prevede l’obbligo di fornire sia alle imprese appaltatrici (e dunque ad Alma Group e Ambroveneta) sia ai lavoratori autonomi (l’autista infortunatosi) dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati adoperare.
Punto centrale del ricorso è il secondo motivo, con cui si sostiene, da un lato, la inapplicabilità del predetto art. 7, co. 1 lett. B) per difetto del requisito dell’”affidamento del lavoro all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva”, atteso che “l’infortunio si era verificato nel magazzino-deposito esterno, situato a Pregalleno, ossia in un’area indipendente e del tutto separata dallo stabilimento San Pellegrino di Ruspino di cui B. era direttore”; e, dall’altro, che si trattava comunque di rischi specifici della impresa appaltatrice. Il ricorrente sovrappone due profili, che devono invece essere tenuti distinti, e cioè, da un lato, la pretesa estraneità di B. rispetto all’incidente come sarebbe dimostrato dal fatto che il contratto di appalto tra San Pellegrino spa e AlmaGroup spa era stato firmato, per San Pellegrino, da un soggetto diverso dal B. e, dall’altro, la autonomia dell’attività svolta dall’appaltatore, e di conseguenza la problematica del rischio specifico di quest’ultima. In relazione al primo profilo, lo stesso ricorrente riconosce che tra San Pellegrino spa e AlmaGroup spa (cui era subentrata la cooperativa Ambroveneta) era stato stipulato un contratto di appalto, avente ad oggetto i servizi di movimentazione merci e prodotti presso il deposito di Pregalleno, ma evidenzia che B. non ha sottoscritto quel contratto, per sostenere l’estraneità di B. e l’assenza di sua responsabilità. Tale circostanza è in realtà del tutto irrilevante ai fini di che trattasi, atteso che il soggetto appaltante (situazione che configura la responsabilità ex art. 7 d.lsvo 626/94) è indiscutibilmente San Pellegrino spa, che altrettanto indiscutibilmente costituisce unità produttiva ai sensi della definizione data dalla lett. i dell’art. 2 del medesimo decreto (stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi dotata di autonomia finanziaria e tecnico funzionale); la circostanza che il contratto di appalto è stato sottoscritto da un soggetto diverso dell’attuale ricorrente, probabilmente collegata ad una ripartizione di compiti interni all’azienda, non toglie che l’appalto sia stato regolarmente conferito da San Pellegrino spa con conseguente assunzione da parte della medesima degli obblighi attinenti alla sicurezza sul lavoro facenti carico proprio all’attuale ricorrente, B.M. , nella sua qualità, non contestata, di direttore dello stabilimento munito di delega in materia di prevenzione infortuni.
Per quanto riguarda la pretesa autonomia e indipendenza delle attività svolte è opportuno in primo luogo mettere in evidenza la stretta relazione funzionale che esisteva tra la attività dello stabilimento di San Pellegrino e il deposito di Pregalleno, destinato a ricevere bottiglie vuote da soggetti terzi e a rifornire di tali vuoti lo stabilimento e fino a poco tempo prima gestito direttamente da San Pellegrino, di modo che appare singolare invocare una totale autonomia di gestione. Occorre poi ricordare che la sentenza impugnata ha opportunamente messo in luce la circostanza che i camion che portavano le bottiglie vuote al deposito di Pregalleno dovevano necessariamente prima transitare per le formalità amministrative presso la portineria dello stabilimento della San Pellegrino, dove venivano autorizzati a recarsi al deposito e dove ricevevano gli avvertimenti sulla sicurezza da parte dell’addetto alla portineria (irrilevante la loro inadeguatezza); nonché quella che nel magazzino accedevano, con frequenza ravvicinata e con precedenza assoluta, le c.d. navette rosse della San Pellegrino, e cioè quelle che prelevavano le bottiglie vuote da trasferire nel vicino stabilimento; significativa appare anche la circostanza che personale di San Pellegrino si recava nel deposito per “controllare” e per fare l’inventario. È stata dunque accertato lo stretto collegamento dell’attività svolta nel magazzino-deposito con lo stabilimento San Pellegrino in concreto dimostrato dal fatto che la regolamentazione dell’accesso dei camion provenienti dall’estero era gestita da quest’ultimo e che al deposito avevano accesso le navette aventi lo scopo di assicurare il rifornimento di bottiglie vuote allo stabilimento della San Pellegrino. In questa situazione correttamente è stato escluso che il magazzino-deposito avesse una propria individualità tale da assumere la fisionomia di unità produttiva autonoma e separata, ritenendosi invece che rientrasse all’interno dell’unità produttiva della San Pellegrino spa, con la conseguente applicabilità degli obblighi di cui all’art. 7 del d.lvo 626/94, obblighi peraltro riconosciuti anche a livello contrattuale, risultando dalla sentenza di primo grado (espressamente sul punto richiamata da quella di appello) che al punto 7 del contratto di appalto la San Pellegrino si era impegnata a fornire informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui la appaltatrice si apprestava ad operare ed essendo nel medesimo contratto richiamato l’art. 7.2 del d.lvo 626/94 e cioè l’obbligo di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione anche con incontri di cooperazione e coordinamento. Come è stato già osservato (sez. 3 4.11.2008 n.1825 Rv. 242345) con specifico riguardo al dPR 626/94 all’epoca vigente, nella materia della sicurezza del lavoro e della prevenzione infortuni esiste una specifica norma di legge che costituisce il committente come corresponsabile con l’appaltatore per le violazioni delle misure prevenzionali e protettive. Infatti, il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 7, nel caso di affidamento di lavori ad imprese appaltatrici: a) affida al datore di lavoro committente il compito di verificare l’idoneità tecnica dell’impresa appaltatrice e di informarla sui rischi specifici in materia di sicurezza e igiene del lavoro e sulle misure prevenzionali; b) assegna a entrambi i datori di lavoro il compito di cooperare in materia di sicurezza e igiene del lavoro e di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione; c) affida al datore di lavoro committente il compito di promuovere la cooperazione e il coordinamento di cui alla lettera precedente, salvo per quanto riguarda i rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici. Sulla base di questi obblighi si configura una corresponsabilità di committente e appaltatore, al fine di rafforzare la tutela del bene della sicurezza e dell’igiene sui luoghi di lavoro, corresponsabilità nella specie esistente per il mancato adempimento da parte del B. a quanto stabilito dalle predette lett. B) e C).
La circostanza che i mezzi che prelevavano le bottiglie vuote necessarie alla attività del vicino stabilimento San Pellegrino, le c.d. navette rosse, fossero guidati (come ha sostenuto B. ) “da personale di un’altra ditta a cui il servizio era stato appaltato”, e dunque non da dipendenti della San Pellegrino, non fa venire meno i predetti obblighi di cooperazione il cui obiettivo è proprio quello di assicurare, al di là dei rapporti giuridici esistenti tra i vari soggetti interessati (appalto, lavoro subordinato, prestazione d’opera) una cooperazione effettiva in caso di contemporanea presenza su un luogo di lavoro di più soggetti, al fine di rendere concreta la prevenzione degli infortuni e assicurare la massima protezione possibile di chi in tale ambiente opera. Né può sostenersi che si trattava di rischi specifici di Ambroveneta, essendosi già chiarito (sez. 4, 17.5.2005 n.31296 Rv.231658) che la limitazione di cui al comma 3 u.p. dell’art. 7 (che esclude l’obbligo di cooperazione del committente per i “rischi specifici delle attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi”) va riferita non alle generiche precauzioni da adottarsi negli ambienti di lavoro per evitare il verificarsi di incidenti ma alle regole che richiedono una specifica competenza tecnica settoriale, generalmente mancante in chi opera in settori diversi, ovvero nella conoscenza delle procedure da adottare nelle singole lavorazioni o nell’utilizzazione di speciali tecniche o nell’uso di determinate macchine. Non può quindi considerarsi rischio specifico quello derivante dalla generica necessità di regolare il movimento di coloro (lavoratori o pedoni) che si trovavano ad operare nello stesso spazio, al fine di evitare pericolose interferenze tra loro, come di fatto nella specie verificatosi, essendo questo pericolo connesso alla attività che si svolgeva nel magazzino-deposito in termini di assoluta complementarità e collegamento, per quanto si è detto sopra, con quella dello stabilimento e sussistendo dunque l’obbligo di committente e appaltatore di cooperare nell’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi. Come risulta dalla sentenza impugnata, questo obbligo nella specie è stato disatteso, dal momento che B. , pur avendo provveduto ad inserire tale rischio nel piano di sicurezza (pag 11 della sentenza) non si è poi in alcun modo preoccupato di accertarsi della concreta adozione delle necessarie misure di sicurezza e ciò nonostante la piena conoscenza delle caratteristiche del magazzino in precedenza gestito da San Pellegrino, e del fatto che il medesimo, in occasione del un sopraluogo da lui effettuato all’epoca della stipula del contratto aveva potuto rendersi conto che nel deposito mancava del tutto la segnaletica orizzontale.
Con l’ultimo motivo di ricorso si sostiene il difetto di motivazione sugli artt. 40 e 41 e sulla sussistenza del nesso causale, lamentando che i giudici avrebbero dovuto chiedersi se l’incidente si sarebbe verificato ugualmente in presenza della segnaletica mancante, tenuto conto che l’infortunato non era un semplice pedone ma l’autista del camion che stava scaricando; e avrebbero dovuto valutare l’incidenza del comportamento assolutamente anomalo ed imprevedibile del medesimo autista e della persona offesa nel determinare l’incidente. Il motivo non ha pregio. L’obbligo di cooperare tra imprese appaltante e appaltatrice, di cui sopra si è detto, riguarda l’attività lavorativa svolta e obbliga alla tutela della sicurezza dei luoghi di lavoro al fine di garantire sia i lavoratori dipendenti che eventuali terzi che abbiano accesso nei luoghi di lavoro; la circostanza che l’autista non fosse un semplice pedone non fa certo venir meno l’obbligo di sicurezza. Sicurezza che dalla presenza di una opportuna segnaletica regolante le aree destinate alla sosta dei mezzi e quelle destinate al transito dei carrelli e dalla più precisa regolamentazione delle modalità di carico e scarico – nella specie assolutamente mancanti – avrebbe trovato valido presidio creando le condizioni per evitare l’evento. È dunque evidente la rilevanza causale della omissione contestata al B. , alla cui difesa non giova neppure invocare la responsabilità dei due soggetti che hanno dato vita all’incidente atteso che, a prescindere da eventuali responsabilità concorrenti dei medesimi che non rilevano in questa sede, è del tutto evidente che la loro imprudenza non può costituire esonero del comportamento colposo del B. . Infatti il carente comportamento del medesimo ne fonda la colpa ed esclude che possa eccepirsi l’interruzione del nesso di causalità per effetto del comportamento dei lavoratori, dovendosi ribadire (sez. 4, 23.3.2007 n. 21587 rv. 236721) che in materia di infortuni sul lavoro, la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute, direttive di organizzazione da ritenersi nella specie, per quanto si è detto, del tutto mancanti.
2. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.