Cass. civ. Sez. V, 09/11/2010, n. 22793

In tema di plusvalenze patrimoniali di un’impresa, l’amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento della plusvalenza di cessione di un bene sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, ed è onere probatorio del contribuente superare tale presunzione di corrispondenza tra il corrispettivo della cessione del bene, o il suo valore venale nelle ipotesi di destinazione a finalità estranee, e il valore accertato definitivamente in sede di applicazione all’imposta di registro.

 

La presunzione che un bene sia venduto al valore di mercato e quindi a quello accertato ai fini dell’imposta di registro, non è vinta dal rilievo che l’acquisto sia stato fatto da persone giuridiche, ben potendo queste, come quelle fisiche, pagare in nero il maggior prezzo rispetto a quello dichiarato nell’atto notarile; non può infatti assurgere al valore di presunzione contraria quella insussistente di veridicità delle scritture contabili.

 

Sentenza per esteso:

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – rel. Presidente

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere

 

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

sul ricorso 26696/2007 proposto da:

 

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

 

– ricorrente –

 

contro

 

Z.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 8, presso lo studio dell’avvocato CRISCI FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati CRESPI MARIO, CRESPI EZIO, giusta procura alle liti a margine del controricorso;

 

– controricorrente –

 

avverso la sentenza n. 50/2006 della Commissione Tributaria Regionale di MILANO del 20.2.06, depositata il 20/07/2006;

 

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12/10/2010 dal Presidente Relatore Dott. FERNANDO LUPI;

 

udito per il controricorrente l’Avvocato Francesco Crisci che si riporta agli scritti;

 

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PASQUALE PAOLO MARIA CICCOLO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Svolgimento del processo e motivi della decisione

La Corte, ritenuto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione a sensi dell’art.380 bis c.p.c.: “La CTR della Lombardia ha accolto l’appello di Z.A. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate di Busto Arsizio annullando un avviso di accertamento per IRPEF ed ILOR 1995. Ha motivato la decisione ritenendo che la plusvalenza dalla vendita di un terreno non poteva calcolarsi con una automatica trasposizione del valore accertato ai fini del registro ed inoltre essendo stato acquistato il terreno da due società l’Ufficio poteva accertare dalla contabilità delle stesse il prezzo pagato.

 

Quanto alla ricostruzione del reddito in base ai parametri osservava che non si era tenuto conto che tratta vasi di attività svolta con un solo collaboratore e che l’accertamento non era stato integrato con gli elementi che potevano trarsi dai consumi dell’energia elettrica, dal tipo di ricavi realizzati e dallo stato di efficienza dei beni strumentali.

 

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi l’Agenzia delle Entrate, il contribuente si è costituito con controricorso.

 

Con il primo motivo,formulando idoneo quesito, l’Agenzia delle Entrate chiede se il valore accertato ai fini del registro possa costituire base per l’accertamento di plusvalenza. La risposta data dalla costante giurisprudenza della Corte è che: In tema di plusvalenze patrimoniali di un’impresa, l’amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento della plusvalenza di cessione di un bene sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, ed è onere probatorio del contribuente superare tale presunzione di corrispondenza tra il corrispettivo della cessione del bene, o il suo valore venale nelle ipotesi di destinazione a finalità estranee, e il valore accertato definitivamente in sede di applicazione dell’imposta di registro. Cass. n. 14581/01.

 

Con il secondo motivo, formulando idoneo quesito, la ricorrente lamenta che non si siano ritenuti da soli i parametri una prova presuntiva di reddito. La censura è fondata, l’accertamento basato su parametri determina un inversione dell’onere della prova come precisato da Cass. n. 2816/08;” I parametri costituiscono criteri elaborati per categorie di soggetti e hanno efficacia di “praesumptio hominis”, con inversione dell’onere della prova a carico del contribuente”.

 

I numerosi elementi integrativi indicati nella motivazione in relazione ad entrambi gli accertamenti, plusvalenza e reddito professionale, non dovevano quindi essere dedotti dall’amministrazione ma, se a lui favorevoli, dal contribuente.

 

Il terzo motivo sulle spese resta assorbito.

 

Rilevato che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti costituite, il contribuente ha depositato memoria;

 

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto della relazione in relazione al primo motivo, mentre sul secondo ritiene che occorra conformarsi ai nuovi principi fissati dalle SS.UU. con sentenza n. 26635/2009, secondo i quali non è sufficiente per invertire l’onere della prova che il reddito dichiarato si discosti da quello fissato dagli standard (parametri o studi di settore), per invertire l’onere della prova.

 

Quanto ai rilievi contenuti in memoria in ordine al primo motivo si osserva che la presunzione che un bene sia venduto al valore di mercato e quindi a quello accertato ai fini dell’imposta di registro, non è vinta dal rilievo che l’acquisto sia stato fatto da persone giuridiche, ben potendo queste, come quelle fisiche, pagare in nero il maggior prezzo rispetto a quello dichiarato nell’atto notarile;

 

non può infatti assurgere al valore di presunzione contraria quella insussistente di veridicità delle scritture contabili.

 

In conclusione si ritiene che ricorrano le distinte ipotesi previste dall’art. 375 c.p.c., n. 5, della manifesta infondatezza del ricorso per il primo motivo e della fondatezza per il secondo, fermo restando l’assorbimento del terzo motivo.

 

Pertanto, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia. Allo stesso giudice si demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della CTR della Lombardia.

 

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