App. Roma Sez. II, 01/04/2010

Nel caso di compravendita di un immobile sprovvisto di certificato di abitabilità il cui rilascio non sia stato posto come obbligazione a carico del venditore, il suo mancato rilascio espone comunque il venditore al risarcimento del danno posto che la cosa venduta anche nel caso di un vizio di attività o di giudizio della P.A. non riveste la qualità essenziale per la quale è stata acquistata.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione dinanzi a questa Corte, notificato il 30 ottobre 2003, la Cooperativa Edilizia Gr.Ho. a.r.l. ha appellato la sentenza resa il 16 luglio dell’anno precedente dal Tribunale Ordinario di Roma e con la quale, a titolo di risarcimento dei danni patiti dall’attore Al.Ca. per il mancato ottenimento della licenza di abitabilità dell’immobile sociale in Roma (…), la medesima appellante era stata condannata al pagamento della somma di Euro 15.000.

A sostegno del gravame, in primo luogo, è stato lamentata la mancata verifica, da parte del Tribunale, dell’effettivo impossibilità del rilascio della licenza in questione. L’appellante, quanto al resto, ha pure censurato il ricorso alla liquidazione equitativa, effettuata in mancanza di riscontri circa l’effettività del danno.

Nel costituirsi in giudizio, a sua volta, il Ca. ha resistito al gravame avversario, chiedendone così il rigetto.

Sulle conclusioni riportate in epigrafe, infine, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Contrariamente a ciò che assume l’appellante, innanzi tutto, la Corte ritiene senz’altro ininfluente l’accertamento dell’effettiva situazione urbanistica dell’immobile, ovvero, in particolare, dei margini per l’effettivo rilascio del corrispondente certificato di abitabilità. Anche qualora, infatti, il rilascio di tale certificato non sia stato posto contrattualmente a carico del compratore, nondimeno il venditore non può, tra l’altro, sottrarsi al risarcimento del danno, posto che la cosa venduta, anche nel caso di un vizio di attività o di giudizio della p.a., non riveste la qualità essenziale per la quale e’ stata acquistata (Cass. 823/89).

Orbene, essendo rimasto pacifico che il complesso edilizio, all’atto dell’assegnazione dell’alloggio in proprietà al Ca., difettava del requisito dell’abitabilità, ai sensi dell’art. 1497 c.c. tanto è sufficiente per giustificare, almeno in astratto la richiesta risarcitoria di specie; a tale proposito, infatti, occorre riscontrare come il danno è lamentato unicamente sotto il profilo dell’asserita impossibilità, all’epoca, di accedere al credito bancario. Si rivela pienamente fondato, al contrario, il motivo afferente al quantum risarcitorio; in coerenza con quanto richiesto dall’attuale appellato all’atto della precisazione delle conclusioni, infatti, il primo Giudice ha dichiaratamente utilizzato il metro equitativo per la liquidazione del danno, senza però che il Ca., a sua volta, avesse dato il debito conto dell’asserita sua impossibilità di finanziare l’acquisto tramite un mutuo bancario; occorre rammentare, infatti, come il potere discrezionale attribuito a riguardo dall’art. 1226 c.c., oltre ad essere circoscritto alle ipotesi in cui la prova dell’entità di esso risulti impossibile o sommamente difficile, comunque presuppone la certezza acquisita dell’esistenza del danno stesso (ex pl. Cass. 8004/05).

In accoglimento del gravame, quindi, la domanda dev’essere respinta, perché non provata.

Liquidate come da dispositivo, infine, le spese di lite del grado seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunziando e così accogliendo l’appello della Cooperativa Edilizia Gr.Ho. a.r.l. avverso la sentenza resa dal Tribunale Ordinario di Roma il 16 luglio 2002, nella causa promossa da Al.Ca. nei confronti della medesima appellante: respinge la domanda; condanna il Ca. al rimborso delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio, liquidate nella misura di Euro 2.000 per onorari, Euro 1.300 per diritti ed Euro 350 per spese, quanto al primo grado, nonché, quanto al secondo, in Euro 2.400 per onorari, Euro 1.400 per diritti ed Euro 350 per spese, quando al secondo.

Così deciso in Roma, il 5 marzo 2010.

Depositata in Cancelleria l’1 aprile 2010.

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