Lo spazio sottostante il suolo di un edificio condominiale, in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini, va considerato di proprietà comune, per il combinato disposto degli artt. 840 e 1117 c.c., sicché, ove il singolo condomino proceda, senza il consenso degli altri partecipanti, a scavi in profondità del sottosuolo, così attraendolo nell’orbita della sua disponibilità esclusiva, si configura uno spoglio denunciabile dall’amministratore con l’azione di reintegrazione.
L’articolo 1117 del Cc, letto sistematicamente con l’articolo 840 dello stesso codice implica che il sottosuolo, costituito dalla zona esistente in profondità al di sotto dell’area superficiaria che è alla base dell’edificio (seppure non menzionato espressamente dalla elencazione esemplificativa data dall’articolo 1117 del Cc) va considerato di proprietà condominiale, in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva a uno dei condomini. Nessun condomino, pertanto, senza il consenso degli altri partecipanti alla comunione, può procedere alla escavazione in profondità del sottosuolo per ricavarne nuovi locali o per ingrandire quelli preesistenti, in quanto, attraendo la cosa comune nell’orbita della sua disponibilità esclusiva, verrebbe a ledere il diritto di proprietà degli altri partecipanti su una parte comune dell’edificio, privandoli dell’uso e del godimento a essa pertinenti. La condotta del condomino che, senza il consenso degli altri partecipanti, proceda a scavi in profondità del sottosuolo, acquisendone la proprietà – in particolare – finirebbe con l’attrarre la cosa comune nella sua disponibilità esclusiva ed è – quindi – configurabile, in una tale evenienza, uno spoglio denunciabile con azione di reintegrazione dall’amministratore condominiale, al fine di conseguire il recupero del godimento della cosa, illecitamente sottratto.
Comunione dei diritti reali – Condominio – Parti comuni dell’edificio – Sottosuolo (cantine, sotterranei) – Spazio sottostante il suolo in cui sorge l’edificio – Presunzione di comunione – possesso – azione di reintegrazione
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile – Sentenza 30 marzo 2016, n. 6154
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18839/2011 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
(OMISSIS) SPA ORA (OMISSIS) SPA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
nonche’ sul ricorso 18839/2011 proposto da:
(OMISSIS) SPA ORA (OMISSIS) SPA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente incidentale –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), (OMISSIS);
(OMISSIS) (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1179/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 21/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
uditi gli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno concluso per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi principale ed incidentale;
udito l’Avvocato (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato il 5 giugno 2006, il Condominio di (OMISSIS), esponeva che la societa’ (OMISSIS) s.a.s. e la (OMISSIS) s.p.a., nelle rispettive qualita’ di utilizzatrice in forza di contratto di locazione finanziaria e di proprietaria di una porzione immobiliare sita al piano terreno dell’edificio condominiale, avevano intrapreso opere di scavo nel sottosuolo senza alcuna autorizzazione del Condominio. Veniva richiesta pertanto la sospensione delle opere e la reintegrazione del Condominio nel possesso del bene comune mediante il ripristino dello stato anteriore, oltre al risarcimento del danno. Il Condominio chiedeva inoltre la rimozione di una nuova porta d’accesso dall’immobile dei resistenti nel cortile condominiale, di una tubazione per il gas, di altra tubazione per l’esalazione degli odori dei locali rifiuti e di una canna fumaria correnti lungo le facciate dell’edificio, ed ancora l’eliminazione della muratura di un varco del cortile, con ripristino del cancello.
Sia (OMISSIS) S.p.A. (che, quale locatrice finanziaria, deduceva l’esclusiva disponibilita’ dell’immobile in capo all’utilizzatrice) sia la societa’ (OMISSIS) s.a.s. si costituivano chiedendo il rigetto delle domande. Il Tribunale di Milano dapprima, risultando le denunciate opera ultimate, con ordinanza del 24 luglio 2006 rigettava l’istanza cautelare, quindi, con sentenza del 23 aprile 2008, accoglieva il ricorso e ordinava la reintegrazione del Condominio di (OMISSIS) nel possesso del terreno su cui sorge il fabbricato, e del quale le societa’ (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) s.a.s. sono, rispettivamente proprietaria e conduttrice in locazione finanziaria, ordinando il ripristino dello stato dei luoghi.
Veniva proposto appello dalla (OMISSIS) s.a.s., e tale gravame veniva rigettato dalla Corte d’Appello di Milano con la sentenza n. 1179/2011 del 21 aprile 2011. La sentenza della Corte di merito riteneva che il punto decisivo della causa fosse costituito dal Regolamento condominiale, il quale, all’articolo 1, secondo quanto trascritto in sentenza, stabilisce. “formano oggetto del presente regolamento di condominio gli stabili di (OMISSIS) ai mappali (OMISSIS), nonche’ il terreno sul quale i fabbricati sono eretti e il cortile annesso al mappale (OMISSIS)”; mentre all’articolo 2 prevede che “costituiscono proprieta’ comune in modo inalienabile e indivisibile a tutti i condomini e devono essere mantenuti efficienti a spese comuni il terreno sul quale sorgono gli edifici, le foro fondazioni, strutture portanti, il cortile al mappale (OMISSIS) (…)”. Acclarata l’opponibilita’ di tale regolamento alle parti in causa, in forza del richiamo di esso nell’atto di compravendita dell’unita’ immobiliare concluso dai danti causa, la Corte di Milano ha affermato che il suolo ed il sottosuolo su cui poggia l’immobile condotto in locazione dalla (OMISSIS) s.a.s., seppure parte di un edificio separato da quello diviso in piu’ porzioni esclusive, rientrano tra i beni comuni proprio in forza delle richiamate clausole regolamentari (che si riferiscono, come visto, al terreno sul quale i fabbricati sono eretti). I giudici d’appello rigettavano poi l’eccezione di carenza di legittimazione passiva di (OMISSIS) s.p.a., in quanto comunque proprietaria dell’unita’ immobiliare esclusiva detenuta dalla conduttrice.
Avverso la sentenza n. 1179/2011 della Corte d’Appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione in due motivi la (OMISSIS) s.a.s., con riguardo al quale si difende con controricorso il Condominio di (OMISSIS), mentre (OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS) s.p.a.) propone ricorso incidentale in unico motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo del ricorso della societa’ (OMISSIS) censura l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, nonche’ la violazione e falsa applicazione degli articoli 1168 e 2697 c.c., e articolo 116 c.p.c., per aver la Corte di Milano ritenuta l’esistenza del possesso del Condominio sul terreno di copertura del locale autorimessa, oggetto degli scavi denunciati, pur in mancanza di ogni prova al riguardo. La ricorrente contesta che i giudici di appello si siano soffermati solo sul titolo di proprieta’ del suolo e del sottosuolo, senza considerare la situazione di fatto, ed in particolare il dato che tale terreno fungesse da sostegno per la sola autorimessa di proprieta’ esclusiva, in maniera da non dare, quindi, alcuna utilita’ al condominio.
Col secondo motivo del ricorso principale si censura l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, nonche’ la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1168 c.c., e articolo 703 c.p.c., in quanto mancavano, nel caso di specie, i presupposti della tutela possessoria, quali l’animus spoliandi e la clandestinita’, giacche’ la stessa societa’ (OMISSIS) sapeva che i restanti condomini ritenevano il capannone un bene a se’ stante, escluso dalla situazione condominiale.
(OMISSIS) s.p.a., nel suo unico motivo di ricorso incidentale, contesta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ad opera della corte territoriale, la quale ha ritenuto sussistere la legittimazione passiva della locatrice finanziaria, pur comportando il contratto di leasing in essere con la (OMISSIS) s.a.s. l’assunzione in carico alla medesima utilizzatrice dell’immobile di ogni rischio e responsabilita’.
Il primo motivo di ricorso, inerente alla mancanza di prova del possesso del Condominio sul terreno oggetto dell’intervento di escavazione, concerne questioni di cui non vi e’ cenno nella sentenza impugnata ne’ nell’esposizione dei motivi di appello ne’ in motivazione. La parte ricorrente, al fine di escludere un’inammissibile novita’ della censura, ha allegato di aver dedotto la questione della carenza della prova del possesso sia nella comparsa di costituzione e risposta in primo grado che, poi, nell’atto di appello, e che pero’ la Corte d’appello abbia omesso “di dare risposta” alla sue doglianze. Tuttavia, il profilo e’ stato sottoposto all’esame di questa Corte come vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ovvero come violazione e falsa applicazione degli articoli 1168 e 2697 c.c., e articolo 116 c.p.c.. Trattandosi, invece, di omessa pronuncia su un motivo di appello, per totale carenza di considerazione dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante cosi’ come in ogni ipotesi di omessa pronuncia su domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio -, e risolvendosi la stessa nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, tale vizio andava denunziato come difetto di attivita’ del giudice di secondo grado, che doveva essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione delle norme di diritto sostanziale ex articolo 360 c.p.c., n. 3, o del vizio di motivazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5, (in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare, o non giustificando adeguatamente, la decisione al riguardo resa), ma attraverso la specifica deduzione del relativo “error in procedendo” ovverosia della violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimita’ – in tal caso giudice anche del fatto processuale – di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, cosi’, anche dell’atto di appello. La mancata deduzione del vizio nei termini indicati, evidenziando il difetto di identificazione del preteso errore del giudice del merito e impedendo il riscontro “ex actis” dell’assunta omissione, rende, pertanto, inammissibile il motivo (Cass. 27 ottobre 2014, n. 22759).
E’ invece infondato il secondo motivo di ricorso principale, quanto alla carenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi dell’azione di reintegrazione. Dall’esame del regolamento di condominio e dalla destinazione funzionale del terreno in oggetto, posto in rapporto di strumentalita’ col fabbricato principale, la Corte di Milano ha ricavato, “ad colorandam possessionem”, l’inclusione dello stesso fra le parti comuni dell’edificio ex articolo 1117 c.c., cosi’ accertando che le denunciate utilizzazioni da parte della societa’ (OMISSIS) eccedessero i limiti segnati dalle concorrenti facolta’ dei condomini compossessori. In base all’articolo 1117 c.c., infatti, l’estensione della proprieta’ condominiale ad un immobile, quale quello oggetto di lite, che appare come corpo di fabbrica separato rispetto all’edificio in cui ha sede il condominio, puo’ essere giustificata soltanto in ragione di un titolo idoneo a far ricomprendere il relativo manufatto nella proprieta’ del condominio stesso (avendo la Corte di merito inteso come tale il regolamento di condominio richiamato nell’atto di acquisto dei danti causa di (OMISSIS) S.p.a.), qualificando espressamente tale bene come ad esso appartenente (articoli 1 e 2 del citato Regolamento). D’altro canto, la norma regolamentare che ricomprende nella proprieta’ comune “il terreno sul quale sorgono gli edifici” appare mera riproduzione della regola attributiva dell’articolo 1117 c.c., la quale abbraccia pure “il suolo su cui sorge l’edificio”. Oggetto di proprieta’ comune, agli effetti dell’articolo 1117 c.c., e’ non solo la superficie a livello del piano di campagna, bensi’ tutta quella porzione del terreno su cui viene a poggiare l’intero fabbricato e dunque immediatamente pure la parte sottostante di esso. Il termine “suolo”, adoperato dall’articolo 1117, citato, assume, invero, un significato diverso e piu’ ampio di quello supposto dall’articolo 840 c.c., dove esso indica soltanto la superficie esposta all’aria. Piuttosto, l’articolo 1117 c.c., letto sistematicamente con l’articolo 840 dello stesso codice, implica che il sottosuolo, costituito dalla zona esistente in profondita’ al di sotto dell’area superficiaria che e’ alla base dell’edificio (seppure non menzionato espressamente dall’elencazione esemplificativa fatta dalla prima di tali disposizioni), va considerato di proprieta’ condominiale in mancanza di un titolo, che ne attribuisca la proprieta’ esclusiva ad uno dei condomini. Pertanto, nessun condomino puo’, senza il consenso degli altri partecipanti alla comunione, procedere all’escavazione in profondita’ del sottosuolo per ricavarne nuovi locali o per ingrandire quelli preesistenti, in quanto, attraendo la cosa comune nell’orbita della sua disponibilita’ esclusiva, verrebbe a ledere il diritto di proprieta’ degli altri partecipanti su una parte comune dell’edificio, privandoli dell’uso e del godimento ad essa pertinenti (Cass. 13 luglio 2011, n. 15383; Cass. 2 marzo 2010, n. 4965; Cass. 24 ottobre 2006, n. 22835; Cass. 27 luglio 2006, n. 17141; Cass. 9 marzo 2006, n. 5085; Cass. 28 aprile 2004, n. 8119; Cass. 18 marzo 1996, n. 2295; Cass. 23 dicembre 1994, n. 11138; Cass. 11 novembre 1986, n. 6587). La condotta del condomino che, senza il consenso degli altri partecipanti, proceda a scavi in profondita’ del sottosuolo, acquisendone la proprieta’, finirebbe, in pratica, con l’attrarre la cosa comune nell’ambito della disponibilita’ esclusiva di quello. Sicche’, avendosi nella specie riguardo all’utilizzazione del sottosuolo di un fabbricato compreso nel condominio, la configurabilita’ di uno spoglio denunciabile con azione di reintegrazione dall’amministratore condominiale, al fine di conseguire il recupero del godimento della cosa, sottratto illecitamente, postula il riscontro di una situazione di compossesso del sottosuolo medesimo, qui desunta dalla destinazione funzionale del bene (la Corte di Milano afferma in proposito di aver accertato un “rapporto imprescindibile di strumentalita’ con il fabbricato principale”), oltre che, “ad colorandam possessionem”, dalla sua verificata inclusione fra le parti comuni dell’edificio, nonche’ il riscontro ulteriore che l’indicata utilizzazione ecceda, appunto, i limiti segnati dalle concorrenti facolta’ del compossessore (cfr. Cass. 4 dicembre 1974, n. 3965; Cass. 28 gennaio 1985, n. 432; Cass. 16 dicembre 2004, n. 23453). Del resto, la prova dell’animus spoliandi puo’ essere desunta, per via di logica astrazione, dallo stesso comportamento dell’agente, e tale consapevolezza di mutare lo stato di fatto preesistente contro la volonta’ del Condominio, secondo l’incensurabile valutazione del giudice di merito, sarebbe stata implicita nella “situazione di fatto dei luoghi”.
Il ricorso principale della societa’ (OMISSIS) va percio’ rigettato.
Va altresi’ rigettato il ricorso incidentale proposto da (OMISSIS) s.p.a., la quale deduce il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto semplice concedente del bene in locazione finanziaria all’utilizzatrice (OMISSIS) s.a.s. Certamente l’articolo 1168 c.c., configura la legittimazione passiva all’azione di reintegrazione secondo uno schema di tipo personale, sicche’ la domanda e’ esperibile contro l’autore dello spoglio. Vi sono, tuttavia, fattispecie in cui il provvedimento di reintegrazione va eseguito nella sfera possessoria o proprietaria di un soggetto estraneo all’episodio lesivo, ma vincolato al bene da un unico ed inscindibile rapporto giuridico. Sicche’, quando l’attuazione della richiesta tutela possessoria imponga la rimozione dello stato di fatto abusivamente creato, con l’abbattimento di opere appartenenti in proprieta’ anche a terzi non presenti in giudizio, sussiste la necessita’ di integrare nei loro confronti il contraddittorio; altrimenti, la sentenza resa nei confronti soltanto dell’autore dello spoglio, e non anche del proprietario dell’opera, sarebbe “inutiliter data”, giacche’ la demolizione della cosa pregiudizievole inciderebbe sulla sua stessa esistenza e necessariamente quindi sulla proprieta’ di quel terzo pretermesso, a nulla rilevando, in contrario, che costui possa poi fare opposizione all’esecuzione nelle forme previste dall’articolo 615 c.p.c. (Cass. 20 gennaio 2010, n. 921). Ora, poiche’ nell’operazione di leasing finanziario, quale quella che si assume intervenuta tra la concedente (OMISSIS) S.p.a. e l’utilizzatrice (OMISSIS) s.a.s., la proprieta’ del bene rimane in capo al concedente, attribuendosi lo stesso all’utilizzatore in forma di detenzione autonoma qualificata fino al momento dell’eventuale esercizio della facolta’ di riscatto, sussiste la necessaria legittimazione passiva del medesimo concedente nell’azione di reintegrazione proposta da un terzo, qualora il ripristino della situazione anteriore allo spoglio debba avvenire con la demolizione di un’opera concernente il bene dato in godimento.
Al rigetto dei ricorsi principale ed incidentale consegue la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, in favore del Condominio controricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale e condanna ciascuno dei ricorrenti a rimborsare al controricorrente Condominio di (OMISSIS) le spese sostenute in questo giudizio, che liquida per ciascuno dei soccombenti in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.