In materia condominiale i poteri dell’amministratore, così come quelli dell’assemblea, sono regolamentati in modo specifico dalle disposizioni di cui agli articoli 1130 e 1135 del Cc, che limitano le attribuzioni dell’amministratore all’ordinaria manutenzione e riservano all’assemblea le decisioni circa le opere di manutenzione straordinaria. Pertanto in tale materia non trova applicazione il principio dell’affidamento dei terzi con riguardo ai lavori di manutenzione straordinaria eseguiti da terzi su disposizione dell’amministratore senza previa delibera dell’assemblea, stante il divieto esplicito ex articolo 1135, prima parte, ultimo comma, del Cc, per l’amministratore di ordinare lavori di manutenzione straordinaria.
Corte d’Appello Roma, Sezione 2 civile, Sentenza 20 settembre 2012, n. 4526
CONDOMINIO, AMMINISTRATORE, POTERI, MANUTENZIONE STRAORDINARIA – CONDOMINIO – AMMINISTRATORE – POTERI – LAVORI DI MANUTENZIONE STRAORDINARIA – COMPETENZA – ESCLUSIONE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI ROMA
SECONDA SEZIONE CIVILE
riunita in Camera di Consiglio nella persona dei sigg.
Dott. Silvio Sorace – Presidente –
Dott.ssa Cecilia De Santis – Consigliere Relatore –
Dott. Paolo Costa – Consigliere –
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello R.G. 1440/2007 trattenuta in decisione all’udienza del 16 dicembre 2011
Tra
Fe.De., ed altri, elettivamente domiciliati in Roma, via (…), presso lo studio dell’avv. Gi.Ma., che li rappresenta e difende per delega a margine dell’atto di appello
Appellanti
E
Da.Gi. quale titolare della ditta Im., elettivamente domiciliato in Roma, via (…), presso lo studio dell’avv. Fa.Pi. che lo rappresenta e difende per delega a margine della comparsa di costituzione nel giudizio ex art. 283 c.p.c.
Appellato
Oggetto: appello avverso la sentenza n. 14.053/06 del Tribunale di Roma.
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto notificato il 15 marzo 2007 Fe.De. ed altri, hanno proposto appello avverso la sentenza n. 14.053/06 con cui il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento dell’opposizione dai medesimi proposta, ha revocato il decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti il 2/7/02 e ne ha disposto la condanna in solido al pagamento di Euro 11.110,86 oltre interessi legali dalla notifica del ricorso al saldo in favore della ditta Im., quale corrispettivo dei lavori di ristrutturazione eseguiti nell’immobile sito in Rignano Flaminio, via (…), con condanna solidale al pagamento delle spese di lite e di c.t.u. Con il primo motivo di gravame viene contestata la motivazione resa dal Tribunale circa l’eccezione sull’assenza di potere di firma dell’amministratore del condominio, sul presupposto che dal verbale di assemblea del 23/2/01 l’amministratore era stato autorizzato a scegliere il migliore preventivo, non essendo stata dedotta la presentazione di altri preventivi oltre quello presentato dall’opposto, non avendo considerato il primo giudice che l’assemblea aveva dato mandato all’amministratore e a tre condomini di scegliere il preventivo migliore, essendo il solo amministratore del tutto privo del potere rappresentativo di contrarre per conto e in nome del condominio qualora i tre condomini incaricati dall’assemblea non avessero prestato il loro assenso, come nel caso di specie, per cui il contratto era stato sottoscritto dall’amministratore quale rappresentante senza potere ex art. 1398 c.c. ed era pertanto privo di efficacia, essendo stata disattesa la delibera dell’assemblea condominiale che l’amministratore doveva rispettare ai sensi dell’art. 1130 c.p.c.
Con il secondo motivo è contestata l’affermazione del Tribunale sull’accettazione dell’opera in data 6/12/2001 relativamente alla propria eccezione sull’assenza di collaudo, consistendo il relativo verbale nell’unilaterale affermazione dell’appaltatore di avere proceduto al collaudo dell’opera, avendo gli esponenti in comparsa conclusionale contestato l’autenticità della sottoscrizione dell’amministratore del condominio sul verbale, fatto che privava il documento di ogni efficacia probatoria, per cui l’importo azionato con il decreto ingiuntivo non era esigibile ed il decreto ingiuntivo era stato illegittimamente concesso, non risultando l’opera accettata dal committente neanche in via presunta ex art. 1665 comma terzo c.c.
Con il terzo motivo viene richiamato l’accertamento effettuato dal c.t.u. sui vizi presentati dall’opera, su cui era basata la propria eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., avendo il condominio committente convenuto l’appaltatore dinanzi al Tribunale di Tivoli per sentirlo condannare all’eliminazione a propria cura e spese di tutti i vizi di esecuzione dei lavori di rifacimento del terrazzo condominiale.
Si è costituito in contraddittorio Da.Gi. n. q. dichiarando di proporre querela di falso perché la copia a lui notificata dell’appello era priva della pagina n. 3 per cui era difforme dall’originale, avendo per contro dichiarato l’ufficiale notificante la conformità della copia notificata all’originale, pur trattandosi di mero errore di chi aveva proceduto alla fascicolazione delle pagine. In subordine, dichiarava di eccepire la nullità dell’appello ex art. 164 c.p.c. perché assolutamente incerto il requisito di cui all’art. 163 n. 3 c.p.c. circa l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto per le ragioni della domanda, nonché la novità della stessa rispetto alle conclusioni rassegnate in primo grado, in cui l’asserita inadempienza riguardava solo la qualità delle mattonelle in quanto scadenti e con difetti.
Nel merito, richiamava le conclusioni della c.t.u. svolta in primo grado circa le caratteristiche delle mattonelle fornite nonché l’insussistenza dei vizi attribuiti dagli attori mentre gli ulteriori difetti esaminati dal c.t.u. non riguardavano quelli contestati nell’originario atto di citazione e quindi non rilevavano in giudizio.
In ordine all’eccezione sulla carenza dei poteri dell’amministratore affermava che era onere dei condomini dissenzienti impugnare nei termini di legge il verbale dell’assemblea, riguardando la carenza di potere di firma questione interna al condominio per non essere tenuta la ditta appaltante ad accertarsi dei poteri dell’amministratore, non essendovi stata contestazione di alcuno durante l’esecuzione dei lavori mentre il collaudo era avvenuto alla presenza dell’amministratore, che aveva firmato il relativo verbale e a seguito di ciò aveva pagato parte della fattura. Respinta la richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata, la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 16 dicembre 2011, in cui sono stati assegnati i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle note di replica.
Rileva in via pregiudiziale la Corte l’inammissibilità della querela di falso proposta dall’appellato, non risultando rispettate le forme inderogabili di cui all’art. 221 comma secondo c.p.c., in particolare la querela non è stata proposta personalmente dalla parte, che non è intervenuta nelle udienze davanti all’Ufficio, né la comparsa di costituzione contiene procura speciale al difensore per la sua proposizione, non essendo sufficiente sotto il profilo in questione il generico mandato a rappresentare la parte nel giudizio.
Il diritto di difesa dell’appellato in ordine all’omessa notifica della pagina tre dell’atto avverso è stato comunque garantito con il termine fissato in suo favore dalla Corte alla prima udienza del 15/6/07, per consentire il deposito di una comparsa di costituzione e risposta sulla base dell’originale (completo) dell’appello, non risultando peraltro ex actis che la difesa del Gi. si sia avvalsa del suddetto termine.
Va invece disattesa l’eccezione di nullità dell’appello, risultando chiaramente esposte le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda impugnazione, sulla base di quanto sopra riportato. Va altresì accolta l’eccezione di parziale novità della domanda, in violazione del disposto dell’art. 345 comma primo c.p.c., poiché le conclusioni avanzate con l’atto di appello, quali sopra riportate, sono più ampie e parzialmente diverse da quelle avanzate in primo grado, con cui è stato chiesto al Tribunale di revocare il decreto ingiuntivo risultando l’obbligazione sottoscritta dall’amministratore privo di specifico potere ed altresì perché nulla era dovuto all’appaltatore in base all’inadempimento dedotto, limitato esclusivamente ai vizi della fornitura delle piastrelle (cfr. conclusioni dell’atto di opposizione), sicché la domanda dell’appellante va esaminata limitatamente a tali conclusioni. In ordine al merito, l’appello è fondato in relazione al primo ed assorbente motivo di gravame, così valutate le risultanze processuali.
Dal verbale dell’assemblea 24/2/01 si rileva che, essendo stato presentato un solo preventivo per i lavori di rifacimento delle terrazze della palazzina B, l’assemblea ha dato mandato all’amministratore e a tre condomini di scegliere il preventivo migliore.
Risulta poi che il contratto 20/7/01 sottoscritto dall’amministratore e dalla ditta ha riguardato il preventivo della medesima ditta datato 29/3/01, avente la dicitura “lavori di impermeabilizzazione e ristrutturazione” e sulla base di questo sono state realizzate le opere, per il pagamento del cui saldo la ditta odierna appellata ha azionato la procedura monitoria.
Rileva la Corte che la scelta del preventivo, oltre ad essere stata demandata dall’assemblea non al solo amministratore, ma sostanzialmente ad una commissione di cui facevano parte anche i tre condomini indicati nel verbale 24/2/01, non comportava affatto che in conseguenza di ciò l’amministratore fosse automaticamente investito del potere di stipulare il corrispondente contratto e ciò perché i poteri dell’amministratore, così come quelli dell’assemblea, sono regolamentati in modo preciso dal codice civile, con una netta distinzione tra l’ordinaria e la straordinaria manutenzione dei beni comuni, in quanto tale opponibile al terzo contraente, dovendosi disattendere l’eccezione dell’appellato sul fatto che la dedotta carenza di poteri in capo all’amministratore fosse questione meramente interna al condominio.
Va infatti considerato che secondo la giurisprudenza della Suprema Corte il principio dell’affidamento dei terzi non trova applicazione in materia condominiale con riguardo ai lavori di manutenzione straordinaria eseguiti da terzi su disposizione dell’amministratore senza previa delibera dell’assemblea, atteso che i rispettivi poteri dell’amministratore e dell’assemblea sono delineati in modo specifico dagli articoli 1130 – 1135 c.c., che limitano le attribuzioni dell’amministratore all’ordinaria manutenzione e riservano all’assemblea le decisioni circa le opere di manutenzione straordinaria (salvo i lavori urgenti, cfr. Cass. Civ. n. 4232/87), stante il divieto esplicito ex art. 1135 prima parte, ultimo comma c.c., per l’amministratore di ordinare lavori di manutenzione straordinaria.
Né può esservi dubbio sia che i lavori in oggetto fossero da qualificare straordinari perché comportanti il rifacimento delle terrazze e non la semplice manutenzione delle stesse sia che fossero privi del carattere dell’urgenza, non evincibile dalla documentazione prodotta né dalle allegazioni delle parti, rilevandosi ad abundantiam che ove i lavori avessero comunque rivestito carattere di urgenza, era obbligo dell’amministratore riferirne alla prima assemblea utile ex art. 1135 ultimo comma c.c. e ottenere la ratifica, con apposita delibera, del proprio operato (cfr. Cass. Civ. n. 6896/92; 18.192/09), ratifica che non risulta essere mai intervenuta.
Ne consegue che va accolto l’appello proposto dai singoli condomini, la cui legittimazione è stata affermata dal Tribunale con decisione non oggetto di impugnativa incidentale, avendo l’amministratore travalicato i poteri conferitigli dalla legge ed avendo dunque stipulato il contratto in carenza di potere, fatto opponibile all’impresa in base al su riportato dettato normativo, da cui deriva il rigetto della domanda monitoria, fondata su contratto inefficace, essendo già stato revocato il decreto ingiuntivo, seppure per ragioni diverse, dalla pronuncia del Tribunale, che va pertanto riformata, in ciò assorbiti gli ulteriori motivi di gravame.
Le spese di lite del doppio grado seguono la soccombenza e vengono poste a carico dell’appellato nella misura indicata nel dispositivo, in difetto di nota, così come vengono poste definitivamente a suo carico le spese della c.t.u. svolta nella prima fase mentre non vi è pronuncia in ordine alle somme pagate dall’appellante Lu. in forza dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, in difetto di domanda di restituzione.
P.Q.M.
ogni contraria istanza disattesa:
– accoglie l’appello proposto da Fe.De. ed altri, avverso la sentenza n. 14.053/06 del Tribunale di Roma e, in parziale riforma della stessa, respinge la domanda monitoria proposta da Da.Gi. quale titolare della ditta Im., di cui al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma il 2/7/2002;
– condanna Da.Gi. n. q. a pagare in favore di Fe.De. ed altri, le spese processuali che, per il primo grado, liquida in Euro 4.665,6, di cui Euro 164,6 per esposti; Euro 1.501 per diritti; Euro 3.000 per onorari; per il secondo grado in Euro 4.775,41, di cui Euro 176,41 per esposti; Euro 1.299 per diritti; Euro 3.300 per onorari oltre accessori di legge;
– pone definitivamente le spese di c.t.u., liquidate con decreto n. 19/22.3.04, a carico di Da.Gi. n. q.
Così deciso in Roma il 20 luglio 2012.
Depositata in Cancelleria il 20 settembre 2012.