Il potere del singolo condomino di servirsi della cosa comune incontra un duplice limite, consistente, l’uno, nel rispetto della destinazione del bene comune, che non può essere alterata dal singolo partecipante alla comunione; l’altro, nel divieto di frapporre impedimenti agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto (in applicazione del suesposto principio, la Corte ha confermato la decisione dei giudici d’Appello secondo cui, nel caso di specie, la piantagione di essenze arboree e floreali nel giardino comune era avvenuta in modo del tutto compatibile non solo con la destinazione dell’area, ma anche con il diritto di tutti gli altri condomini di farne parimenti uso).
Cassazione civile sez. II, 09 febbraio 2011, n. 3188
RITENUTO IN FATTO
1. – Con atto di citazione notificato il 10 dicembre 1992, i coniugi G.S. e M.P., proprietari di un appartamento facente parte di una palazzina realizzata dallo IACP di Bari in (OMISSIS) di cui erano in precedenza assegna tari, convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Trani, Mu.
P. e B.F. nonchè M., + ALTRI OMESSI per sentirli condannare al ripristino dello stato dei luoghi oltre che al risarcimento del danno.
Lamentavano che i convenuti, proprietari di altre unità immobiliari nello stesso edificio, avevano arbitrariamente suddiviso in quattro parti l’area pertinenziale della palazzina condominiale, piantando nella parte riservata ad ognuno alberi da frutto e fiori.
Costituitisi in giudizio, i convenuti eccepivano che la suddivisione dell’area pertinenziale dell’edificio era stata fatta in base ad un accordo unanime intervenuto con gli stessi attori più di trent’anni prima ed in via riconvenzionale chiesero la condanna di costoro alla medesima rimozione di quanto anche loro avevano del pari fatto in forza di detto accordo.
2. – L’adito Tribunale, ritenuta l’illegittimità di quanto realizzato dalle parti in causa e rilevata l’inesistenza del danno lamentato dagli attori, ne rigettò l’istanza risarcitoria ed accolse per il resto la domanda principale nonchè quella riconvenzionale e condannò sia i convenuti che gli stessi coniugi G. – M. alla rimozione di tutto quanto realizzato nell’area pertinenziale in questione.
3. – La Corte d’appello di Bari, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 30 novembre 2005, ha accolto il gravame proposto da Mu.Pa., + ALTRI OMESSI e, per l’effetto, ha accolto “la domanda di questi ultimi limitatamente alla condanna degli appellanti alla rimozione della rete metallica con i sottostanti blocchetti di tufo di recinzione”, dichiarando interamente compensate le spese del grado.
3.1. – La Corte territoriale ha premesso che costituisce un dato pacifico in causa che la suddivisione del giardino di pertinenza della palazzina in cui si trovano gli appartamenti dei contendenti rinviene il suo titolo nell’accordo unanime al riguardo intervenuto tra costoro.
Ha quindi rilevato, da un lato, la piena legittimità del menzionato accordo per ciò che concerne la piantagione degli alberi da frutta e dei fiori, e, dall’altro, l’invalidità del medesimo in ordine alla suddivisione di tale bene in quattro quote riservate esclusivamente a ciascuno dei titolari delle singole unità abitative della palazzina.
Mentre, infatti, la piantagione degli alberi e dei fiori rappresenta un uso conforme alla destinazione del giardino, l’operata, suddivisione, precludendo il pari uso degli altri comunisti ed attuando la costituzione di un diritto dominicale esclusivo su ciascuna delle zone riservate individualmente ai condividenti, “si scontra, per un verso, con il … limite alla possibilità di godimento del bene comune da parte di ciascun partecipante alla comunione o al condominio e, per l’altro verso, con la necessità dell’atto solenne per la divisione del medesimo”.
4. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello M. P. ved. G. ha proposto ricorso, sulla base di due motivi.
Il ricorso è stato notificato a Mu.Pa., + ALTRI OMESSI il 4 gennaio 2007, e – a seguito di ordinanza interlocutoria di questa Corte in esito alla camera di consiglio del 15 gennaio 2010, con cui è stata disposta l’integrazione del contraddittorio – a G.L., + ALTRI OMESSI il (OMISSIS).
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 1102 cod. civ. e degli artt. 113, 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia escluso, dalla restituito in integrino dell’area comune, piantagioni e/o sovrastrutture impiantate al di fuori di un regolamento condominiale; e pone la questione “se, nel diritto di godimento di cui all’art. 1102 c.c., comma 1, di un’area pertinenziale non destinata a giardino, possa essere fatta rientrare l’unilaterale trasformazione a giardino operata da un partecipante nel dissenso degli altri con l’installazione di sovrastrutture mobili o immobili o di alberi e piante e se, in relazione al secondo comma della detta norma, tale comportamento non si risolva in danno degli altri partecipanti alla comunione o al condominio e non costituisca atto idoneo a mutare il titolo di possesso sulla cosa comune”.
Il secondo mezzo denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, violazione degli artt. 113, 115 e 116 cod. proc. civ. e art. 1117 c.c., comma 1, n. 1), in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Ad avviso della ricorrente, non vi sarebbe traccia della destinazione a giardino dell’area pertinenziale in questione negli atti di causa, poichè l’area adiacente al fabbricato è identificata, negli atti di acquisto della proprietà, come suolo di pertinenza, senza ulteriore qualifica; inoltre, “l’allocazione, fatta dai singoli condomini, di piantagioni in un atrio comune, senza il consenso di tutte le parti”, comporterebbe “l’illegittima divisione dell’atrio parte comune del fabbricato”. Di qui il quesito se “possa ritenersi adeguata e corretta la motivazione che attribuisce soggettivamente all’area pertinenziale de qua la qualificazione di giardino e se non si risolva in violazione dell’art. 1117 cod. civ. il riferimento della motivazione a detta norma quale elemento giustificante la soggettiva individuazione come giardino dell’area pertinenziale de qua in mancanza del consenso degli altri condomini e nel dissenso di uno di loro”.
2. – I due motivi – i quali, stante la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.
La Corte d’appello ha accertato: (a) che il suolo comune di pertinenza del fabbricato condominiale di via (OMISSIS) ha una destinazione a giardino; (b) che la piantagione, in esso, di alberi da frutta e di fiori trova il suo titolo nell’accordo unanime intervenute tra i proprietari delle singole unità abitative facenti parte del condominio; (c) che la piantagione delle essenze arboree e floreali è avvenuta in concreto in modo del tutto compatibile con la destinazione dell’area ed il godimento della medesima da parte di tutti (essendo illegittima esclusivamente la delimitazione delle singole zone del giardino comune attraverso la posa in opera di sbarramenti).
Le censure svolte dalla ricorrente muovono dalla constatazione in fatto del risultato degli accertamenti compiuti, con logico e motivato apprezzamento, dalla Corte territoriale, sul rilievo che l’area pertinenziale de qua non avrebbe una vocazione a giardino e che la destinazione sarebbe frutto di una unilaterale trasformazione, operata da un partecipante nel dissenso degli altri.
In realtà, la critica mossa sul punto appare inadeguata.
Invero, per negare che l’area comune in questione abbia una destinazione a giardino, nel motivo ci si limita a riportare l’atto di acquisto, da parte della ricorrente, della proprietà dell’appartamento facente parte della palazzina, nel quale sono indicate le parti comuni indivise, senz’altra specificazione della loro destinazione. Inoltre, non si indicano quali risultanze probatorie la Corte d’appello avrebbe male o insufficientemente valutato nel pervenire al convincimento della rispondenza della piantagione di alberi e fiori all’accordo di tutti i condomini.
Ciò posto, in tema di condominio, il potere del singolo condomino di servirsi della cosa comune incontra un duplice limite, consistente, l’uno, nel rispetto della destinazione del bene comune, che non può essere alterata dal singolo partecipante alla comunione; l’altro, nel divieto di frapporre impedimenti “agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto” (art. 1102).
Nella specie la Corte d’appello è giunta alla conclusione – argomentata ed immune da vizi logici e giuridici – che la piantagione delle essenze arboree e floreali è avvenuta in modo del tutto compatibile non solo con la destinazione dell’area, ma anche con il diritto di tutti gli altri condomini di farne parimenti uso.
Si tratta di un giudizio di fatto che, proprio in quanto adeguatamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità (Cass., Sez. 2^, 10 marzo 1981, n. 1336; Cass., Sez. 2^, 13 marzo 1982, n. 1624; Cass., Sez. 2^, 19 gennaio 2005, n. 1072).
3. – Il ricorso è rigettato.
Nessuna statuizione deve essere adottata sulle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2011