Trib. Potenza, 14-07-2010
Ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’impresa convenuta occorre verificare innanzitutto se sussista nesso causale tra l’esistenza del ponteggio e l’evento dannoso (il furto); in secondo luogo, andrà accertato se l’impresa abbia predisposto tutte le cautele necessarie per evitare il prodursi dell’illecito in questione.
Svolgimento del processo e motivi della decisione
Con atto di citazione ritualmente notificato la sig.ra Pa. conveniva dinanzi al Tribunale la ditta Ro.An. per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti in conseguenza del furto perpetrato all’interno della propria abitazione nel periodo in cui la ditta stava eseguendo dei lavori di ristrutturazione dell’edificio. Esponeva in fatto che in data 18 luglio 2004 era venuta a conoscenza dell’evento delittuoso consumatosi all’interno della propria abitazione sita in Potenza alla via (…) e che la ditta, per eseguire i lavori commissionati dall’amministratore del condominio, aveva montato un ponte che presentava comode scalette di risalita, le quali non venivano smontate a fine giornata e che senz’altro avevano agevolato la perpetrazione del reato. Si costituiva il Ro. il quale, negando l’addebito di qualsivoglia responsabilità alla propria impresa, concludeva per il rigetto della domanda.
Espletata l’istruttoria, le parti rassegnavano le conclusioni ed il Giudice decideva la causa.
La domanda attorea è fondata soltanto in parte; pertanto deve essere accolta nei limiti che di seguito si espongono.
L’ipotesi di illecito delineatasi sulla scorta della prospettazione dell’attrice e delle difese di parte convenuta può senz’altro essere inquadrata nel contesto dell’art. 2043 c.c., ovvero della clausola generale della responsabilità aquiliana, in difetto di una norma che consenta la collocazione della stessa nell’ambito di una fattispecie speciale di responsabilità.
L’attrice assume che la presenza dei ponteggi montati dalla ditta Ro. in occasione dei lavori presso il condominio di via (…) a Potenza, dove si trova il suo appartamento, abbia costituito causa esclusiva del furto perpetrato ai suoi danni da parte di ignoti: deduce, in particolare, che l’omissione delle dovute cautele da parte dell’impresa, la quale non avrebbe adeguatamente recintato il ponteggio né lo avrebbe dotato di autonoma illuminazione, ha fornito ai ladri un comodo accesso al suo appartamento per perpetrare il reato causandole un notevole danno.
Giova segnalare che in argomento la S.C. ha di recente avuto modo di affermare che “del danno patito da persona il cui appartamento sia stato svaligiato da ladri, introdottimi attraverso ponteggi installati per il restauro del fabbricato e privi sia di illuminatone che di misure di sicurezza, possono essere chiamati a rispondere non solo l’impresa che ha realizzato i ponteggi stessi, ma anche il condominio, per un duplice titolo: sia quale custode del fabbricato, ai sensi dell’ari. 2051 c.c., sia per “culpa in vigilando” od “in eligendo”, allorché risulti che abbia omesso di sorvegliare l’operato dell’impresa appaltatrice, ovvero ne abbia scelta una manifestamente inadeguata per l’esecuzione dell’operò” (cfr. Cass. civ. 6435/2009); nel caso di specie, la Pa. ha agito esclusivamente nei confronti della ditta che eseguiva i lavori al tempo del furto, mentre la chiamata in causa del condominio pur richiesta dal convenuto non è stata autorizzata in quanto tardiva. In modo costante la Suprema Corte afferma la responsabilità dell’impresa che si avvale dei ponteggi con riguardo al furto consumato da persona introdottasi nell’appartamento servendosi proprio dei ponteggi, ove l’imprenditore trascurando le più elementari norme di diligenza e perizia e, quindi, la doverosa adozione di cautele idonee ad impedire l’uso anomalo delle impalcature abbia colposamente creato un agevole accesso ai ladri ponendo in essere le condizioni del verificarsi del danno (in tal senso tra le altre Cass. civ. 2844/2005, fattispecie nella quale la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto insussistente la responsabilità civile dell’impresa senza adeguatamente considerare la rilevanza di circostanze quali la mancanza di un’idonea illuminazione dei ponteggi e la mancata rimozione delle scalette mobili che dal primo piano portavano ai piani superiori).
Ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’impresa convenuta occorre verificare innanzitutto se sussista nesso causale tra l’esistenza del ponteggio e l’evento dannoso (il furto); in secondo luogo, andrà accertato se l’impresa abbia predisposto tutte le cautele necessarie per evitare il prodursi dell’illecito in questione.
Ritiene questo Giudice che – pacifica l’esistenza del ponteggio alla data del furto e la circostanza che i ladri si siano avvalsi del ponteggio per accedere all’abitazione della Pa. (tanto si ricava dalla relazione di servizio della Fa. in atti) – dalle risultanze dell’istruttoria siano emersi elementi sufficienti per affermare che la ditta Ro. non abbia adottato le cautele necessarie per evitare il verificarsi di eventi della specie di quello occorso alla Pa. e che, pertanto, sia responsabile dei danni subiti dall’attrice. Sulla scorta dell’indagine ricostruttiva dell’iter che ha portato al verificarsi dell’evento dannoso, i ponteggi esterni all’edificio devono qualificarsi come antecedenti necessari dello stesso: di tal che il primo presupposto materiale della fattispecie di cui all’art. 2043 c.c. deve reputarsi integrato. Quanto poi alla individuazione della condotta colposa, vale procedere alla disamina delle testimonianze al fine di ricavare gli elementi necessari per l’affermazione di responsabilità (per omissione delle dovute cautele) in capo alla ditta Ro.An.
In sede di interrogatorio formale il Ro. ha dichiarato quanto segue: “i ponti in corrispondenza dei primi due piani dell’edificio erano raggiungibili con delle scale di risalita che al termine dell’attività lavorativa venivano rimosse; in particolare, la prima scaletta veniva chiusa in uno sgabuzzino ovvero nascosta tra il materiale mentre quella di servigio al secondo ponte era nascosta sul ponte stesso. Preciso che i miei operai per accedere alle scalette dell’impalcatura utilizzavano prima le chiavi del portone e poi quelle di un terrazzino soprelevato posto dal lato opposto al portone. Le scalette di servizio ai piani superiori al secondo venivano lasciate in loco”; il teste Sa.Sa. ha riferito che la strada pubblica su cui affacciava l’appartamento della Pa. era dotata di pubblica illuminazione (ma nulla ha detto circa l’esistenza di un’illuminazione autonoma sul ponteggio) e tanto dalle sue dichiarazioni quanto da quelle di Sa.Sa. si ricava che l’unica recinzione intorno al ponteggio era costituita dalla rete di protezione arancione (il teste Sa.Sa. afferma che non fu possibile esigere alcuno steccato intorno al ponteggio senza spiegarne il perché). Non rileva la circostanza che i due testi appena menzionati abbiano dichiarato che per accedere al ponteggio entravano dal portone principale per poi scendere le scale condominiali ed aprire una porticina che dava su un piazzale o cortile condominiale, in quanto ciò non vale ad escludere l’accessibilità al ponteggio dall’esterno ovvero dalla strada pubblica su cui affaccia l’edificio e segnatamente l’appartamento della Pa. Quanto poi alle scalette di risalita ai vari livelli dell’impalcatura, dalle testimonianze è emerso che l’unica scaletta che veniva rimossa e custodita alla fine della giornata lavorativa era quella di accesso al primo livello mentre le altre venivano semplicemente smontate e lasciate sulla pedana dell’impalcatura (il teste Sa.Sa. ha al riguardo dichiarato che “la scaletta di risalita al primo livello dell’impalcatura veniva da noi custodita sotto chiave in un locale condominiale che veniva utilizzato anche dalla ditta di pulizia delle scale per la conservatone dei prodotti e quindi la collocavamo sul ponteggio ad inizio giornata e la smontavamo a fine giornata. Le altre scalette di risalita agli altri livelli dell’impalcatura le smontavamo a fine giornata ma le lasciavamo sulla pedana dell’impalcatura”). Dunque, può dirsi che le cautele in concreto adottate consistevano esclusivamente nella rimozione della scaletta di risalita al primo livello e nello smontaggio di quelle dei livelli successivi (peraltro, entrambi i testi Sa. hanno risposto negativamente alla domanda capitolata al n. 6 della memoria istruttoria del convenuto, dichiarando non essere vero che a fine giornata smontavano alcune pedane del ponteggio per creare discontinuità sullo stesso): ai fini di una valutazione dell’adeguatezza di tali cautele il convenuto avrebbe dovuto fornire ulteriori elementi, quali ad es. l’indicazione dell’altezza della seconda scala di risalita dal suolo, tale da non consentire l’accesso di terzi ovvero la prova che la recinzione arancione era idonea ad ostacolare la salita sul ponteggio dall’esterno. Sicché ritiene questo Giudice che dalla complessiva valutazione degli elementi istruttori (frutto della combinazione di prove costituite e costituende) possa ricavarsi la constatazione dell’insufficienza delle cautele adottate dall’impresa Ro. nella collocazione dei ponteggi per i lavori al condominio di Via (…) in Potenza e, dunque, la sussistenza di una responsabilità della ditta appaltatrice, peraltro obbligata ex contractu ad adottare le cautele idonee per prevenire danni a terzi. Nondimeno, nell’accertamento della misura della responsabilità non può non incidere un’ulteriore dato emerso dall’istruttoria, ovvero la circostanza che il balcone dell’appartamento della Pa. fosse stato lasciato aperto (dato ricavato per presunzione dalla mancanza di segni di effrazione sulla porta e sulle finestre dell’appartamento dell’odierna attrice – cfr. relazione di servizio del commissario di Polizia, dott.ssa Lu.Fa., la quale in sede di testimonianza conferma la circostanza, dichiarando “ho relazionato che il balcone dell’appartamento della Pa. era stato lasciato presumibilmente aperto, non essendo stati riscontrati segni di effrazione”).
Stabilisce l’art. 1227 c.c. che “se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno il risarcimento è diminuito secondo la gravita della colpa e l’entità delle conseguente che ne sono derivate”: in virtù del richiamo operato dall’art. 2056 c.c. tale norma si applica anche alle fattispecie di illecito extracontrattuale. Secondo la dottrina e la giurisprudenza tradizionali (così cfr. Cass. civ. 3729/90; Cass. civ. 1306/1989) tale disposizione concernerebbe il concorso colposo del danneggiato nella produzione dell’evento che configura l’inadempimento, mentre il 2° comma riguarderebbe esclusivamente le conseguenze lesive derivanti da quell’inadempimento (secondo altra parte della dottrina, il primo comma dovrebbe essere riferito al concorso colposo del danneggiato nella produzione del danno mentre il secondo all’ipotesi di danno etiologicamente imputabile al solo danneggiante ma tale che avrebbe potuto essere impedito od attenuato con il diligente intervento del danneggiato). Ritiene questo Giudice che nel caso di specie il comportamento della Pa., la quale imprudentemente ha lasciato aperto il balcone allontanandosi da casa per il fine settimana ben consapevole della particolare esposizione a pericolo derivante dalla presenza dei ponteggi e dalla stagione (quella estiva), debba qualificarsi quale ulteriore fattore causale incidente sulla produzione dell’evento dannoso, cosicché in base alla gravita della colpa ed all’entità delle conseguenze derivatene occorrerà procedere ad una diminuzione del risarcimento del danno spettante all’odierna attrice in virtù dell’affermata responsabilità della ditta Ro.
All’uopo giova passare alla verifica della sussistenza del nesso di causalità giuridica tra l’evento ed i danni lamentati dalla Pa. nonché alla relativa quantificazione.
L’attrice aveva l’onere di dimostrare che gli oggetti di cui ha denunciato il furto fossero stati nella sua disponibilità fino al momento del furto (cfr. allegato 2 produzione Pa.): tale prova può dirsi raggiunta sia relativamente al computer (cfr. allegato 10 della produzione dell’attrice – fattura di acquisto per lire 5.900.000) che ai gioielli (cfr. allegato n. 9 produzione attrice dove vengono elencati singolarmente i pezzi dei quali la Pa. ha denunciato il furto con le relative date di acquisto ed i costi per un totale di Euro 24.210,00; peraltro dalle testimonianza della Fi. e della Sc. può ricavarsi altresì, quantomeno in via presuntiva, il dato che la Pa. ne fosse in possesso prima del furto e che non li abbia più indossati dopo la data del 18 luglio 2004). Tanto premesso, la quantificazione complessiva del danno emergente è pari ad Euro 27.257,09. L’ulteriore domanda di risarcimento del danno morale non può essere accolta nella misura in cui la giurisprudenza più recente ha avuto modo di precisare che il danno non patrimoniale per essere risarcito deve essere provato, quantomeno in via presuntiva, il che presuppone l’assolvimento di un onere di allegazione da parte del danneggiato circa l’incidenza sul complessivo stato emotivo della persona in termini di sofferenza più o meno duratura dell’evento dannoso. Nel caso di specie tale onere non può reputarsi assolto atteso che la Pa. si limita a pretendere il risarcimento del danno morale quasi come fosse una conseguenza in re ipsa dell’illecito perpetrato in suo danno, imputabile anch’essa all’impresa convenuta. In ordine alla misura complessiva del risarcimento dovuto vale richiamare quanto in precedenza già argomentato circa l’incidenza del comportamento colposo della Pa. nella produzione dell’evento dannoso e precisare che nel determinare la diminuzione del risarcimento occorre tener conto sia della gravita della colpa che dell’entità delle conseguenze che nel sono derivate: la gravita della colpa va intesa, ai fini della norma dell’art. 1227 c.c., non in senso psicologico ma come entità della diligenza violata. La comune prudenza impone che nel momento in cui una persona si allontana dalla propria abitazione per un certo periodo di tempo che non sia limitato a poche ore adotti quelle cautele minime volte ad evitare che ignoti possano introdurvisi perpetrando illeciti: dunque, nel caso di specie, poteva pretendersi dalla Pa. l’adozione quale misura preventiva della cautela minima consistente nella chiusura ermetica del proprio balcone, tutt’al più che la condizione dell’edificio era resa vulnerabile dalla presenza dei ponteggi per i lavori. La gravità della colpa induce questo Giudice a configurare un concorso nella misura del 50% cosicché in tale misura andrà ridotto l’ammontare del risarcimento dovuto. Ne deriva che la ditta Ro.An. va condannata al pagamento in favore di Pa. Lucia della complessiva somma di Euro 13.628,54 oltre interessi al tasso legale a far data dal 18.7.2004 e sino al soddisfo.
L’esito complessivo della lite giustifica la compensazione integrale delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale di Potenza, sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sull’azione proposta da Pa.Lu. nei confronti della ditta Ro.An. con atto di citazione notificato l’11.12.2004:
1) condanna la ditta Ro.An. al pagamento in favore di Pa.Lu. della complessiva somma di Euro 13.628,54 oltre interessi al tasso legale a far data dal 18.7.2004 e sino al soddisfo ;
2) compensa integralmente le spese di lite tra le parti.
Così deciso in Potenza, il 13 luglio 2010.
Depositata in Cancelleria il 14 luglio 2010.