A seguito di una recente interrogazione rivolta al Ministero delle Finanze è emersa l’illegittimità dei calcoli eseguiti da molti Comuni relativamente alla Tari (tassa sui rifiuti) che ha portato molti cittadini a pagare una tassa dei rifiuti assai maggiore rispetto a quella dovuta
Il Ministero ha ricordato che la Tari va calcolata secondo le aliquote definite dai Comuni in base a due componenti: 1) una parte fissa che viene collegata alla dimensione dell’appartamento; 2) una parte variabile che viene invece collegata al numero delle persone che abitano nell’immobile che “va computata solo una volta, considerando l’intera superficie dell’utenza composta sia dalla parte abitativa che dalle pertinenze”.
Tuttavia, siccome spesso le pertinenze sono divise dall’abitazione, si è avuta una moltiplicazione dell’importo complessivo della tassa da parte dei Comuni che hanno calcolato la quota variabile più volte tante quante sono le pertinenze prese singolarmente (tipo box e cantine) e non solo sulla superficie abitabile.
Il contribuente, previamente, dovrà verificare la propria posizione attraverso l’analisi puntuale dell’avviso di pagamento che contiene le istruzioni per il versamento e il dettaglio delle somme (unità immobiliari con dati catastali, superficie tassata, numero occupati e quota fissa e variabile distinte per ogni unità immobiliare). La quota variabile dovrà risultare conteggiata solamente per l’abitazione e non per le eventuali pertinenze. Laddove emerga che la tassa è stata applicata scorrettamente, il contribuente potrà agire in autotutela richiedendo al Comune il rimborso di quanto indebitamente pagato o la compensazione sulla futura bolletta tramite raccomanda A/R o PEC.
Inoltre, il contribuente potrà anche chiedere al Comune l’accesso agli atti amministrativi al fine di verificare i criteri di calcolo nel proprio fascicolo.
La richiesta di rimborso, che il Comune dovrebbe effettuare entro 180 giorni dal ricevimento della domanda, potrà essere effettuata entro cinque anni dal giorno del versamento come stabilito dall’art. 1, comma 164 della legge 296/2006 (Finanziaria 2007) per le somme versate e non dovute.
In presenza di un diniego espresso o dell’eventuale silenzio-rifiuto (che si forma dopo 90 giorni in assenza di risposta da parte dell’ente), il cittadino potrà ricorrere alla Commissione Tributaria Provinciale competente entro 60 giorni.